Militari israeliani fanno il barbecue nella cella del giornalista palestinese Al-Rimawi per costringerlo ad interrompere lo sciopero della fame

MEMO. Il giornalista palestinese Alaa Al-Rimawi ha iniziato uno sciopero della fame dopo che dodici militari armati israeliani hanno fatto irruzione nella sua casa di Ramallah il 21 aprile scorso, dopo la mezzanotte, confiscando il suo telefono cellulare ed arrestandolo di fronte ai suoi figli.

Al-Rimawi, 34enne padre di cinque bambini, lavora come reporter e coordinatore del canale Al Jazeera Mubasher, oltre a gestire una società di media.

“Mentre lo stavano arrestando, Alaa mi ha detto che avrebbe iniziato immediatamente uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione in quanto giornalista, poiché si tratta di una flagrante violazione dei diritti dei giornalisti, garantiti dalle convenzioni internazionali”, ha riferito sua moglie Maymouna Afana a MEMO.

Al-Rimawi ha trascorso circa dieci anni e otto mesi nelle carceri di Israele. L’ultima volta venne arrestato nel 2018, a causa del suo lavoro nei media. Era il direttore di Al-Quds TV, in Cisgiordania. Le forze israeliane fecero irruzione nella sede del canale televisivo, confiscarono tutti i dispositivi usati per il suo lavoro, tra cui telecamere, dispositivi per le registrazioni ed altri, ed arrestarono numerosi giornalisti che lavoravano con lui.

Secondo quanto riferito dalla moglie, il suo arresto è legato alle elezioni palestinesi. Stava conducendo un programma sul canale J-Media dal titolo “La Palestina vota”, nel quale ospitava i candidati delle liste elettorali che avrebbero partecipato alle elezioni. Maymouna ha spiegato che molti dei candidati intervistati da suo marito erano stati presi di mira o arrestati.

“Le autorità israeliane dell’occupazione ritengono che Alaa possa influenzare l’opinione pubblica in questo particolare periodo delle elezioni palestinesi”.

Al-Rimawi, ora detenuto presso il carcere di Ofer, è stato isolato dal resto dei detenuti a causa del suo sciopero della fame ed è stato posto in cella di isolamento.

“Questa è la politica dell’occupazione. Isolano le persone in sciopero della fame per spezzare la loro volontà, determinazione e tenacia”, dice Maymouna.

Secondo l’avvocato di Al-Rimawi, tutti gli interrogatori che ha subito riguardavano il suo lavoro giornalistico con Al-Jazeera TV e la sua gestione del canale J-Media.

Israele detiene attualmente 26 giornalisti palestinesi accusati di aver pubblicato notizie sui social media.

“I giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro e per aver coperto gli eventi che avvengono in Cisgiordania o le violazioni israeliane dei diritti del popolo palestinese. I giornalisti devono avere libertà di espressione e la libertà di riportare le notizie senza pericoli o persecuzioni”, precisa Maymouna.

A causa delle restrizioni per il COVID-19, gli avvocati non possono incontrare personalmente i loro assistiti in carcere, e le udienze processuali vengono condotte in video-conferenza.

“Alaa ha detto al suo avvocato, durante la chiamata, di aver vomitato sangue a seguito dello sciopero della fame, e che è stato trasferito in ospedale per controlli”, ha dichiarato Maymouna a MEMO.

Nel suo ultimo processo della settimana scorsa, Al-Rimawi è stato posto in detenzione amministrativa. Si tratta di una detenzione arbitraria con la quale i Palestinesi vengono trattenuti dietro le sbarre senza nessuna accusa, e la loro detenzione può essere rinnovata a tempo indefinito per periodi di tre o sei mesi.

“I precedenti arresti di Alaa hanno influito sulla nostra vita in generale e sulla sua salute in particolare, che è peggiorata a causa dei lunghi anni di detenzione. La sua presenza come padre è importante, mi aiuta a far crescere i bambini e nelle faccende di casa. Il suo arresto ha anche messo a dura prova la psiche dei nostri figli, soprattutto quando trascorriamo le vacanze in sua assenza, e abbiamo passato molti mesi di Ramadan senza di lui”, spiega Maymouna.

Mohamme Atiq, un fotoreporter della città di Jenin, nella zona settentrionale della Cisgiordania, è stato arrestato mentre si stava recando alla seconda preghiera del venerdì di Ramadan alla Moschea di Al-Aqsa, con il pretesto  che non aveva il permesso delle autorità israeliane per poter entrare a Gerusalemme.

Atiq è stato rilasciato cinque giorni dopo ed è stato obbligato a sottoscrivere la promessa che sarebbe stato incarcerato per un mese e avrebbe pagato una multa di 1.000 shekel se fosse stato sorpreso ad entrare nuovamente nei Territori occupati, inclusa la Moschea di Al-Aqsa.

Atiq ha incontrato Al-Rimawi presso il carcere di Ofer prima che quest’ultimo fosse trasferito nella cella d’isolamento. Ha detto a MEMO che le condizioni di Al-Rimawi in carcere stanno peggiorando.

“Sono stato aggredito verbalmente ed insultato dai funzionari israeliani, che hanno poi fatto un barbecue all’interno della mia cella e mi hanno offerto del cibo perché interrompessi lo sciopero della fame. Mi hanno sputato addosso e mi hanno umiliato per costringermi a mangiare”, ha confidato Al-Rimawi ad Atiq.

Atiq ha inoltre aggiunto che la salute di Al-Rimawi sta peggiorando e che soffre di “ulcere alla bocca, vertigini, non riesce a camminare correttamente, urina sangue e vomita sangue”.

Al-Rimawi ha assicurato ad Atiq che continuerà lo sciopero della fame fino a quando non verrà rilasciato.

“C’è una strategia sistematica volta ad arrestare i giornalisti, per mettere a tacere le loro voci e per chiudere gli occhi. L’occupazione ha ormai paura delle parole della verità e del potere che possiede la narrazione palestinese”, afferma Atiq.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi