Missione umanitaria degli italo-palestinesi nei campi profughi del Libano

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Nei giorni scorsi una missione umanitaria italo-palestinese si è recata nei campi profughi palestinesi del Libano. Ne hanno fatto parte un gruppo di giovani e adulti italo-palestinesi del GPI e dell’Abspp, guidati dall’architetto Mohammad Hannoun. Pubblichiamo qui di seguito il reportage scritto da Kolthum e Sagidah, del direttivo del GPI.

Libano, 17/01/15 Il campo di Burj El Barajneh si trova all’interno dei quartieri di Beirut sud, e si estende su 1 km quadrato in cui vivono 40 mila profughi. È un campo “perenne” per i palestinesi che ci vivono ormai da più di settant’anni. Appena entrati nel campo, ci sorprende la quantità immensa di abitazioni create in così poco spazio e distanziate quindi da strettissimi vicoli, attraverso i quali facciamo fatica a passare anche noi. L’ingente mole di abitazioni rende poco visibile la luce del sole durante il giorno e in alcune zone completante invisibile. Proseguiamo il percorso aiutandoci con le torce dei telefonini, situazione che di notte, ci raccontano, è ormai abituale.

Acqua (quando c’è per lo più viene attinta a cisterne di plastica) e luce corrono su condutture sospese le une sulle altre, con frequenti perdite e corti circuiti, che solo a Burj El Barajneh uccidono ogni anno una dozzina di persone. L’elettricità è presente per 6 ore e per le 6 ore successive è assente e così via. L’odore delle fogne a cielo aperto regna ovunque.

In tutto il campo non c’è un centro clinico, e se una persona dovesse stare male le barelle non passerebbero dagli strettissimi vicoli, costringendo a trasportare il malato avvolto in una coperta oppure tra le braccia.

Uscendo dal campo veniamo accecati dalla luce del sole, avendo percorso vari metri completamente al buio. Poco fuori del campo, un’organizzazione benefica, “Ruaa al kher”, in associazione con l’italiana ABSPP e altre, ha costruito un centro poliattivo, con l’intento di garantire un supporto psicologico, accademico ed economico alle famiglie del campo.

18/01/15. La prima tappa di oggi è stata il campo profughi Baalbak, nella valle della Beqaa, nel nord-est del Libano. Le condizioni del campo sono molto misere, la situazione igienico-sanitaria è pessima. Una stanza improvvisata funge da clinica e pronto soccorso. Il campo è ormai sovraffollato, sopratutto in seguito all’arrivo dei rifugiati siriani, con molti bambini e ragazzi giovani senza occupazione né possibilità di intraprendere un percorso scolastico, che rappresentano quasi la metà di questa moltitudine di rifugiati.

Per la  sua posizione geografica, il campo è spesso ricoperto di neve e le temperature scendono al di sotto dello zero, con gravi ripercussioni sulla vita dei profughi che vi abitano. In questo campo sono state distribuite coperte e gasolio, oltre ai molteplici sorrisi e affetti donati e ricevuti dai bambini e dalle mamme, grazie a quel poco di speranza che hanno potuto intravedere in quegli aiuti.

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19/01/15. La distribuzione di oggi è partita dal campo profughi di Saida, poco fuori Beirut. Nel campo vivono sia profughi siriani che palestinesi, gran parte famiglie e bambini. Il campo è molto disagiato, molte delle abitazioni sono costituite solo da mura e tetto in zinco, inefficace nel proteggere da pioggia e neve, lasciando le abitazioni spesso allagate.
Successivamente ci siamo recati presso due centri di distribuzione dei beni di prima necessità per i profughi, nella zona di Wady Zena, dove è avvenuta la distribuzione, per nucleo familiare, di coperte, materassi e gasolio. L’ultima tappa è stata il centro di confezionamento dei pacchi viveri, in zona limitrofa, dove ci siamo resi partecipi nella preparazione degli stessi.

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