Non esiste legge al mondo per la quale è possibile togliere acqua agli esseri umani

Imemc. Israele sta colpendo sempre più duro con la sua guerra dell’acqua nelle colline meridionali di Hebron: pozzi demoliti, chilometri di condutture distrutti e sequestri di camion che trasportano serbatoi d’acqua di emergenza ai villaggi.

Nel soffocante mese di luglio, sono state demolite cinque infrastrutture idriche, lasciando villaggi di fattorie palestinesi senza acqua.

L’ultima ha avuto luogo il 31 luglio, quando l’amministrazione civile israeliana – l’organo che governa l’area C nella Cisgiordania – ha tagliato le condutture che rifornivano di acqua abitazioni e terreni agricoli a al-Jaway, vicino a at-Tuwani.

Tariq Hathalin, attivista locale delle colline meridionali di Hebron, afferma che il numero delle demolizioni di risorse idriche è più che raddoppiato durante l’anno in corso rispetto al precedente.

Ha riferito all’ISM: “Ora, in estate, sembra che l’amministrazione civile abbia in programma di ridurre l’accesso all’acqua ai palestinesi nelle colline meridionali di Hebron e nell’area C in generale. Questo per fare pressione su quelle persone affinché se ne vadano.

Dato che l’amministrazione non ha una scusa valida per espellerle dalla loro terra, li mette sotto pressione privandoli dell’acqua, per fare in modo che se ne vadano”.

Il 4 luglio i bulldozer hanno distrutto tre pozzi fuori dalla città di Dkeika, solo un giorno dopo essere già stati nella stessa area e aver sradicato 500 ulivi.

La distruzione dei pozzi e degli alberi ha colpito circa 1200 persone, il 60 per cento delle quali registrate con lo stato di rifugiati, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari -OCHA.

Il 24 luglio sono state anche distrutte quattro cisterne d’acqua in un parco tra le cittadine di Umm al-Kheir e Umm Daraj.

“Conosco la realtà di queste persone”, ha aggiunto Tariq, che ha assistito alla demolizione. “Li chiamo i nemici della vita e loro stessi ne danno prova tagliando alberi, distruggendo condutture idriche e togliendo la vita alle persone”.

Il collettivo “Good Shepherd”, un gruppo per i diritti umani localizzato prevalentemente nelle colline del sud di Hebron, associa l’escalation di demolizioni alle azioni dell’organizzazione non governativa di coloni di estrema destra Regavim.

Regavim, che riceve finanziamenti dai contribuenti israeliani e ha lo status di associazione no profit, spia le comunità palestinesi cercando strutture costruite senza permessi e riportandolo all’ICA. Hanno poi accelerato i casi di demolizione nei tribunali attraverso petizioni. Il loro impatto devastante può essere notato nel repentino incremento delle demolizioni nelle colline a sud di Hebron: quest’anno sono state abbattute con i bulldozer o confiscate 65 strutture, in confronto alle 23 dello stesso periodo dello scorso anno, secondo quanto riporta l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari.

“Per chi ha ancora delle perplessità sull’incolpare lo stato o l’amministrazione civile per gli atti di demolizione, il messaggio di queste azioni all’interno di aree naturali dovrebbe essere chiaro”, ha affermato il collettivo Good Shepherd.

“Lo stato, i coloni e le organizzazioni come Regavim che spingono sulla distruzione di queste aree, strutture e risorse dei palestinesi non sono motivate dalla salvaguardia dei diritti umani, della tutela ambientale o dalla protezione della natura”.

La serie di attacchi a risorse idriche, a luglio, arriva dopo che Israele ha distrutto una grande conduttura idrica all’inizio di quest’anno, che riforniva di acqua corrente 12 villaggi palestinesi nelle colline a sud di Hebron. Queste condutture erano state costruite in segreto e ci sono voluti quattro mesi per la loro installazione. Ma solo sei mesi dopo, Israele le ha distrutte tagliando 20 km di sostegno alla vita.

I 12 villaggi sono dovuti ricorrere al vecchio metodo per avere acqua, trasportando serbatoi su trattori lungo strade dissestate che rovinano gli pneumatici e fanno perdere preziose giornate di lavoro.

Trasportare acqua in questo modo va ad aggiungersi al peso economico dei piccoli villaggi dell’area, costando 30 shekel per un metro cubo. Israele ne paga solo 8 per metro cubo.

Anche i camion non vengono risparmiati dalla guerra all’acqua di Israele: il 15 luglio, 18 taniche sono state confiscate. Nello stesso raid, diverse migliaia di dollari di condutture e strumenti per la trivellazione sono stati sequestrati.

“È difficile da accettare che quelle persone, esseri umani come noi, siano d’accordo nel privare dell’acqua e quindi della vita altre persone come loro”, dice Tariq.

“È molto distante dalla legalità. Non esiste legge al mondo che dice di poter tagliare l’acqua alle persone e vietare loro l’accesso alle risorse idriche. È pazzesco”.

Le colline del sud di Hebron, nell’area C della Cisgiordania, sono sotto il controllo israeliano. I palestinesi nella regione non hanno il permesso di installare condutture o pozzi, né di agganciarsi alla rete idrica che Israele ha posto attraverso il suolo palestinese per rifornire gli insediamenti illegali. Il risultato è che i villaggi nell’area sono soggetti a spietati attacchi non solo sulle loro risorse idriche, ma anche sui terreni e case.

Traduzione per InfoPal di Giulia Barbini