Marwan al-Ashaal: Tel Aviv infastidita dal riavvicinamento tra Teheran e Il Cairo

PressTvIntervista a Marwan al-Ashaal.

Un noto analista rivela a Press TV che le relazioni bilaterali ritrovate tra l’Iran e l’Egitto, in quanto due poli potenti della Nazione islamica, irritano il regime sionista di Tel Aviv.

Il ministro degli esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, ha incontrato il presidente egiziano Mohammed Mursi nella capitale Il Cairo e ha discusso con lui delle reciproche relazioni e della crisi in Siria. Salehi ha espresso piena disponibilità da parte dell’Iran per mettere a disposizione della nazione egiziana la propria esperienza, maturata dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, aggiungendo che Teheran e Il Cairo “possono completarsi a vicenda.” In vista di un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali tra i due paesi, la Repubblica islamica del presidente iraniano Ahmadinejad ha già in programma, su invito della sua controparte egiziana, di recarsi Egitto all’inizio di febbraio.

Press TV ha realizzato un’intervista a Marwan al-Ashaal, avvocato internazionale e attivista politico dal Cairo, per far luce sulle problematiche in questione. Egli è affiancato da altri due ospiti nel programma “Analisi delle notizie” di Press TV: Sadek Saeed, professore presso l’Università americana del Cairo e Mohamed Ghanem, leader nel Regno Unito dei Fratelli Musulmani. Quello che segue è una trascrizione dell’intervista.

Press TV: Parliamo di questo equilibrio da raggiungere, per così dire, Marwan al-Ashaal, perché questo è ciò che Morsi e l’Egitto devono fare, in fondo.

Quando si parla di queste relazioni con l’Iran, questo va a scapito delle relazioni egiziane ad esempio con gli stati del Consiglio per la Cooperazione nel Golfo Persico? O, come ha detto il nostro ospite, Sadek Saeed, va a scapito degli Stati Uniti, che danno miliardi di dollari di aiuti, che è probabilmente l’ammontare del salario dell’esercito in Egitto?

Ashaal: Prima di tutto voglio parlare della rappresentanza diplomatica in visita, poi classificherò il problema in tre passaggi.

In primo luogo, il livello di rappresentanza diplomatica; un ministro degli Esteri che incontra un presidente: a livello di protocollo, questo è abbastanza inusuale, ma fa molto onore al visitatore perché significa che gode di un trattamento speciale e risulta di particolare interesse.

In secondo luogo, la situazione politica e gli standard politici dei cicli stranieri o di una politica estera di un paese sono decisioni che non decidono le piazze.

Per prima cosa, noi eleggiamo un presidente, il quale poi dovrebbe avere la fiducia da parte del popolo che governa, così qualsiasi decisione verrà in seguito presa da lui nei confronti della politica estera sarà allo stesso modo degna di fiducia, conseguenza del credito del presidente stesso e dell’amministrazione del paese… ma questo il presidente Mursi non l’ha ancora raggiunto.

Quindi noi diremo che le opinioni degli egiziani sono in un certo senso di supporto, alcuni lo sostengono e altri vi si schierano contro.

Ci basti affrontare il fatto che Mursi è stato eletto con il 51% dei voti del popolo egiziano: il restante 49% ancora non lo voterebbe, quindi in primo luogo Mursi ha bisogno di guadagnarsi la fiducia, attraverso i risultati economici, e comunque la politica estera è l’ultima delle preoccupazioni della gente nelle piazze.

L’approccio politico a questa visita è molto significativo, sì sono d’accordo con i miei colleghi [gli altri ospiti del programma]. In primis, Iran ed Egitto sono i due poli di una nazione, della nazione islamica; e poi, controllano sia Asia che Africa.

Dobbiamo ammettere che l’Iran è la più grande nazione che gli USA abbiano da sempre voluto far fuori, è la più grande area islamica in questa zona del mondo [Golfo Persico e del Medio Oriente], mentre l’Egitto è la controparte dell’Iran in quest’altra parte del mondo [Medio Oriente e Nord Africa] ed è vicino ad Israele, e questo conta molto.

