'Non ci sono civili in tempo di guerra': i Corrie affrontano l'esercito israeliano in tribunale

Non ci sono civili in tempo di guerra”: i Corrie affrontano l'esercito israeliano in tribunale .

Di Max Blumenthal (*), 9 settembre 2010.

In una piccola aula del Tribunale distrettuale di Haifa, il colonnello Yossi del Genio militare israeliano, autore di un manuale destinato alle unità di bulldozer che rasero al suolo il campo profughi di Rafah nel 2003, ha fornito la sua opinione sull'uccisione dell'attivista americana Rachel Corrie, avvenuta nel corso di quell'operazione: “Non ci sono civili in tempo di guerra”, ha dichiarato Yossi sotto giuramento.

Quest'affermazione notevole è giunta durante un contraddittorio con Hussein Abu Hussein, avvocato della famiglia della Corrie, la ragazza investita e uccisa da un bulldozer israeliano a Rafah il 16 marzo 2003. In fondo all'aula vi erano i genitori di Rachel, Craig e Cindy, e la sorella Sarah, ritornati in Israele per il secondo giro di udienze della loro causa civile contro lo Stato israeliano. Insieme a loro erano giunti sostenitori, amici e alcuni reporter, me compreso (leggere il report di Nora Barrows-Friedman per saperne di più). Nessun rappresentante dei media israeliani era presente – il caso è stato praticamente ignorato a livello nazionale.

Subito dopo la morte di Rachel, il col. Lawrence Wilkerson, allora capo di Stato maggiore del segretario di Stato Colin Powell, suggerì ai genitori di Corrie di chiedere un'“indagine completa, giusta e trasparente” da parte del governo israeliano. Da allora, gli israeliani hanno fatto muro di gomma, rifiutando di fornire i dettagli chiave della loro indagine, corrotta fin dall'inizio dagli evidenti tentativi degli inquirenti di dimostrare che Rachel non era stata uccisa da un bulldozer.

Un decreto-legge del 2003, presentato all'interno della Commissione della Camera dei deputati Usa per le Relazioni internazionali, chiese lo svolgimento di un'inchiesta sull'accaduto e lo sforzo da parte degli Usa di prevenire che simili atrocità si verificassero di nuovo, e raccolse settantotto firme favorevoli (Rahm Emanuel fu l'unico ebreo a firmare). Il deputato repubblicano Ileana Ros-Lehtinen, una degli alleati più fedeli della lobby israeliana all'interno del Congresso, impedì però al decreto di essere proposto all'esterno della Commissione. Il presidente George W. Bush avrebbe potuto spingere per una votazione generale, ma non fece nulla. Di conseguenza, il decreto fu ritirato.

Ostruiti dalle scorrette indagini israeliane e traditi dal loro stesso governo (con eccezioni notevoli, come l'ex deputato Brian Baird), i Corrie sono stat
i costretti a impugnare personalmente la situazione. Così hanno citato in giudizio il governo israeliano per irresponsabilità criminosa. Che riesca o no ad ottenere la sentenza in cui spera, la famiglia di Rachel ha già fatto emergere una serie di rivelazioni schiaccianti sugli
abusi di Gaza dell'esercito israeliano nel 2003, e sulle macchinazioni a cui è ricorso per oscurare le prove della sua condotta criminale.

Penso che ci troviamo in una situazione simile a quella del Sudafrica. Quel che stiamo cercando di far capire è che la verità va ricercata in modo diligente, altrimenti non arriveremo al punto di riconciliazione”, mi ha spiegato Craig Corrie, riferendosi alla Commissione per la Verità e la riconciliazione che ha permesso in Sudafrica la transizione pacifica da un sistema di apartheid alla democrazia rappresentativa. “Prima di tutto, dobbiamo capire ed ammettere qual è la verità”.

Ma fin adesso, la verità non è stata facile da trovare. Ai Corrie è stato affibbiato un giudice che, pare, non si è mai pronunciato a favore di una parte lesa in una causa civile. E la difesa ha invocato certe preoccupazioni non meglio specificate dello Stato sulla sicurezza, riuscendo a non rivelare tutto ciò che è stato scoperto dall'indagine sull'uccisione di Rachel Corrie – agli avvocati della famiglia è stato solo concesso di vederne un sommario. Ma gli sforzi dei Corrie non sono stati vani.

Il primo giorno di udienze, i loro legali sono stati in grado di confermare tramite la testimonianza di Oded, uno degli inquirenti dell'investigazione israeliana, che il gen. mag. Doron Almog, allora capo del Comando meridionale dell'esercito, aveva tentato d'impedire agli investigatori militari d'interrogare i guidatori del bulldozer assassino. Quando gli è stato chiesto perché non si oppose all'intervento palesemente illegale di Almog, Oded ha risposto che all'epoca aveva solo 20 anni, e solo da pochi mesi veniva addestrato nello svolgimento d'indagini. Era così rimasto intimidito dall'alto ufficiale, che irruppe nella stanza e minacciò lui e i suoi colleghi (Almog ha cancellato una visita nel Regno Unito per essere stato minacciato di arresto al suo arrivo; l'accusa era quella di aver ordinato la distruzione di cinquantanove case nel campo profughi di Rafah nel 2002).

