Negare i diritti ai palestinesi è l’obiettivo delle elezioni israeliane

Ma’an. Di Rashid Shahin (*).

Per i palestinesi, in particolare nei territori occupati, le elezioni israeliane implicano sempre un aumento delle azioni contro di loro; comportano più violazioni dei diritti dell’uomo, punizioni collettive, più arresti, confische delle terre, ed altre misure ingiuste. Generalmente, è un evento spiacevole.

I partiti politici israeliani competono fra di loro sui trattamenti più feroci destinati ai palestinesi, sugli ostacoli che creeranno prima dell’accordo di pace cercando di ostruire le trattative, e su come cercheranno di scoraggiare le ambizioni del popolo palestinese di avere il proprio stato indipendente.

Dopo 45 anni di occupazione e più di sessanta anni di conflitto tra palestinesi e osraeliani, il popolo ed i capi palestinesi sono al corrente degli obiettivi di Israele.

Quando la Gran Bretagna conferì al popolo ebraico ciò che al tempo era conosciuta come la dichiarazione di Balfour, lo scopo era di creare un’entità che servisse gli interessi coloniali del Regno Unito nella regione e di cacciare il popolo ebraico che allora viveva sia in Gran Bretagna che in Europa.

Dopo vari slogan e giustificazioni, il popolo ebraico venne convinto, manipolato e in molti casi trascinato o spinto ad emigrare nella storica Palestina, gli venne detto che quella era la terra promessa, la terra dei loro antenati, nonostante  fosse europeo e che l’Europa fosse anche la sua casa ed che i suoi antenati fossero vissuti e morti lì.

L’obiettivo dei capi britannici e sionisti era chiaro, la loro intenzione era di creare un’entità coloniale più di qualsiasi altra cosa.

Da allora, il conflitto ebbe molte sfaccettature, con conseguente istituzione dello Stato di Israele nel 1948; in seguito 450 villaggi vennero cancellati dalla mappa della Palestina e  centinaia di migliaia di Palestinesi che vennero sradicati dalle loro terre, con gruppi sionistici che commisero massacri  in molte città e villaggi.

I capi sionistici, che hanno governato Israele per 65 anni, credono ancora nel loro mito – una terra senza popolo per un popolo senza terra – un mito che molti storici israeliani hanno negato e sfatato, un mito che la risoluzione 194 delle Nazioni Unite corregge, senza ambiguità, dichiarando che i palestinesi hanno diritto al ritorno, dimostrando quindi che la Palestina era abitata dalla sua gente.

L’Israele sionista tratta i palestinesi come se non esistessero, senza riguardo su quanto è stato detto circa i procedimenti e le trattative di pace fatte ad Oslo venti anni fa.

Il modo in cui gli israeliani occupano la terra ci fa capire come i loro capi continuino a negare al popolo palestinese i propri diritti e neghi il fatto che esistano e che abbiano il diritto di avere il proprio stato indipendente.

Basta un semplice controllo sui programmi elettorali dei partiti israeliani per comprendere la concorrenza che si fanno a vicenda: promesse di confiscare più terre ai palestinesi, autorizzazione ad espandere le comunità esistenti e la costruzione di nuove sulla terra palestinese occupata.

Gli appelli per incrementare il processo di pace scompaiono nelle pubblicità e nei programmi elettorali, alcuni partiti chiedono l’annessione della cosi detta Area C, che è circa il 60 per cento dell’attuale Cisgiordania, mentre altri votano per creare più comunità ebraiche a Gerusalemme ed intorno ad essa, per rendere i palestinesi una minoranza in città.

Alcuni giorni fa, quando il presidente israeliano Shimon Perez descrisse il presidente palestinese Mahmoud Abbas come un uomo coraggioso e un vero partner per la pace, è stato furiosamente attaccato dai funzionari di Likud e da Benjamin Netanyahu; Il quotidiano israeliano Haaretz ha descritto l’attacco come isterico.

Negli ultimi anni, la società israeliana si sta dirigendo verso destra, con più partiti e leader di destra che provengono dall’arena politica israeliana. Questi capi e partiti conoscono il fenomeno e sanno che più riusciranno a dirigere le loro folle con la retorica più estrema, più voti e popolarità otterranno.

Non c’è molta differenza fra i partiti di destra e sinistra in Israele; entrambi chiedono più terra, confische e più costruzioni di agglomerati urbani.

Durante gli anni dell’occupazione, realtà e fatti sulla terra dimostrano che il partito laburista israeliano, classificato come partito di sinistra, ha confiscato più terra palestinese di quanto fece Likud, con molte colonie create durante l’era del partito laburista.

I commentatori predicono che Likud andrà ancora una volta al potere con una coalizione dei partiti e gruppi di destra e dei fondamentalisti, e che questa sarà la scelta del popolo israeliano.

La posizione di tale coalizione riguardo al processo di pace è chiaro: più terra confiscata, più colonie, giudaizzazione della parte occupata di Gerusalemme, la Gerusalemme orientale, negando i diritti palestinesi e la soluzione dei due stati.

Quando Hamas venne scelto dai palestinesi nel 2006, la popolazione fu punita in massa per la sua scelta; i paesi occidentali con il supporto degli Stati Uniti, accusarono i palestinesi di essere estremisti per aver scelto un partito estremo.

Se il popolo israeliano sceglierà (e lo farà) i partiti estremi, i paesi occidentali si comporteranno allo stesso modo? Hanno intenzione di boicottare il governo estremo che si sta formando in Israele? Oppure gli stessi doppi standard verranno applicati, come di consueto, in Israele?

(*) L’autore è uno scrittore e  giornalista palestinese che vive a Betlemme.

Traduzione per InfoPal a cura di Miranda Follador