“No alla normalizzazione con Israele”

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Memo. Di Seif al-Din Abdel-FattahIl ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, ha ammesso, durante il discorso tenuto alla conferenza annuale dell’Aipac – la maggior lobby sionista statunitense di supporto a Israele – che il rovesciamento di Mohammed Morsi e la presa del potere egiziano da parte di Abdel Fatah Al-Sisi sono stati programmati in accordo con i generali degli eserciti egiziani e del Golfo, nonché di agenzie di intelligence. Egli ha anche detto che gli interessi di Israele saranno sempre assicurati dalla presenza di regimi militari nel mondo arabo, specialmente in Egitto.
Egli si è scusato per il disprezzo della democrazia dei regimi militari usualmente dimostrato in Egitto, ma ha chiesto alla lobby di fornire maggior supporto ad Al-Sisi. Ya’alon ha anche dichiarato esplicitamente: «Noi abbiamo deciso di permettere al generale Al-Sisi, che allora era ministro della difesa, di prendere il potere mobilitando l’esercito al fine di farlo diventare presidente. L’Occidente dovrebbe considerare ciò di strategico interesse anche per sé».

Questa non è la prima volta che generali e rabbini dell’occupazione israeliana ammettono la necessità di mantenere la presidenza Al-Sisi in Egitto per preservare gli interessi di Israele. Gli archivi delle relazioni tra i due paesi sono pieni di adulazioni e frasi di appoggio totale per questo governo, che, secondo Wael Qandil, Israele sognava da anni. Il colpo di stato è stato l’opportunità, per Israele, di attuare l’estorsione al fine di continuare la propria strategia di normalizzazione.
In quanto alle relazioni tra i paesi arabi e Israele, normalizzazione significa che questi paesi, o le loro istituzioni e personaggi che portano avanti progetti di cooperazione, hanno scambi economici e commerciali, e diffondono la cultura di accettazione del nemico in un contesto di veleni politici e normalizzazione culturale mentre l’occupazione continua. In questo caso, normalizzazione non significa solo permettere lo sviluppo di rapporti tra l’oppressore e l’oppresso in assenza di giustizia e sotto continue occupazione e attività di insediamento: significa anche che coloro i quali normalizzano le relazioni con Israele tolgono volontariamente a Israele l’etichetta di nemico, accusando di ostilità chi resiste all’occupazione israeliana.

Divertenti in questi giorni sono le affermazioni rilasciate da leader arabi, funzionari dell’Autorità palestinese, il coro di scrittori e intellettuali arabi «sionistizzati», che non considerano i crimini commessi da Israele. Costoro cercano di cambiare l’etichetta di «nemico» attribuita a Israele in qualcosa di associabile a cooperazione e amicizia. La normalizzazione e l’abbandono del boicottaggio è un vecchio sogno di Israele, che risale alla fondazione dello stato nella Palestina occupata. Questa visione consiste nello stabilire relazioni normali e ordinarie tra le due parti, proprio come tra due parti in tempo di pace, unite da amore e rispetto, senza alcuna forma di contrasto o di ostilità.

Vediamo tutti la rilevanza della normalizzazione nelle relazioni tra Egitto e Israele dal colpo di stato del 3 luglio 2013, a livello politico, economico, della sicurezza e sulla difesa, nonché a livello culturale, dal momento che molti intellettuali, personalità dell’informazione e sportivi egiziani hanno evocato la normalizzazione a tutti i livelli.
Le operazioni di normalizzazione hanno raggiunto un livello straordinario, superando le normali relazioni tra la maggior parte di nazioni. Francamente, hanno raggiunto un livello vicino alla dipendenza dal nemico, e nulla prova ciò meglio delle pressoché regolari dichiarazioni, ufficiali e non, rilasciate da funzionari israeliani compiaciuti.

In passato eravamo soliti criticare i mezzi di informazione arabi ed egiziani per la mancanza di interesse nella campagna di boicottaggio contro Israele e contro le multinazionali che lo appoggiavano, presenti nei paesi arabi. Ora disponiamo di diverse piattaforme mediatiche attraverso cui attivare questa campagna in modo organizzato e a lungo termine.
Per esempio, possiamo iniziare adottando una campagna unitaria coordinata attraverso queste piattaforme. Si attuerebbero programmi regolari di opposizione alle operazioni di normalizzazione che si verificano a vari livelli. Ogni programma può riferirsi a uno dei livelli, sia esso politico, economico, culturale, sportivo, sulla sicurezza o sulla difesa.
Possiamo anche iniziare organizzando programmi mirati alla riattivazione della resistenza nella nazione, comprendenti il boicottaggio di Israele e dei paesi che lo supportano, o delle multinazionali presenti in tutti i paesi arabi e musulmani.
Tutte le nostre attività si basano sul fatto che Israele è un’entità nemica coloniale sionista che si è appropriata della terra di un’altra nazione. Non è un amico o un vicino, come viene considerato dal governo del colpo di stato o come pretendono alcuni intellettuali arabi e egiziani. Israele è un’entità coloniale rappresentata da un gruppo armato che ha fondato uno stato con la forza, l’assassinio, l’espulsione, le confische, l’evacuazione e altri mezzi di colonizzazione.
Per noi non c’è differenza tra le aziende che forniscono servizi alle masse israeliane e quelle che forniscono servizi all’esercito o agli insediamenti israeliani. Come non c’è differenza tra il gruppo armato che confisca terre e uccide bambini, e i coloni armati in abiti civili o militari. Dobbiamo ricordare che il sistema di reclutamento in Israele si basa sul principio dell’«Esercito del popolo» al quale ciascuno partecipa e che si mobilita nei periodi di pericolo.

E’ una vergogna per ogni arabo, cristiano o musulmano che sia, permettere alle aziende che forniscono servizi a Israele di esistere nel proprio paese, soprattutto a quelle aziende del settore alimentare e delle telecomunicazioni, settori nei quali gli arabi possono trovare delle alternative. Anzi, le alternative sono già presenti: ciò di cui gli arabi hanno bisogno è la volontà di intraprendere un’azione effettiva verso il boicottaggio.
Oltre a questo, possiamo parlare anche del continuo riferirsi, di Israele, a politiche di occupazione che violano il diritto internazionale, comprese le leggi che riconoscono la realtà del colonialismo. Aziende come Orange forniscono servizi alle colonie israeliane fondate illegalmente in base al diritto internazionale, e oggetto di condanna a livello internazionale.

C’è una disapprovazione universale delle politiche espansionistiche degli insediamenti israeliani sul territorio palestinese. Questa disapprovazione viene espressa dall’opinione pubblica, non dai governi: pertanto possiamo coordinarci con i leader delle campagne lanciate su questo argomento in Europa e in tutto il mondo, facendone una campagna unitaria lanciata dall’interno e dall’esterno.

Il triangolo della normalizzazione è rappresentato dal colpo di stato, dai suoi sostenitori «sionistizzati» e dagli strumenti della normalizzazione: resistere alla normalizzazione fa parte della resistenza al colpo di stato.

Traduzione di Stefano Di Felice