Quindi, se l’Egitto torna ad allearsi completamente con l’Iran, come negli anni ’70 e anche in precedenza, questo potrebbe costituire una vera minaccia per i paesi del PGCC in quando grande potenza, e naturalmente chiamerebbe in causa anche la Turchia.

Così le tre braccia [di Iran, Egitto e Turchia] sarebbero strette insieme e ci si dimenticherebbe delle differenze tra sunniti e sciiti, ma ci si ricorderebbe esclusivamente di essere tutti musulmani sotto un’unica legge islamica, in realtà, e con regimi molto simili, questo costituirebbe una sorta di minaccia.

Le relazioni degli Stati Uniti in Medio Oriente con Teheran, ovviamente, sono interrotte a causa del suo programma nucleare (che si è sviluppato negli ultimi anni) ma l’Egitto e le sue esportazioni straniere sono completamente dipendenti per il 45% dal commercio verso il mercato americano e ci sono accordi per inserire Israele nella dichiarazione, trascinare l’Egitto via dal mondo islamico e arabo e inserirlo nel lato israelo-americano, il che non è lontano dall’essere raggiunto in larga misura.

Quindi, ripristinare queste relazioni significa che non sarà più necessario affidarsi a questo ciclo di relazioni esterne con gli Stati Uniti e Israele, che sicuramente irriterebbe molto Israele.

Così bisogna fare davvero attenzione. La coalizione tra l’Egitto, l’Iran e la Turchia non ha lo scopo di attaccare né Israele o né qualcun altro; è solo un miglioramento per una economia egiziana in crescita, che deve aver luogo in un modo o in un altro e abbiamo bisogno più braccia possibili per costruire l’economia nazionale.

Press TV: Marwan al-Ashaal, l’ascia di guerra verrà seppellita? Mi parli della visita del [ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar] Salehi con il Grande Shaykh di Al-Azhar e anche dei salafiti. Ci dica che non è così negativa la propaganda che sta per essere lanciata, a detta di alcuni parlamentari salafiti, dai wahhabiti contro l’Iran? Alcuni dicono che affonda le sue radici nel cuore dell’Arabia Saudita?

Ashaal: Sì, perché questa relazione tra l’Egitto e l’Iran… in primo luogo, è stata interrotta e poi, perché non si applica la Convenzione di Vienna alle relazioni tra Egitto e Iran?

Questa è la questione maggiore e poi, a cosa mirano queste politiche tra i due paesi e perché ci sono visite di religiosi?

In primo luogo, i membri dei Fratelli Musulmani stanno cercando di dimostrare che non sono contro gli sciiti, in quanto sunniti, e questa è la posizione ufficiale del paese: non è contro gli sciiti e tanto meno contro gli ebrei, di cui si parla in un articolo nella Costituzione.

Così, loro stanno cercando di ripristinare le relazioni per dimostrare che hanno un’unica posizione nei confronti di tutti i musulmani: punto primo.

La questione siriana, che è stata oggetto di discussione oggi, io credo sia uno dei temi all’ordine del giorno dei negoziati tra le parti.

Quindi il problema siriano: vi è una proposta egiziana per questa questione che sicuramente sarà discussa e sicuramente verrà applicata, ma che cosa si intende quando io dico dalle “grandi potenze”?

Due grandi potenze implica influenza politica. L’influenza politica non si basa solo sulla quantità di telefonate che avvengono tra le parti. La politica non si basa su quello, non è una faccenda emotiva. Politica è tutto il meglio che ogni nazione deve fare per creare una collaborazione con un’altra nazione e ci deve essere un elenco da entrambe le parti, che deve essere compreso, e questo non ha niente di crudele, è solo un elemento della vita politica.

Quindi, se la politica estera egiziana sta per essere pianificata ora o rinnovata, per essere chiari su questo, allora l’Egitto ha bisogno di tracciare esattamente da che parte vuole stare con il suo avvicinamento all’Iran. Se sta andando a ripristinare totalmente la rappresentanza diplomatica, in modo parziale o per nulla e se l’Iran contrasterà o meno tutto ciò

Traduzione per InfoPal a cura di Erica Celada