“Nakba, da Terra Santa a Terra occupata”

Comunicato stampa dell’Associazione culturale Marte. 15/5/2020.

Street art, Nell’anniversario della Nakba, la catastrofe palestinese, a Milano appare “Nakba, da Terra Santa a Terra occupata”, una grande opera di 4 metri per due.

“Nakba, da Terra Santa a Terra occupata” è il titolo della grande opera su muro realizzata dalla street artist, l’artivista Cristina Donati Meyer, per ricordare la cacciata dei palestinesi dalla propria terra in occasione della nascita dello Stato d’Israele. L’opera, che ricorda i 72 anni dalla occupazione della Palestina e dalla cacciata dei palestinesi, rappresenta un bambino che con le due mani fa il segno della vittoria, di fronte alla grande moschea del “Duomo della Roccia”, terza località sacra dell’Islam, sulla spianata delle Moschee, a Gerusalemme.

L’artista, di origini ebraiche, è sempre stata schierata a fianco dei più deboli e degli oppressi, in questo caso i palestinesi.

L’opera è stata completata e affissa a Milano, oggi 15 maggio, in occasione del 72° anniversario della Nakba.

Nel 1948, i Palestinesi subirono la più grande tragedia della loro storia, la Nakba (catastrofe).

La nakba causò l’espulsione di 750.000 Palestinesi, sia all’interno, sia all’esterno dei territori destinati allo stato ebraico con il Piano di Ripartizione delle Nazioni Unite del 1947 che facilitò la creazione di Israele sul 78% della Palestina storica.

Tale evento portò a un tragico punto di svolta per il popolo palestinese, attraverso il saccheggio della loro terra, cultura, proprietà, ricchezza e destino, i massacri e le pulizie etniche sistematiche e lo sradicamento e dislocazione, per mano delle bande paramilitari, di decine di migliaia di autoctoni, e l’apolidia tuttora in corso.

Oltre 780 tra città e villaggi furono svuotati dai loro abitanti, rimpiazzati da coloni provenienti da Europa e Stati Uniti.

Gli studi dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, dimostrano come l’89% dei Palestinesi sfollati furono costretti a fuggire dalla macchina bellica israeliana, il 10% dal terrorismo psicologico e dalla minaccia diretta e indiretta, e meno dell’1% se ne andò di propria spontanea volontà.

Il 51,6% dell’area della Cisgiordania è direttamente controllata da Israele – il 9,3% è costituito da insediamenti; il 2,3% di reti stradali, il 20% di aree militari chiuse, il 20% di terra statale. Ci sono 150 insediamenti e 128 avamposti in Cisgiordania, oltre a 15 insediamenti nella Gerusalemme occupata; 94 basi militari e 25 zone industriali. Il numero di coloni in Cisgiordania supera 670.000; a Gerusalemme est (araba), sono 228.000. Secondo i dati diffusi nel 2019 dall’Ufficio centrale palestinese di Statistica (PCBS), il numero dei Palestinesi nel mondo è di circa 14 milioni di persone, così suddivisi: 7 milioni nella Palestina storica – 5 milioni in Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme; 2 milioni nei Territori occupati del 1948 (Israele); 6 milioni nei Paesi Arabi; circa un milione in Stati al di fuori del mondo arabo.

Secondo i dati registrati dall’UNRWA, i rifugiati palestinesi vivono in 58 campi profughi, 10 dei quali in Giordania, 9 in Siria, 12 in Libano, 19 in Cisgiordania e 8 nella Striscia di Gaza. (Fonte API). Ai palestinesi, oggi, rimarrebbe, in teoria, solo il 15% della Palestina storica.

“Oggi chiunque osi criticare le politiche di destra, espansioniste, militariste e di occupazione d’Israele, viene tacciato di antisemitismo, sorte che tocca anche agli scampati dai campi di sterminio nazisti e a chi, come me, vanta origini ebraiche. Un ricatto al quale non bisogna cedere”, conclude la Meyer.

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