Tra gli aspetti più inquietanti del caso Corrie vi è l'abuso del suo corpo da parte delle autorità israeliane subito dopo il suo assassinio. A questo proposito, Craig Corrie mi ha ricordato un'agitatissima conversazione telefonica avvenuta tra lui e Will Hewitt, ex compagno di classe ed amico di Rachel, che l'aveva appena vista morire.

Si sta facendo buio qui, e non ci sono refrigeratori per il suo corpo a Gaza!”, disse Will a Craig Corrie.

Aspetta fino a domani – replicò Craig – Non vogliamo che tu o qualcun altro veniate uccisi!”

Ma il suo corpo comincia a emanare un cattivo odore!”, ribattè Will.

In qualche modo, l'amico di Rachel e i suoi compagni attivisti dell'Ism – Movimento di solidarietà internazionale – riuscirono a portare la salma di Rachel Corrie fuori da Gaza. Ma prima di questo, le truppe israeliane ordinarono a Will di rimuovere il corpo dalla bara e di farlo passare dal checkpoint di frontiera. Solo a Will fu permesso di salire in ambulanza con il cadavere di Rachel; il resto degli attivisti che aveva assistito alla sua morte fu lasciato in mezzo al deserto e costretto a tornare a casa in autostop. Alla fine, il corpo fu trasportato fino all'Istituto di medicina legale Abu Kabir di Tel Aviv, dove il noto dottore Yehuda Hiss eseguì l'autopsia.

Chi è il dott. Hiss? Capo patologo d'Israele per un decennio e mezzo, Hiss venne coinvolto nel 2001 in un'indagine del ministero della Sanità israeliano sul furto di parti del corpo – gambe, testicoli, ovaie e altro – senza il permesso dei familiari, e sulla vendita della “refurtiva” a istituti di ricerca. I corpi “saccheggiati” da Hiss includevano sia quelli di palestinesi che di soldati israeliani. Venne finalmente licenziato nel 2004, quando si scoprì che il corpo di un adolescente ucciso in un incidente stradale era stato completamente rosicchiato da un ratto nel suo laboratorio.

In un'intervista con il ricercatore Nancy Schepper-Hughes, Hiss ammise che asportava gli organi quando era sicuro che i parenti delle vittime non si sarebbero accorti delle sparizioni, e che usava spesso la colla per tenere chiuse le palpebre ai cadaveri ai quali toglieva le cornee.

Quando Craig e Cindy Corrie vennero a sapere che Hiss avrebbe eseguito un'autopsia sulla loro figlia, decisero che gli avrebbero permesso di procedere solo se un funzionario del consolato Usa fosse stato presente durante l'intera procedura. Un report della polizia militare israeliana affermò che l'autopsia era stata effettivamente assistita da un funzionario Usa. Tuttavia, quando i Corrie chiesero ai funzionari diplomatici americani – tra cui l'ex ambasciatore Usa in Israele Daniel Kurtzner – se il report era stato sincero, fu riferito loro che alla procedura non era presente nessun loro connazionale. Gli israeliani avevano mentito alla famiglia Corrie, ed avevano evidentemente approntato un loro report per ingannare il governo americano.

Lo scorso 14 marzo, durante il primo giro di udienze, Hiss ammise sotto giuramento di aver mentito sulla presenza di un funzionario americano durante l'autopsia di Rachel, e di avere anche permesso di asportare dei “campioni” dalla salma per effettuare dei “test istologici” senza informarne la famiglia. Quali parti siano state asportate rimane poco chiaro; nonostante Hiss sostenga di aver “seppellito” i campioni, i familiari non ne hanno confermato l'ubicazione.

È terribile sapere che il corpo di Rachel non venne rispettato – mi ha detto Sarah, la sorella di Rachel -, il dott. Hiss e il governo israeliano sapevano qual era il volere della nostra famiglia. Il fatto che questo sia stato ignorato e che un giudice non abbia fatto niente è assolutamente spaventoso”.

Il trattamento a cui fu sottoposto il corpo di Rachel è una questione secondaria della causa intentata dai Corrie, ma dimostra fino a che punto lei e coloro per le cui case ha perso la vita siano stati de-umanizzati – “non ci sono civili in tempo di guerra”, come ha dichiarato Yossi. La famiglia della ragazza ha soltanto chiesto un dollaro come risarcimento simbolico da parte del governo israeliano. Il loro vero obiettivo è costringere un paese in continuo stato di guerra a trattare le vittime innocenti come esseri umani, e in caso contrario ad essere chiamato a rispondere delle sue responsabilità.

Per noi, portare avanti questa causa è incredibilmente dispendioso, sia emotivamente che finanziariamente – ha sottolineato Craig Corrie – È uno sforzo enorme per un cittadino comune. Ma come famiglia siamo ancora in grado di fare tanto, e dunque porteremo avanti qu
esto processo per tutti quelli che non possono farlo”.
 

Questo post è apparso originariamente sul blog di Max Blumenthal, qui.

(http://mondoweiss.net/2010/09/“there-are-no-civilians-in-wartime-”-rachel-corrie’s-family-confronts-the-israeli-military-in-court.html)

(*) Max Blumenthal è un giornalista investigativo, vincitore di premi Award e autore di bestseller, e i cui articoli e video-documentari sono apparsi sul The New York Times, The Los Angeles Times, The Daily Beast, The Nation, The Huffington Post, Salon.com, Al Jazeera English.

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