Negare diritti alle famiglie di minorenni incarcerati è incostituzionale, afferma Corte Suprema israeliana

Tel Aviv – MEMO. I giudici della Corte Suprema di Giustizia israeliana sono profondamente divisi su una legge discriminatoria che considera i genitori responsabili dei crimini di un minorenne. La pratica è stata etichettata come una forma di punizione collettiva, un sistema ampiamente utilizzato dalle forze d’occupazione israeliane in Cisgiordania. Ma giovedì la questione è arrivata ai giudici della Corte Suprema per un verdetto su una legge che consente di negare i diritti del governo ai genitori dei minorenni detenuti per reati contro la sicurezza.

Cinque dei nove giudici hanno stabilito che questa disposizione viola il diritto all’uguaglianza e ha concesso alla Knesset israeliana un anno per affrontare le clausole problematiche nella legge sulla previdenza nazionale del 2015. La legge prevede che, in caso di condanna di un minorenne per un grave reato di sicurezza, compreso il lancio di sassi, i diritti dei genitori relativi al minorenne siano sospesi durante la detenzione del figlio.

Il caso ha raggiunto la Corte Suprema a seguito di una causa di Adalah. L’organizzazione per i diritti umani intraprende cause legali a nome dei cittadini palestinesi di Israele contro le numerose leggi discriminatorie israeliane che sono citate dai critici come prova della pratica dell’Apartheid da parte dello stato d’occupazione. Adalah ha presentato una petizione ai giudici a nome dei genitori di sette minorenni a cui erano stati negati i benefici.

Gli avvocati che difendono lo stato israeliano hanno affermato che la legge “è progettata per incentivare i genitori ad impedire ai propri figli di commettere tali reati”. Gli avvocati del governo hanno anche difeso l’applicazione di questa regola ai minorenni palestinesi che lanciano pietre. “Il reato di lancio di sassi, in particolare, è unico in quanto non richiede alcuna attrezzatura o preparazione per essere effettuato, quindi è più ‘accessibile’ ai giovani che cercano di fare qualcosa e che lo fanno”, secondo quanto affermato dagli avvocati dello stato, pur insistendo sul fatto che questa forma di punizione non è unica.

Dopo la delibera, i giudici hanno deciso di sospendere la legge per un anno per consentire al parlamento israeliano di rivedere gli emendamenti, se lo desidera. “Credo che la violazione fondamentale del diritto costituzionale all’uguaglianza in questo caso risieda nel fatto che l’accordo nega una serie di benefici ai genitori di minorenni che sono stati condannati ed incarcerati per reati di sicurezza, senza esaminare la condotta ed il collegamento del genitore all’offesa”, ha affermato il giudice Esther Hayut.

Un secondo giudice ha cercato di sostenere che la legge non fa distinzione tra ebrei ed arabi e quindi non vi è violazione del diritto all’uguaglianza. Sebbene la legge non sia considerata mirata specificamente ai cittadini non ebrei di Israele, la sua applicazione sarebbe altamente discriminatoria. I cittadini palestinesi di Israele sono spesso costretti a protestare contro la discriminazione che subiscono a causa delle leggi razziste israeliane.