Luisa Morgantini: ‘I palestinesi sono rimasti soli’.

 

Parla Luisa Morgantini: Liebermann «come Haider», Olmert un »disastro» e Solana «sbaglia»

Per la Palestina una conferenza internazionale, Hamas ambigua e Bargouti «conta ancora»

«I palestinesi sono rimasti soli
Anche l’Europa responsabile»

Di

Ivan Bonfanti

Tratto da Liberazione 29 Ottobre 2006


Luisa Morgantini, da un paio di giorni in tour con quattordici eurodeputati tra Gerusalemme, Haifa e la striscia di Gaza per una serie di visite sul terreno e incontri con realtà politiche locali. Un ritorno in Medio Oriente che arriva in un momento caldo e di nuovi cambiamenti. L’ingresso di Avigdor Liebermann nella coalizione di governo in Israele sembra ormai imminente. Solana l’ha anche incontrato, suscitando qualche critica. Come giudichi gli ultimi avvenimenti?


Penso che Solana faccia sempre degli errori fondamentali. E’ vero che Liebermann quasi certamente sarà membro del governo, ma è anche vero che i laburisti non hanno ancora deciso come si comporteranno. Anche se i ministri Labour hanno annunciato che resteranno in questa coalizione, Peretz dice almeno per un anno, la decisione finale verrà presa solo tra qualche giorno alla conferenza dei laburisti. E Solana in un momento così anticipa tutti e decide di incontrare il capo di un partito come Liebermann.


Un partito anche controverso. O no? Che impatto potrebbe avere sugli equilibri di governo?

Altro che controverso. Stiamo parlando di Liebermann. In Europa abbiamo fatto tanto contro Haider, ma Haider è un santo in confronto a Liebermann. Liebermann non soltanto chiede di deportare fuori da Israele tutti i palestinesi cittadini israeliani, ma durante la guerra in Libano alla Knesset ha detto esplicitamente che bisognerebbe giustiziare i deputati paestinesi che avevano incontrato Hezbollah. Non mi sembra che fosse il caso di incontrare un personaggio del genere, tanto più prima che vada al governo. Quanto a Liebermann come impatto, tutti adesso insistono dicendo che è un personaggio non affidabile, un pragmatico della politica e in quanto tale potrebbe cambiare una volta arrivato al governo. Yeoshua ha detto che Liebermann è meglio di Netanyahu, forse è anche vero e il Likud è più pericoloso anche perché ha una strategia più chiara in mente, ma al di là di questo il problema di fonda resta Olmert. Olmert e questa coalizione di governo, che da quando è salita al potere che ha fatto?

Già, che ha fatto?

Ha fatto guerre, con i palestinesi ha usato solo il pugno forte, non ha negoziato su nulla con l’Autorità Nazionale. Non solo non ha trattato con il governo di Hamas, non tratta nemmeno con Abu Mazen nonostante il presidente Abbas sia considerato e riconosciuto da tutti come un interlocurtore valido per la pace. Olmert ha detto esplicitamente che sono finiti i ritiri, non ha fatto nulla per fermare l’avanzata delle colonie in Cirgiordania, anzi in questo periodo sono aumentate ancona. Prosegue la costruzione del muro e con esso la sottrazione di fatto di altri territori palestinesi. Sembra che l’operazione che Olmert vuole condurre è la distruzione di qualsiasi leadership o Stato palestinese. Ho sempre più l’impressione che una certa leadership in Israele voglia costruire per i palestinesi non tanto i Bantustan, ma delle vere e proprie riserve indiane. Mi sembra una prospettiva suicida. Per i palestinesi, ma suicida anche per lo Stato di Israele.


A proposito, qualcuno nella sinistra israeliana ha scritto che il Labour si sta suicidando preparando l’arrivo di Netanyahu.

Beh, non mi pare una grande novità. Ma poi il Labour in fondo non è mai stato veramente critico con l’occupazione. Ha appoggiato Sharon, ora sostiene Olmert, insomma è una forza mainstream che ha sempre detto che bisognava cercare di restituire ai palestinesi acuni territori, non i territori occupati nel loro complesso. La sinistra in Israele è estremamente debole. Al suo interno vi sono forze straordinarie, ma davvero poco rappresentate il Parlamento.


