WAFA e Ma’an. Il 13 gennaio, l’esercito israeliano ha dichiarato la cittadina cisgiordana di Nabi Saleh, area di residenza dell’attivista adolescente imprigionata Ahed al-Tamimi, “zona militare chiusa”, sigillandone gli ingressi e le uscite.
L’agenzia dell’Autorità palestinese, Wafa, ha riferito che le forze israeliane hanno creato barriere sulla strada principale che porta a Nabi Saleh e hanno impedito ai Palestinesi, compresi i giornalisti, di entrarvi.
Bilal al-Tamimi, il padre della sedicenne Ahed, detenuta dalle forze israeliane il mese scorso per un video in cui era ripresa mentre dava schiaffi e calci a un soldato israeliano, ha dichiarato che l’esercito sta impedendo ai non residenti di entrare nella cittadina.
Tuttavia, Wafa ha riferito che alcuni Palestinesi sono stati in grado di entrare prendendo strade alternative ancora più lunghe per partecipare a una protesta.
Decine di Palestinesi hanno sofferto per l’inalazione di gas lacrimogeni sparati dalle forze israeliane durante la repressione della protesta a sostegno di Ahed e nel rifiuto del riconoscimento, da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, di Gerusalemme come capitale d’Israele.
La cugina di Ahed, Nour, è stata rilasciata, mentre sua madre Nariman e sua zia sono ancora detenute, e recentemente anche uno dei suoi cugini è stato arrestato durante un raid notturno.
Più di una settimana fa, un altro cugino di Ahed, Musaab al-Tamimi, di Deir Nitham, è stato ucciso dalle forze israeliane.
La famiglia Tamimi di Nabi Saleh è nota a livello internazionale per il suo attivismo contro l’occupazione israeliana, che mantiene una presenza pesante e quasi costante nella loro cittadina.