Non esulteremo mai per la vittoria di Joe Biden, il Giano Bifronte sui diritti civili

Di L.P. InfoPal. Sono bastati pochi giorni dalla vittoria che già la propaganda mediatica del mainstream ha santificato il duo Biden-Harris. Non hanno ancora fatto niente che già la loro storia è agiografia, ricca di aspettative, ricca di retorica enfatica manichea su come il “bene” abbia vinto sul “male” (Trump). La vulgata dello “zio buono d’America” sta invadendo le pagine Facebook di opinionisti da tastiera ma anche di attivisti di ogni tipo con tanto clamore per la sconfitta di Trump, senza però analizzare e riflettere razionalmente su ciò che andremo incontro. Se analizziamo hegelianamente la storia degli USA nel suo complesso non si può dire che Trump è stato il peggiore Presidente degli USA, perché i Presidenti degli USA sono stati tutti, senza distinzione alcuna, dei nemici della democrazia, della giustizia sociale, della pace e dei diritti umani. Non si può dire che Trump sia stato meglio di Obama, come non si può dire che Obama era meglio di Trump, come non si può nemmeno pensare che la Clinton sarebbe stata la giusta alternativa a Trump. E, come sempre, non potremo dire lo stesso per Biden anche per quanto riguarda i diritti civili.
Sebbene i media in questi giorni l’abbiano fatto passare come un paladino dei diritti, la sua storia dice esattamente il contrario, dimostrandosi una vera e propria trottola in grado di sostenere tutto e il suo contrario.
Nel 1981, votò un emendamento costituzionale, che non passò, per consentire agli Stati di ribaltare la Roe v. Wade, la legge che consente l’aborto negli USA, e poi improvvisamente, nel 1982, votò contro lo stesso emendamento costituzionale. Sempre nel 1981 votò per porre fine al finanziamento federale per l’aborto per le vittime di stupro e incesto. Dal 1976, Biden ha sostenuto l’Hyde Amendment, una disposizione legislativa che vietava l’uso dei fondi federali per pagare l’aborto tranne che per salvare la vita della donna, o se la gravidanza deriva da incesto o stupro. All’improvviso, dal 6 giugno 2019, Biden ha annullato il suo sostegno all’emendamento e ora ne sostiene l’abrogazione.
Nel 2003, Biden votò per la Partial-Birth Abortion Ban Act, “legge sul divieto di aborto per nascite parziali del 2003”, ma improvvisamente nel 2007, si oppose alla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che confermava questa legge nel caso Gonzales v. Carhart. Difese la sua opposizione, dicendo che si opponeva “al ragionamento del tribunale per la sentenza, non alla decisione stessa”. Nel 2006 dichiarò, in un’intervista: “Non vedo l’aborto come una scelta e un diritto. Penso che sia sempre una tragedia”, ma ora afferma che prenderebbe in considerazione la possibilità di codificare Roe v. Wade nella legge federale nel caso in cui la sentenza fosse annullata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Improvvisamente, dal 20 giugno 2019 Biden ha fatto dichiarazioni contro la pena di morte, sostenendone l’abolizione e incentivando gli stati ad abbandonarla. Però, prima del 2019, l’aveva sempre sostenuta e fu tra i relatori del Violent Crime Control and Law Enforcement Act nel 1994 che includeva, nel Titolo VI, il Federal Death Penalty Act il quale a sua volta introduceva 60 nuovi reati di pena di morte ai sensi di 41 statuti capitali federali. La pena di morte, con questa legge, venne estesa per crimini relativi ad atti di terrorismo, per omicidio di un ufficiale delle forze dell’ordine federali, per sparatorie in auto con conseguente morte, per uso di armi di distruzione di massa con conseguente morte, per furti d’auto con conseguente morte e, udite udite, per “omicidi legati ai diritti civili”.

Il Violent Crime Control and Law Enforcement Act ha formato più agenti di polizia, aumentato le pene detentive, costruito più prigioni, incentivato le incarcerazioni di massa prolungate che hanno avuto un forte impatto sulle minoranze afroamericane.
Infatti per quanto sia stato fatto passare come sostenitore di alcuni temi di Black Lives Matter in campagna elettorale, Biden non ha radicalmente preso posizione sulle rivendicazioni nere in questi mesi. All’indomani dell’uccisione di George Floyd, Black Lives Matter ha avviato dei dibattiti politici sull’abolizione dei dipartimenti di polizia e Biden si è dichiarato, nel giugno 2020, totalmente in disaccordo. Sempre a giugno Biden consigliava alla polizia americana di sparare alle gambe piuttosto che al torace, mentre i media neo-con affermavano che lui si opponeva agli omicidi da parte della polizia.
In qualità di senatore, Biden ha forgiato a lungo rapporti profondi con gruppi di polizia ed è stato uno dei principali fautori della Carta dei Diritti degli Agenti di Polizia che è stata sostenuta dai sindacati di polizia ma osteggiata dai vertici. Come candidato alla presidenza del 2020, Biden è stato criticato da sinistra per la sua proposta di raddoppiare la spesa federale per i programmi di polizia, che vuole incrementare fino a 300 milioni di dollari. Eppure, durante il funerale di George Floyd, ha parlato di “giustizia razziale” e nel settembre 2020 ha condannato il “razzismo istituzionale negli Stati Uniti e la violenza della polizia contro le comunità afroamericane”. Sembra un ossimoro, ma non lo è.
Nel 1986 votò il Firearm Owners Protection Act, che rivedeva in senso restrittivo le normative che consentivano a un individuo o a una attività largo spazio d’azione nella produzione e nell’importazione di armi da fuoco e munizioni. Un disegno di legge sostenuto dalla National Rifle Association (NRA), lobby bellica e grande sponsor di Trump e dei movimenti sovranisti d’estrema destra, con il fine di detenere sempre di più il monopolio delle armi.
Eppure, pochi anni dopo, Biden sostenne il Brady Handgun Violence Prevention Act del 1993, che ha stabilito periodi di attesa di cinque giorni per l’acquisto di armi e controlli dei precedenti personali e, nonostante questa legge non risolvesse il problema della diffusione delle armi negli USA, si fece nemico la NRA che invece puntava sempre più ad una liberalizzazione delle armi. Questo però gli permise il sostegno della Brady Campaign, organizzazione per prevenire la violenza armata che ha approvato la sua campagna presidenziale per le elezioni 2020.

