Malati di Gaza che rischiano di morire per un black-out.

Gaza – InfoPal. La crisi determinata dall'interruzione della corrente elettrica a Gaza si è estesa a tutti gli ambiti della vita, innanzitutto al settore della sanità e degli ospedali, nei quali si trovano centinaia di pazienti che soffrono di varie malattie ed hanno bisogno di cure.

Il black-out che ha colpito anche l'ospedale di Gaza ha causato la morte di un degente, dato che le apparecchiature che lo tenevano in vita non hanno potuto più funzionare. 

Morire per un black-out. Il dott. Jamal Tafish, che lavora nel reparto di Cura intensiva dell'ospedale ash-Shifa' di Gaza in cui è deceduto il paziente, riferisce al nostro corrispondente che Salama Sa'd, di 38 anni, è morto a causa dell'improvvisa interruzione nell'erogazione di corrente elettrica. Persino il generatore di corrente – che dovrebbe attivarsi in questi casi – non ha potuto funzionare a causa della penuria di combustibile.

Il dott. Tafish ci ha confessato che “altri 19 pazienti sono in condizioni estremamente gravi, a rischio di vita se non verrà trovata un'immediata soluzione al problema dei black out: 11 apparecchiature su 25 di quella che servono a supplire a disfunzioni cardiache sono fuori uso a causa del danneggiamento delle loro parti elettroniche dovuto alle interruzioni di corrente.

Gli altri apparecchi lavorano grazie ad un generatore, di media potenza, preso da una fabbrica di Gaza il cui proprietario è stato convinto da nostri emissari a prestarlo almeno per i giorni di questa crisi energetica”.

Un generatore insufficiente per la Cura intensiva. Il generatore più grande va in funzione 12 ore consecutive al giorno, non potendo sopportare un utilizzo più prolungato. Gli altri generatori meno potenti, come quello preso in prestito dalla fabbrica, servono a far andare continuativamente certe apparecchiature come i respiratori artificiali.

Gaza, da circa una settimana, è sprofondata quasi nelle tenebre, dopo che l'unica centrale elettrica della Striscia si è dovuta fermare a causa della penuria di combustibile.

Ciò a causa del rifiuto da parte del ministero delle Finanze in Cisgiordania di versare i fondi alla ditta israeliana che si occupa di portare il combustibile a Gaza.

La situazione non differisce molto da quella della Nefrologia, che vive difficoltà sin da prima dell'attuale interruzione della corrente elettrica a causa della penuria di apparecchiature per la dialisi, alcune delle quali sono rimaste danneggiate, ma non si riesce ad aggiustarle perché mancano i pezzi di ricambio. 

La dialisi. Centinaia di malati che hanno bisogno della dialisi tre-quattro volte alla settimana, devono accontentarsi di due volte alla settimana, così com'è stato disposto dai medici dato che i black out e il numero limitato di apparecchiature non consentono oltre.

Tamer as-Sa'ati, dializzato, è molto preoccupato che l'apparecchiatura si fermi a causa di un black out proprio mentre fa la dialisi, col sangue che coagulandosi potrebbe causare la sua morte immediata.

Egli afferma: “Vengo qua, all'ospedale ash-Shifa', che ha il principale centro per la dialisi in tutta la Striscia di Gaza, tre volte alla settimana da oltre due anni”.

Pericolo di morte. “L'interruzione dell'erogazione di energia elettrica da alcuni giorni mi ha messo in serio pericolo di vita, poiché ho perso molto sangue, circa il 7%: l'apparecchio s'è fermato, ma il sangue no, quindi s'è coagulato nei tubicini della macchina, che a sua volta è scoppiata rovinando il sangue che vi era dentro.   

Il direttore della Nefrologia, Muhammad Shatat, ha dichiarato al nostro corrispondente: “Le pene dei pazienti non finiscono… quando ci sono i black out, che influiscono negativamente sulle prestazioni delle macchine, fino a romperle”.

“La qualità del lavoro è scaduta dopo che sette apparecchiature su trenta si sono fermate perché si sono bruciate le schede elettroniche. Inoltre mancano i pezzi di ricambio necessari, il che costringe il nostro centro a rimandare le sessioni di cura”.

Macchinari fuori uso. C'è chi ha bisogno, come minimo, di tre-quattro sedute alla settimana da quattro ore ciascuna, però la maggior parte dei dializzati si accontenta di due sedute settimanali. Molti hanno dovuto sopportare rinvii a causa dei black out, della rottura dei macchinari o della loro insufficienza.

Il dott. Shatat afferma che “alcuni pazienti sono peggiorati poiché la corrente se n'è andata mentre facevano la dialisi, il che ha provocato coaguli con conseguente perdita di sangue, cosicché si sono rese necessarie delle trasfusioni o procedimenti che permettono di aumentare la percentuale d'emoglobina nel sangue che però non sono sempre disponibili per i dializzati”.

Pertanto, il dott. Shatat ha lanciato un appello agli Stati e alle organizzazioni competenti in tutto il mondo, affinché si adoperino per assicurare l'erogazione della corrente elettrica agli ospedali e alle cliniche della Striscia di Gaza, cosicché possano fronteggiare ogni emergenza ed i loro pazienti non rimangano più in costante pericolo di vita, a causa di un black-out…

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