L’uccisione di Ziad Abu Ein e la domanda non posta all’ IDF

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Fatti,  prime reazioni, autopsia, i funerali e
LA DOMANDA: 
Perché i soldati vengono dispiegati violando la legge?

I FATTI

Mercoledì 10 dicembre 2014,  Ziad Abu Ein, 55 anni, ministro del Comitato dell’Autorità Palestinese con il Muro di separazione e le Colonie, era Turmusiya, Cisgiordania, per una manifestazione internazionale. Lo scopo era porre a dimora degli olivi per occupare il territorio – legalmente di proprietà palestinese – allo scopo di frenare l’espansione dell’insediamento israeliano – illegale – di Shilo.
Al Jazeera  scrive: “Testimoni, tra cui un giornalista israeliano e un fotografo di Reuters, hanno visto Abu Ein  assalito dai soldati, altri hanno detto che è stato colpito alla testa e poi è collassato.” Come da prassi, l’esercito ha usato in quell’occasione  indiscriminatamente i lacrimogeni,  e i presenti hanno inalato il gas.
[ndr. Per conoscere il comportamento dei soldati IDF durante le manifestazioni dei Palestinesi vedere qui. ]

 

Ziad Abu Ein pianta olivo

PRIME REAZIONI

La comunità internazionale chiede di mantenere la calma. Federica Mogherini, responsabile Esteri UE, parla preoccupata di «uso eccessivo della forza» e chiede «un’immediata inchiesta indipendente».  Diversamente, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon «ha lanciato un appello alle autorità israeliane affinché conducano un’indagine rapida e trasparente».
Il premier Netanyahu assicura che Israele indagherà «sull’incidente» e chiede di «mantenere calma la situazione e agire responsabilmente». Dell’indagine ha parlato anche il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon: «Ci dispiace per la sua morte», ha detto, sottolineando che è in corso un’indagine per far luce sull’«incidente».
Da parte palestinese si ritiene Israele responsabile e Mahmoud Abbas dichiara che sono aperte tutte le ipotesi; da più parti questo interpretato come un annuncio che mette a rischio la cooperazione per la sicurezza fra PA e Israele. [ndr. Sul Trattato relativo a questa collaborazione vedere qui.]
La Svizzera, depositaria della Convenzione di Ginevra, accoglie l’ appello palestinese, nonostante il boicottaggio di Stati Uniti e Israele, e convoca per il 17 una conferenza sul tema dei Diritti Violati nei Territori Palestinesi militarmente Occupati.

L’AUTOPSIA

Risultanze dell’esame autoptico divergenti. I patologi israeliani hanno concluso che Ziad Abu Ein è morto per un infarto che potrebbe essere stato causato dallo stress, a cui era più esposto essendo malato di cuore. Il patologo palestinese, dottor Saber al-Aloul, ha dichiarato che Abu Ein è morto per aver subito violenza e non per cause naturali; ha anche sottolineato le ferite e le contusioni ai denti anteriori, al collo e alla trachea, indizio chiaro di percosse, come causa della morte. Il dr. Chen Kugel, patologo capo israeliano che ha partecipato all’autopsia, ha dichiarato in una intervista a Radio Israele che le ferite della bocca e i lividi “potrebbero essere stati causati dalla violenza, ma che potrebbero anche essere state causate dai tentativi di rianimaziome”.

La Svizzera, depositaria della Convenzione di Ginevra, accoglie l’ appello palestinese, nonostante il boicottaggio di Stati Uniti e Israele e convoca per il 17 una conferenza sul tema dei Diritti Violati nei Territori.

Il GIORNO DEI FUNERALI

Diciannove Palestinesi son rimasti feriti Giovedì dopo che le forze di occupazione israeliano hanno violentemente disperso la folla. Scontri sono scoppiati a Jabal al-Tawil dopo che I soldati, pesantemente dislocati nell’area dell’insediamento illegale di Psagot, cercavano di disperde le migliaia di persone intenzionate a prendere parte ai funerali. Scontri, definiti minori da Israele, sono scoppiati in altre zone della West Bank: Nabi Saleh, Qalandya e Hebron.

Dozzine di soldati hanno invaso, Giovedì sera, Beit Ummar, città a nord di Hebron, entrando dentro le case, devastandole e arrestando due Palestinesi. I coloni hanno bloccato la via ai campi vicino a Betlemme.
LA DOMANDA non ancora posta all’IDF

Rabbi Arik AschermanArik Ascherman, Presidente e Senior “Rabbino dei rabbini” dell’organzzazione Rabbini per i Diritti Umani e la Giustizia socio-economica

“Importante quanto l’indagine sui fatti, è la questione di come sia stato deciso di violare le leggi israeliane e mandare forze di sicurezza a fermare dei Palestinesi che volevano piantare alberi sulla loro terra. Con una lettera di   Rabbis For Human Rights inviata all’esercito  chiediamo che l’esercito investighi perché le forze erano là, o almeno perché cercarono di bloccare i Palestinesi. […] Ritengo non sia stato un atto intenzionale colpire Abu Ein più di quanto facciano abitualmente le forze di sicurezza con i Palestinesi (e con i dimostranti israeliani espressione del ventaglio delle forze politiche) con l’uso indiscriminato dei tear-gas.

[…] La Corte Suprema con sentenza del 2006  ha ordinato all’ IDF di proteggere gli agricoltori palestinesi e le loro proprietà dagli attacchi violenti dei coloni e agire con immediatezza e decisione per eliminare definitivamente questo fenomeno.  [Per conoscere il comportamento vessatorio e le violenze dei coloni vedere qui]
[…] Il luogo dove doveva aver luogo l’interramento delle piante non era un’area che ponesse pericoli per i coloni [ndr. facendo temere loro iniziative violente da contenere], inoltre  i militari hanno fermato i palestinesi in un punto ancora più lontano dall’insediamento. Israele riconosce che queste terre sono di proprietà dei Palestinesi e la Corte Suprema non pone restrizioni riguardo al numero di persone che vogliono accedere alla zona, né se abbiano o meno con sé bandiere palestinesi.
Ciononostante, regolarmente, l’esercito fa di tutto per obbligare gli agricoltori a comunicare in anticipo la volontà di accedere ai terreni, circostanza per cui viene imposta la richiesta di un permesso. Più volte in passato ci siamo rivolti all’esercito per chiedere che sia eliminata la pratica di impedire gli accessi, accade meno spesso ultimamente solo perché gli agricoltori si sono rassegnati a non recarsi sui loro terreni senza aver prima ottenuto il permesso.

Il risultato di questa non osservanza della legge è che quando i Palestinesi esercitano il loro diritto di accesso senza richiedere preventiva autorizzazione, ciò viene assunto come provocazione alle forze di sicurezza israeliane. Il ministro, Yuval Steinitz, si spinge al punto di definire questo pacifico evento come una “manifestazione violenta”.