Dopo essere stato precursore di molte leggi repressive verso gli immigrati, nel 2006 Biden votò il Secure Fence Act, che autorizza e parzialmente finanzia la costruzione di recinzioni del Muro Messicano, con la solita scusa di “combattere il traffico di droga transfrontaliero”. Nonostante ciò, alla faccia della coerenza, Biden ha criticato la promozione dell’estensione del Muro Messicano da parte di Trump poiché, secondo lui, il contrabbando attraverso i porti di ingresso legali è il modo più efficace in cui il mercato nero della droga entra negli USA, attraverso “tunnel di confine, navi semi-sommergibili e tecnologia aerea”. A tal proposito, durante la campagna elettorale, ha proposto maggiore sicurezza lungo il confine e nei porti di ingresso attraverso la tecnologia e le infrastrutture con il supplemento di telecamere, sensori a raggi X su larga scala e torri d’avvistamento con un coordinamento tra le agenzie federali USA, messicane e canadesi. Militarizzazione dei confini che però viene coperta dalla sua più “pacifica” proposta di sostenere un percorso verso la cittadinanza per gli immigrati privi di documenti attualmente negli Stati Uniti.
Durante la campagna elettorale 2020, Biden ha pubblicato il “Biden Plan for Securing Our Values as a Nation of Immigrants”, in cui si impegna a “proteggere il nostro confine, garantendo la dignità dei migranti e sostenendo il loro diritto legale di chiedere asilo (…) far rispettare le nostre leggi senza prendere di mira le comunità, violare il giusto processo o fare a pezzi le famiglie, (…) garantire che i nostri valori siano esattamente al centro delle nostre politiche di immigrazione e applicazione” e creare un “sistema di immigrazione equo e umano”. Anche questo un ossimoro rispetto alle sue posizioni di sempre e quello che ha proposto al confine messicano, che però trovano consenso in opposizione alle politiche di separazione familiare attuate dall’amministrazione Trump nei confronti della popolazione messicana che hanno portato alla segregazione di bambini messicani in disumane gabbie metalliche.
Nel 1996, Biden votò a favore del Defense of Marriage Act (DOMA) che vietava al governo federale di riconoscere qualsiasi matrimonio tra persone dello stesso sesso, vietando agli individui in tali matrimoni l’eguale protezione ai sensi della legge federale e consentendo agli stati di fare lo stesso. Nel 2004 cambiò idea e, in Senato, Biden criticò fortemente i Repubblicani al Congresso per aver adottato un emendamento costituzionale che vietava il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nel 2013, quando Biden era vicepresidente degli USA, con la United States v. Windsor, una storica causa sui diritti civili delle coppie omosessuali, la Corte Suprema degli Stati Uniti ritenne incostituzionale la Sezione 3 del DOMA, legge sostenuta da Biden che negava il riconoscimento federale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Da qua in poi Biden diventerà un sostenitore dei diritti Lgbt a tal punto da sostenere, durante la sua campagna elettorale, una legislazione per vietare la discriminazione contro le persone transgender e per combattere i crimini d’odio contro le persone LGBT.
Sembra quasi che tutta la carriera di Biden sia stata attraversata da ossimori, contraddizioni dovute a cambi di opinioni velocissimi e contrapposti anche a distanza di pochi anni, soprattutto in materia di diritti umani e civili. Tra questi ovviamente anche le posizioni ferree e mai rinnegate sulla militarizzazione del confine messicano. Eppure gli è stato assegnato un punteggio di approvazione del 60% dalla American Civil Liberties Union (ACLU) che riflette un record di voto misto su questioni di diritti civili. Questi sono solo piccole informazioni che mettono in luce chi sia veramente Joe Biden e quali casacche abbia cambiato sui diritti civili e quante prese di posizione diverse o uguali abbia preso in contesti molto ben diversi. Ora sarà il suo operato a parlare e quale futuro sarà riservato per i diritti civili.

(Foto: 2020 Getty Images).

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