Negoziati inaccettabili: da Nicola Perugini, Università di Siena.

Riceviamo da Nicola Perugini -Università di Siena- e volentieri pubblichiamo.

NEGOZIATI INACCETTABILI

Mentre il sorridente premier Olmert pronunciava il suo discorso di fronte alla platea politica americana l’esercito israeliano "di difesa" ha effettuato un’incursione nel centro di Ramallah. Prima un’azione in borghese di alcuni uomini "travestiti da arabi" (così si definiscono in arabo), alla ricerca di "un presunto terrorista". Una volta riconosciuti
da alcuni abitanti di Ramallah, i "travestiti" hanno chiamato i rinforzi e le camionette dell’esercito di occupazione hanno dato il via alla solita incursione, sparando su chi lanciava pietre. Risultato: quattro morti palestinesi.

Raccontata così sembra la "solita" incursione israeliana, il "solito" sopruso e la solita dimostrazione di forza. Tuttavia l’accaduto invita a una riflessione più ampia. Che cosa significano due incursioni a Ramallah nell’arco di pochi giorni, una sotto casa di Abu Mazen e l’altra nel cuore dell’amministrazione palestinese in Cisgiordania?

Ovviamente i media italiani, o almeno la loro stragrande maggioranza, erano impegnati a "coprire" le notizie provenienti dagli incontri di Washington. A questi incontri è stato dato un senso prevedibile: 
1. Bush ne è uscito come il moderatore del conflitto mediorientale che avrebbe invitato Olmert a parlare con Abu Mazen.
2. Olmert ne è uscito come un politico ancora più "sincero" di Sharon, ancora più convinto della necessità di determinare definitivamente i confini dello stato immaginario che rappresenta.

In realtà è successo ben altro. Olmert ha invitato "sinceramente" (queste le sue parole) Abu Mazen a negoziare, prendendolo per il collo e dicendogli: "se vuoi negoziamo in fretta, molto presto, alle mie condizioni e a quelle del mio protettore politico, economico e
militare". Tutto secondo il solito copione dei negoziati: l’obiettivo è negoziare molto rapidamente, per discutere il meno possibile delle complesse istanze palestinesi e per trasformare il muro in frontiera annettendo terra occupata.

A questa strategia vanno ricollegati i fatti di Ramallah. Due incursioni, quella di ieri la più sanguinosa. Esse sono il riflesso delle condizioni che Israele intende imporre ai negoziati: vale a dire il mantenimento dell’occupazione militare. Infatti, che cosa faranno gli
israeliani dopo che avranno deciso i loro confini arbitrariamente, se non imporre al presidente palestinese di accettare l’ennesima "tutela" militare, in pieno stile coloniale?

Va ricordato che solo due giorni prima dell’incontro tra Olmert e Bush, lo stesso Olmert ha dichiarato che Abu Mazen è impotente, inaffidabile, incapace di negoziare e di mantenere il controllo sui Territori Occupati. Poi Olmert si è ricreduto e lo ha definito il vero partner di Israele, mentre nel frattempo i militari israeliani scorrazzavano sotto
casa sua. Questo doppiogiochismo è lo spirito classico dei "negoziatori" israeliani. Ma i negoziati si fanno ad armi pari. Non esistono negoziati in cui una delle due parti che è seduta al tavolo delle trattative sta esercitando il controllo militare sull’altra. Non esistono negoziati sotto la minaccia della fretta. I palestinesi attendono da decenni, quindi i confini del loro stato non possono essere decisi dalla fretta dei loro occupanti. I negoziati a queste condizioni sarebbero disastrosi, poiché sicuramente non porterebbero alla creazione di un
vero stato palestinese. Il territorio della Palestina ne uscirebbe ancora una volta pesantemente controllato dallo Stato Ebraico di Israele a cui Olmert fa riferimento.

Nicola Perugini  niper26@libero.it
Università di Siena

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