Abbiamo incontrato Maryam nella sua casa di Istanbul, dove vive con la mamma e i fratellini, in attesa di terminare l’infinita serie di chirurgie ricostruttive e tornare a casa, a Gaza.
Maryam è stata la prima di una serie lunghissima di vittime palestinesi della ferocia israeliana ai confini con la Striscia di Gaza.
“Mi trovavo davanti alla barriera, ero disarmata – racconta l’adolescente -. Sventolavo la bandiera palestinese, quando i soldati israeliani mi spararono un proiettile a farfalla, frantumandomi la gamba. Fu una sofferenza terribile. La prima operazione avvenne a Gaza, senza anestesia, a causa della grave mancanza di strumentazioni mediche e farmaci prodotta dal blocco israeliano.
“La mia famiglia tentò di farmi curare in Egitto, ma lì strapparono le mie cartelle mediche. Inoltre i medici volevano amputarmi la gamba. Un video che parlava del mio caso e delle ferite inferte dai soldati israeliani, mi aiutò a trovare soccorso in Turchia. Gli Egiziani avrebbero voluto rimandarmi a Gaza, ma l’ambasciatrice turca al Cairo si oppose e si offrì di aiutarmi, e così fece anche l’ambasciata palestinese. Finalmente riuscii ad arrivare a Istanbul, dove un’organizzazione umanitaria, la IHH, si occupò di trovare una casa per me, mia madre e i miei fratelli, e sta pagando le mie spese mediche”.
Finora Maryam ha subito 48 operazioni chirurgiche, e altre ancora l’aspettano, per la ricostruzione della gamba, ridotta in pezzi e in putrefazione, e per poter riprendere a camminare. Dieci medici specializzati l’hanno operata e curata.
A Istanbul lei e i suoi fratelli stanno frequentando le scuole.
Maryam è una dei tanti bambini e adolescenti feriti o uccisi dalle forze israeliane durante la Grande Marcia del Ritorno – la manifestazione di massa in corso da marzo di quest’anno, per i diritti innegabili del popolo palestinese a una vita degna e al Ritorno nei luoghi d’origine delle loro famiglie.
Ci si chiede quando e se, finalmente, il colonialismo israeliano pagherà per i crimini che compie da 70 a questa parte contro la popolazione autoctona palestinese.
Angela Lano