Nel 2010, uomini d’affari palestinesi hanno investito 2.5miliardi nelle colonie israeliane

Ramallah – Imemc, InfoPal. Uno studio condotto da un ricercatore di Betlemme ha rivelato che il volume degli investimenti di uomini d'affari palestinesi nel giro di costruzioni di colonie israeliane e all'interno di Israele è stato nel 2010 di 2.5miliardi di dollari.
Tesi di master, lo studio è stato condotto da 'Esa Smeirat, palestinese di 43 anni, rappresenta il primo nel suo genere e ha suscitato lo scalpore dei funzionari di entrambe le parti.

Il quotidiano israeliano “Haaretz” riporta che, il giro d'affari emerso dallo studio avrebbe prodotto almeno 213mila posti di lavoro.

Secondo la ricerca, 16mila businessman della Cisgiordania, con un permesso di ingresso permanente in Israele per motivi d'affari, hanno aperto un'attività o un'azienda nelle colonie israeliane nei Territori palestinesi occupati. Hanno avviato fabbriche e società con diverse filiali e tutte hanno pagato le tasse a Israele.

L'autore ha anche ricercato i motivi che hanno portato questi palestinesi a investire in Israele e all'interno dei suoi insediamenti, soprattutto dal momento che si tratta di uno degli aspetti più delicati per organizzazioni e attivisti per la Palestina i quali invitano al boicottaggio di Israele e della produzione proveniente dalle sue colonie.

Ad Haaretz Smeirat ha detto: “Data la sensibilità dell'oggetto di ricerca, si è evitato di rendere noti i nomi di questi uomini d'affari palestinesi. Contestualmente al mio studio, il ministero per l'Economia Nazionale dell'Autorità palestinese (Anp) lanciava la propria campagna di boicottaggio dei prodotti delle colonie”. L'accordo di Parigi, a detta di Smeirat, non proibisce questo tipo di investimenti nelle colonie.

Si tratta del Protocollo per le relazioni economiche, annesso all'accordo “Gaza-Gerico” tra l'Olp e Israele, firmato il 4 maggio 1994, nel quale si delineavano i rapporti tra le parti, poi rimpiazziato dal successivo accordo, noto come Accordo ad Interim su Cisgiordania e Striscia di Gaza, del 24 e 28 settembre 1995.

La ricerca di Smeirat è stata presentata alla fine dello scorso anno accademico dall'Università “al-Quds”. Egli ha potuto ottenere informazioni dettagliate dagli Uffici per il Commercio e l'Industria palestinesi.

Smeirat ha contattato 540 investitori, ha distribuito 420 questionari, e solo 374 di essi lo hanno restituito compilato. Della sua ricerca fanno parte anche 120 interviste.

Cosa dimostra il suo studio: la maggioranza di questi investitori parla ebraico e oltre la metà ha più di 40 anni. Tutti hanno lavorato all'interno di Israele.
Circa il 23% di essi ha lavorato in Israele prima di aprire una propria attività e solo lo 0.5% non parla ebraico.

1/5 di questi investitori ha ammesso di avere un business in Israele, nelle sue colonie, in Cisgiordania e all'estero, mentre un 17% ha ammesso di aver investito solo in Israele e nelle colonie. Circa il 90% di essi ha detto di aver investito per la prima volta in Israele.

La tesi di Smeirat è che questi investitori palestinesi abbiano scelto di fare affari in Israele e nelle colonie a causa della limitata capacità di investimento dei palestinesi, soprattutto dal momento che Israele controllla il 60% della Cisgiordania occupata insieme alle sue risorse naturali come l'acqua. Inoltre, le restrizioni imposte da Israele alla libertà di movimento di gente e beni, sorpattutto con il controllo di tutti i passaggi di frontiera della Cisgiordania, rendono la produzione palestinese prossima solo al mercato israeliano.

Le restrizioni imposte da Israele hanno causato un aumento dei costi d'acqua, energia e lunghi periodi di attesa sull'introduzione del materiale da costruzione. Questi fattori hanno aumentato il costo di produzione di circa il 30%.

Il capitale di 16mila investitori palestinesi nelle aree sotto la giurisdizione dell'Anp è distribuito più o meno come segue: 3.300 ad al-Khalil (Hebron), 3mila a Nablus e 3.100 a Ramallah, 2mila a Betlemme e mille ad al-Quds (Gerusalemme).

“Il volume degli investimenti palestinesi, – secondo Smeirat – si aggira intorno ai 7miliardi di dollari, 5miliardi di questi investimenti non riguardano solo Israele e le sue colonie, ma vengono investiti all'estero in progetti o contratti di fornitura, una questione che pone una sfida aperta alle opportunità di investimento in Cisgiordania”.

(Foto: Imemc).

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