Mano che applaude da sola

A cura della redazione di InfoPal.

Come tutti i circoli che si rispettino, anche quando si lavora a pieno regime per la causa palestinese, come forse – permettete la presunzione – InfoPal fa, ci si trova ad interagire con una varietà di personaggi che quella causa condividono…almeno in via di principio.
Ed è fuor dubbio che il dibattito sia il benvenuto, sia internamente che con l’esterno. D’altra parte, trattare di Palestina implica necessariamente l’adozione di una mentalità pluralista, e questo ce lo insegnano i palestinesi dalle molteplici posizioni che assumono.

Nella lunga esperienza con la Questione palestinese, non mancano tuttavia dei momenti d‘empasse, quelli che mettono alla prova e, finora, possiamo affermare di essere riusciti a superare gli stalli, uscendone sempre più forti, perché determinati da salde convinzioni dietro l’impegno professionale al servizio di una causa come quella palestinese.

Altre volte, invece, come forse quella attuale, la sensazione è quella di dover fare da testa d’ariete e, per una volta, il riferimento non è quello alla contro-campagna sionista che attacca quanti lavorano come noi.
Dalle situazioni più difficili si può anche restare orfani, perché viene a mancare un supporto che è anzitutto di principio, quello dell’essere coerenti: la dote forse più difficile per l’uomo.

Noi siamo consapevoli di essere la fonte primaria nel fornire la cronaca dalla Palestina e di metterla agevolmente al servizio di gran parte dei media che, a questo punto, possono definirsi residuali. Anche qui, con un pizzico di presunzione, certo, ma garantiamo che, per noi che vi lavoriamo giorno e notte, la matrice è facilmente riconoscibile.
E’ vero, non è questa la sede, né il momento per dire proprio tutto, ma mentre in Palestina le notizie relative all’oppressione della libertà di parola si fanno sempre più incalzanti in termini di frequenza e di gravità della repressione, noi, nel nostro piccolo, ci sentiamo in parte vittima di analoghe pratiche.
Non si può affermare di essere persone libere e conseguentemente, professionisti dell’informazione, titolari e fruitori di libertà d’espressione, se vengono a mancare in casa i presupposti basilari per condurre una delle lotte per l’autodeterminazione dei popoli più ardue da difendere.

Quella che inizialmente pareva essere una disattenzione, è diventata oggi manifesta: irrispettosità per le nostre professionalità e per il nostro lavoro. Oggi la sensazione è che paghiamo in casa per la nostra coerenza e c’è amarezza per il dover scrivere di pratiche che non possono altro che creare in noi soggezione con comportamenti che si fanno sempre più definiti nei nostri confronti.

Dove va a finire il giustizialismo con cui ogni giorno denunciamo le violazioni e la repressione in Cisgiordania? Anche oggi avremmo dovuto scrivere dell’invito del governo di Gaza a riprendere un discorso di riconciliazione politica richiamando alla mediazione egiziana per fermare gli apparati di sicurezza di Ramallah.
E dov’è la condivisione alla quale tanto si inneggia nel riportare scrupulosamente i singoli appelli dei palestinesi, ovunque essi siano nel mondo? Anche oggi avremmo dovuto scrivere di nuovi sit-in e manifestazioni di denuncia di cittadini palestinesi contro le detenzioni politiche e anche oggi avremmo dovuto descrivere l’ingiustizia sui detenuti politici da parte di connazionali.

Dal momento che si materializzano comportamenti finora solo accennati, non scriveremo niente di tutto ciò, non avrebbe alcun senso, sarebbe incoerente, e la coerenza è stata sempre il nostro motore nello scrivere dell’ingiustizia in Palestina. Le nostre scuse per non poterlo fare vanno unicamente alla causa palestinese.

Non stiamo parlando qui di divergenza di vedute, quella che abbiamo sempre valorizzato per l’apporto che dava al nosto lavoro, ma di vecchi nomi dai volti nuovi i cui comportamenti non differiscono più da quelli di coloro che dall’interno hanno lavorato per radicare sempre più l’ingiustizia tra i palestinesi.

Giunti alla negazione della libertà di continuare a farlo in un quadro di dignità e rispetto, anche noi ci sentiremo liberi e affrancati dal prestare servizio per quanti, dal lavoro svolto da chi sta dietro a questo schermo, finora hanno avuto il proprio tornaconto personale.

In un suo celebro libro, Tiziano Terzani scriveva: “Tu sai ascoltare il suono delle mani che applaudono? Bene, qual è, allora, il suono di una sola mano che applaude? (…).