Minorenni torturati nelle carceri israeliane

Ramallah – Ma'an. Il ministro degli Affari dei detenuti dell'Anp Isa Qaraqe' ha pubblicato ieri nuove informazioni riguardanti un caso di tortura di minorenni durante gli interrogatori nei centri israeliani.

Le rivelazioni del ministro sono giunte un giorno prima della pubblicazione del rapporto di due gruppi umanitari israeliani, che accusano Israele di “maltrattamento degli interrogati su ordine dello stato” in almeno una delle sue strutture di detenzione, collocata nelle vicinanze di Petah Tikva.

Qaraqe' ha esposto in particolare il caso dei 13enni Muhammad Tare Abd al-Latif Mukhaimar e Muhammad Naser Ali Radwan, della cittadina di Beit Ur at-Tahta, in Cisgiordania. Entrambi furono detenuti dalle forze israeliane lo scorso luglio.

Mukhaimar e Radwan riferiscono di essere stati arrestati dalle guardie di frontiera israeliane che pattugliavano alcuni tratti dell'autostrada 443, una strada originariamente solo per coloni, alla quale sono stati aggiunti dei checkpoint quando una corte israeliana ordinò di aprirla anche all'uso dei palestinesi. Come racconta Mukhaimar, quando fu costretto ad entrare in una delle vetture dei militari venne preso a calci e picchiato con i manici dei fucili, finché non cadde a terra. Bendato, venne quindi trasferito in un centro coloniale di detenzione.

Secondo il report congiunto di B'Tselem e HaMoked, le testimonianze di 121 detenuti “indicano un modello ricorrente di comportamento da parte delle autorità”, che implica “un trattamento crudele, inumano e degradante”.

Dopo averli portati nella stessa struttura di detenzione, continua Mukhaimar, le guardie rinchiusero lui e Radwan nudi nel bagno e li tennero lì per due giorni con l'aria condizionata accesa. Avevano così tanta sete che dovettero bere l'acqua del WC. Come se non bastasse, ogni volta che si addormentavano le guardie picchiavano forte alla porta per svegliarli.

“La cosa peggiore che ci capitò fu quando i soldati entrarono e urinarono su di noi invece che nel WC” aggiunge Mukhaimar, precisando che il tutto venne filmato da una delle guardie.

Dopo aver passato almeno 48 ore rinchiusi in bagno, i due furono trasferiti nella prigione della colonia di Benjamin, dove vennero interrogati dalle 10 di sera alle 3 di notte. Quindi vennero trasferiti nel carcere di Ofer per tre mesi, e da lì nella prigione di Remonim, dove si trovano tuttora in attesa di processo.

Le testimonianze dei due minori sono in linea con le rivelazioni del report, secondo cui le violazioni contro i detenuti “cominciano dal momento del loro arresto e continuano fino alla loro partenza dal centro di detenzione”.

Secondo le testimonianze raccolte, “gli abusi includono condizioni crudeli di detenzione in celle sigillate, isolamento e pessima igiene, mani legate in modo da rendere impossibile ogni movimento ai detenuti, privazione del sonno ed altri metodi che danneggiano fisicamente e mentalmente.

“Il nove per cento dei testimoni ha rivelato che gli interrogatori hanno fatto uso di violenza fisica contro di loro (…) L'uso di uno qualsiasi dei metodi citati, e soprattutto l'uso combinato di questi, rappresenta un trattamento crudele, inumano e degradante e, in alcuni casi, un caso di tortura. Tutti questi metodi sono severamente vietati dalla legge internazionale e da quella israeliana”.

Qaraqe' ha quindi annunciato che il ministero per i detenuti inoltrerà una denuncia nei confronti dei soldati israeliani coinvolti nelle torture ai due ragazzini, che sono già state condannate ieri dalla riunione di gabinetto dell'Anp.

Una dichiarazione giunta al termine della riunione ha infatti ribadito che “le pratiche repressive e le misure adottate dalle autorità di occupazione” ai danni dei palestinesi al di sotto dei 18 anni violano “la legge internazionale e le convenzioni umanitarie sui diritti dei minori”. I ministri hanno quindi chiesto alle istituzioni umanitarie e all'Onu di affiancare i loro tentativi “di proteggere i nostri minorenni e i nostri detenuti dalle brutali pratiche israeliane”.


Torture di stato


Le rivelazioni del report, tuttavia, fanno intuire che esiste poca speranza di giustizia nei tribunali israeliani. Dal 2001, vi si legge, “i palestinesi interrogati dagli agenti della sicurezza hanno inviato 645 denunce al ministero della Giustizia riguardo al modo in cui sono avvenuti gli interrogatori. Neanche una delle denunce ha condotto a un'indagine criminale sul colpevole”.

Le associazioni specificano inoltre che l'uso continuo della tortura e dei maltrattamenti ai danni dei detenuti palestinesi sono giustificati dallo Stato, secondo cui “queste azioni sono necessarie per reprimere gravi atti di terrorismo”.

Gli esperti umanitari hanno tuttavia affermato che “questa rivendicazione non mette al sicuro dalla perpetrazione di atti di tortura (…) I tentativi israeliani di deviare l'attenzione pubblica verso quello che Israele chiama 'il dilemma della bomba ad orologeria' sono qualcosa di pre-costruito”.

Le testimonianze citate dal report, simili a quelle di Mukhaimar e Radwan, provengono tutte da detenuti che non erano sospettati di reati gravi. Alcuni dei testimoni intervistati erano accusati per la loro attività politica o religiosa, e le sentenze nei loro confronti andavano da pochi mesi a due anni.

B'Tselem e HaMoked hanno comunque smentito l'affermazione che le misure adottate da Israele servirebbero a scongiurare atti di terrorismo, chiarendo che, talvolta, “i maltrattamenti ai danni dei detenuti proseguivano anche dopo la fine degli interrogatori”.

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