Eppure tempo fa a Ginevra c’era mezzo Labour e tante figure di spicco sia militari che di apparato. Anche quell’accordo informale, come la Road Map che invece fu inaugurata con grande can can dalla comunità internazionale, è morto e sepolto?

L’accordo di Ginevra a mio avviso resta davvero, al di là dei dettagli, l’unica pace giusta possibile. Parte dalla filosofia dei due popoli per due Stati, prevede la restituzione dei territori anche con uno scambio di terre, Gerusalemme capitale dei due Stati. Credo che il consenso su queste basi sia possibile sia in Israele che in Palestina. Ma costruire il consenso dipende da chi fa politica. Ricordo che solo qualche tempo fa, quando emerse la possibilità di un accordo tra Israele e Siria, per qualche settimana Damasco era diventato d’improvviso un luogo interessante, anche per la stampa israeliana che quasi quasi cominciò a dipingere bene il pragmatico Bashar al Assad. Voglio dire che se, in modo speculare, un governo continua a terrorizzare con la popolazione che tutti quelli che si hanno intorno ti vogliono distruggere e annientare è uccidere, allora è chiaro che vince la destra.


Hamas ha vinto le elezioni proponendosi come forza rivoluzionaria. Eppure, quasi un anno dopo, la quotidianità nei territori non sembra cambiata e il partito islamico perde appeal. Intanto del governo di unità nazionale si continua solo a parlare. Cos’è? Una storia che si ripete?

A me sembrava stupefacente che al Fatah, dopo 40 anni al potere, riuscisse ad abbandonare i posti chiave senza scossoni. Invece oggi Hamas governa davvero. Certo, ci sono sono fette di al Fatah che non vogliono lasciare il campo libero a una forza come Hamas e come tale cercano anche di metterli in difficoltà. Per dimostrare che i palestinesi si sono sbagliati e che l’arrivo di Hamas

 al governo ha peggiorato le cose anziché migliorarle. Ma il caos attuale è anche erede della morte di Arafat, che bene o male riusciva a tenere unito il movimento. Oggi da una parte c’è una Fatah decapitata con Marwan Barghouti che resta in carcere pure se continua a contare e negli ultimi sondaggi rimane indicato come il più popolare leader palestinese, dall’altra Hamas che mantiene tutte le sue ambiguità. Ma è chiaro che si pagano tanti errori esterni. Perché se Abbas, che non ha mai avuto questa leadership forte tra i palestiensi, viene lasciato completamente solo dal mondo e da Israele allora è chiaro che vince Hamas. Attenzione poi. Anche Hamas è divisa è un gruppo più moderato, guidato dall’attuale premier, e un altro pezzo di movimento contro qualunque ipotesi negoziali. Ma ripeto, tutto diventa tragicamente accademico se nessuno cerca di convincere o costringere Israele a negoziare. In questo senso le politiche anche europee non aiutano.

Europa?

Sì, Europa. L’Europa ha sbagliato ad accettare l’isolamento di Hamas, ormai la questione palestinese viene percepita come una questione puramente umanitaria. E’ vero che ormai è anche una questione umanitaria, soprattutto a Gaza dove la situazione è disastrosa e la gente sopravvive di pane e ceci. Eppure stiamo parlando di un problema politico che va affrontato con una conferenza internazionale che affronti nel suo insieme la questione israelo-palestinese e gli altri nodi regionali.


L’Italia perlomeno ha cambiato un po’ politica nell’area. O no?

Penso che l’Italia abbia avuto un ruolo molto positivo. Però occorre capire che i tempi della diplomazia non sono quelli della sofferenza, bisogna agire subito. Questa occupazione militare ha ucciso oltre 20mila persone, ci sono 9mila prigionieri politici. Dico novemila. Gente che essendo imprigionata in Israele non può neanche vedere i proprio parenti. Cosa altro deve succedere perché il mondo si muova?

  

 

 

 

 

 

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