Milizie, Dahlan non molla la presa.

Da www.ilmanifesto.it del 15 maggio

Milizie, Dahlan non molla la presa
Mi. Gio.
Gerusalemme

L’ondata di violenza di queste ultime ore è stata solo un motivo in più per attuare in via definitiva un decisione sulla quale Qawasmeh non intendeva più negoziare, in mancanza di un cambiamento di rotta nella delicata questione del controllo dei servizi di sicurezza dell’Anp.
La nascita del primo governo palestinese di unità nazionale infatti non è servita a sciogliere questo nodo centrale nei rapporti tra Hamas e Fatah. Soprattutto, non ha risolto la questione del ruolo che l’«uomo forte» di Fatah, Mohammed Dahlan, il suo braccio destro Rashid Abu Shbak, capo della sicurezza preventiva (controspionaggio), da dietro le quinte svolgono nella politica palestinese.
Indipendente anche se in quota Hamas, Hani Qawasmeh, a marzo aveva accettato di sostituire al ministero dell’interno Said Siyam (un «falco» del movimento islamico), credendo di poter svolgere il suo incarico con pieni poteri e con libertà di azione. L’obiettivo era quello di coordinare le operazioni dei tanti (troppi) servizi di sicurezza dell’Anp – quelli fedeli al presidente Abu Mazen e la «Forza esecutiva» islamica creata da Siyam un anno e mezzo prima – in modo da riprendere il controllo della Striscia di Gaza caduta nelle mani dei miliziani di tutte le fazioni, di bande criminali e dove di recente hanno cominciato a colpire embrioni di cellule «qaediste».
Un’iniziativa che si è scontrata subito con la nomina da parte di Abu Mazen (di fatto imposta da Washington e Londra) di Mohammed Dahlan alla vice presidenza del Consiglio per la sicurezza nazionale (Csn), nonostante l’incompatibilità della carica con quella di parlamentare. Dahlan si è presentato alla sua prima riunione del Csn con in tasca il suo «piano» di riorganizzazione della sicurezza, mettendo in ombra quello di Qawasmeh. Nonostante ciò il ministro dell’interno ha cercato di esercitare i suoi poteri sul servizio di sicurezza preventiva ma si è trovato davanti il muro alzato da Rashid Abu Shbak e da centinaia di agenti che gli hanno fatto capire che non avrebbero mai eseguito i suoi ordini.
Alla fine di aprile persino il mediatore egiziano Burham Hammade non è riuscito a persuadere Abu Mazen a limitare i poteri di Dahlan e Abu Shbak. Subito dopo Qawasmeh presentò le dimissioni per poi congelarle su pressione di Haniyeh. I suoi morti di Gaza lo hanno convinto definitivamente ad uscire da un governo che è di unità nazionale solo sulla carta e dove Abu Mazen non perde occasione per ribadire che i servizi di sicurezza rimarranno ai suoi ordini, o meglio a quelli di Dahlan.

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