Al-Tawhid. Fonti diplomatiche anonime fanno sapere che Khaled Mesha’al, capo dell’Ufficio politico di Hamas, ha lasciato il quartier generale di Damasco.
“Mesha’al si trova da tempo fuori dalla Siria e, probabilmente, non vi farà ritorno”.
Damasco è campo di instabilità da 10 mesi, ormai, con oltre 5mila morti, secondo i dati Onu e, dallo stesso periodo di tempo, la dirigenza di Hamas non è in grado di ricevere qui visite dall’estero.
Nel mese scorso, Mesha’al è stato in Siria appena cinque giorni, per trascorrere il resto del tempo tra Qatar, Turchia ed Egitto.
Questo non coincide però, con la chiusura della sede del Movimento che resta aperta. Vi sono ancora responsabili di Hamas.
“Non c’è notizia della sua chiusura ufficiale, ad oggi, ma ciò non toglie che accadrà in futuro”.
“In questi giorni, Mesha’al si trova al Cairo, dove però – continua la stessa fonte – non è stato raggiunto un accordo sulla possibilità di aprire l’ufficio di Hamas in Egitto”.
“Con tutta probabilità, Doha sarà la sede fino a che non si ristabilizzerà la situazione in Siria”.
Non passa in secondo piano la posizione del Qatar, il Paese arabo che più di tutti ha manifestato critiche per quanto sta accadendo in Siria e la cui leadership politica ha svolto un ruolo decisivo nel rendere possibile, dopo oltre 10 anni, la visita di Mesha’al ad ‘Amman, al fine di ripristinare i rapporti tra le parti.
Costituito nel 1987, il Movimento di resistenza islamico palestinese, Hamas, è stanziato da lungo tempo a Damasco, con il supporto iraniano. Sarebbero però, almeno quattro mesi che Hamas non riceve alcun sostegno finanziario dall’Iran.
“L’Iran finanziava Hamas tra i 250 e i 300milioni di dollari all’anno, con alcuni momenti di pausa. Si suppone che, almeno da agosto scorso, Hamas non abbia ricevuto più nulla dall’Iran (…) e si pensa che, il premier di Gaza, Isma’il Haniyah, abbia ricevuto rassicurazioni finanziarie dalla Turchia, con un impegno di 300milioni all’anno. A questo si deve aggiugere la promessa dei Paesi del Golfo (Gcc) i quali – previo accertamento di quale fosse il parere americano a riguardo – si sarebbero impegnati a compensare il resto del bilancio del Movimento palestinese.
A queste informazioni si accodano quelle rilasciate da una personalità islamica, ancora anonima, che parla di tensione nei rapporti Damasco-Hamas riguardo l’attuale situazione siriana.
“Mesha’al non ha ancora preso la decisone di partire definitivamente dalla Siria, pur ammettendo che si sta lavorando, con il ruolo del Qatar, per giungere a un accordo con il quale trovare una soluzione e stanziarsi in altri paesi, compresa la Giordania, dove sono alte le possibilità di accoglienza per Hamas, ma a certe condizioni.
Si noti che la seconda figura di spicco della leadership internazionale dopo Mesha’al, è Mousa Abu Marzouq, anch’egli aveva accettato delle condizioni quando aveva lasciato Damasco per la Giordania. Si sarebbe dovuto astenere da attività di natura politica e mediatica.
Sulle relazioni Mesha’al-governo siriano, si cita l’episodio in cui il presidente siriano Bashar al-Asad si era rifiutato di incontrare Mesha’al dopo che quest’ultimo aveva rivolto in diretta un appello al presidente siriano.
“Concedere le riforme”, aveva detto Mesha’al. Quell’invito non era piaciuto ad al-Asad, già sottoposto a pressioni internazionali da ogni parte.
Dopo di allora, Mesha’al aveva incontrato a Beirut il Segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, al quale aveva chiesto di intervenire per fare in modo che le istanze dei manifestanti in Siria potessero essere accolte.
“Dopo aver incontrato il rifiuto di tutte le capitali, il Movimento era stato accolto e protetto dal governo siriano, ma oggi è difficile per Hamas restare in Siria. Lo spargimento di sangue provoca un certo imbarazzo”.
In quell’occasione Nasrallah si sarebbe impegnato ad organizzare un incontro tra Mesha’al e al-Asad, ma era stata data udienza solo al leader di Hezbollah.
E’ innegabile che i rapporti tra Hamas e il governo siriano siano freddi, oggi. Di questo si discuterà probabilmente nell’imminente visita del premier di Gaza, Isma’il Haniyah a Teheran, il cui esito sarà decisivo per definire gli equilibri nel prossimo futturo.
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