L’OCHA richiede la revoca immediata del blocco su Gaza

Gerusalemme/al-Quds-PIC . L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha evidenziato, in un rapporto pubblicato giovedì scorso, che il blocco di Gaza dovrebbe essere completamente revocato in linea con la risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il rapporto considera la situazione nella Striscia di Gaza “catastrofica”, dopo 15 anni di assedio israeliano, affermando che “le pluriennali restrizioni di accesso imposte dalle autorità israeliane hanno minato l’economia di Gaza causando un elevato tasso di disoccupazione, insicurezza alimentare e dipendenza dagli aiuti esterni”.

Il blocco ha generato preoccupazione per le punizioni collettive e altre possibili violazioni ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Il blocco di Gaza dovrebbe essere completamente revocato in linea con la risoluzione 1860 del Consiglio di sicurezza, riferisce il rapporto.

Questo blocco terrestre, marittimo e aereo, secondo il rapporto, ha esacerbato notevolmente le precedenti restrizioni, limitando il numero e le specifiche categorie di persone e merci autorizzate a entrare e uscire dai valichi controllati da Israele.

Prima della Seconda Intifada, nel 2000, in un solo mese, si registrava il transito di mezzo milione di persone da Gaza verso Israele, principalmente lavoratori. Durante i primi sette anni del blocco, questo numero è sceso in media a poco più di 4.000, con una notevole risalita mensile di 10.400 negli otto anni successivi.

Al momento, nel 2022, le autorità israeliane hanno approvato solo il 64% delle richieste dei pazienti di lasciare Gaza principalmente per cure specialistiche in Cisgiordania, Gerusalemme est compresa, sulla base dell’appuntamento medico programmato. Negli anni precedenti, molti malati sono morti in attesa di una risposta alla loro richiesta.

Le autorità egiziane hanno chiuso per lunghi periodi il valico di frontiera di Rafah con Gaza dopo il 2014 a seguito di disordini politici in Egitto. Rafah, per lo più operativo dalla metà del 2018, è stato aperto, su un totale di 151 giorni, 95 giorni nei primi cinque mesi del 2022.

Dopo il blocco, il numero di camion carichi di merci in uscita da Gaza è diminuito significativamente a soli due camion al mese nel 2009. Dopo l’escalation delle ostilità nel 2014, i trasferimenti commerciali da Gaza alla Cisgiordania sono ripresi così come, dal marzo 2015, le esportazioni verso Israele. Nell’agosto 2021 hanno avuto per la prima volta inizio le esportazioni verso l’Egitto, facendo salire la media mensile delle esportazioni a 787 nei primi cinque mesi del 2022. Prima del blocco, il massimo mensile medio ammontava a 961.

Il volume dei camion carichi entrati a Gaza nei primi cinque mesi del 2022, circa 8.000 al mese, è stato del 30% inferiore alla media mensile della prima metà del 2007, anteriormente al blocco. Da allora, la popolazione è cresciuta di oltre il 50%.

Le forze israeliane hanno parzialmente limitato l’accesso a quelle aree che si trovano entro i 300 metri dalla zona della recinzione perimetrale di Israele collocata dalla parte di Gaza; le aree che si estendono per centinaia di metri oltre la recinzione sono ritenute non sicure, impedendo o scoraggiando le attività agricole.

Le forze israeliane stanno limitando l’accesso al largo della costa di Gaza, consentendo attualmente ai pescatori di accedere solo al 50% delle acque di pesca assegnate a questo scopo in base agli accordi di Oslo.

I livelli di disoccupazione a Gaza sono tra i più alti al mondo: il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2022 è stato del 46,6%, rispetto alla media del 34,8% del 2006. La disoccupazione giovanile nello stesso periodo (15-29 anni) si è attestata al 62,5%. (PCB)

Il 31% delle famiglie a Gaza ha difficoltà a soddisfare i bisogni educativi essenziali come tasse scolastiche e libri, a causa della mancanza di risorse finanziarie. Dei 2,1 milioni di palestinesi a Gaza (62%) 1,3 milioni necessitano di assistenza alimentare.

Sulla base della sua attuale capacità operativa, la centrale elettrica di Gaza produce solo 80 megawatt (MW), integrati da 120 MW acquistati da Israele, soddisfacendo circa il 50% della domanda di elettricità a Gaza (400-450 MW). Nel 2021, le continue interruzioni di corrente sono state in media di 11 ore al giorno.

Circa 2,1 milioni di palestinesi a Gaza sono “rinchiusi”, la stragrande maggioranza non può accedere al resto dei Territori palestinesi occupati e al mondo esterno, con accesso limitato alle cure mediche non disponibili a Gaza, all’istruzione superiore, alla vita familiare e sociale, al lavoro e a opportunità economiche.

Dal 2007, le restrizioni alla circolazione imposte dalle autorità israeliane hanno avuto un profondo impatto sulle condizioni di vita a Gaza, frammentando l’unità territoriale e il tessuto economico e sociale dei Territori palestinesi occupati.

Gli aventi diritto ai permessi di uscita costituiscono una piccola minoranza, principalmente lavoratori a giornata, uomini d’affari, pazienti, medici e personale operante nell’ambito di organizzazioni internazionali.

Traduzione per InfoPal di Laura Pennisi