Non potranno tenersi elezioni senza Gerusalemme e Hamas

di Oraib Rantawi

Memo. Pare che Israele voglia porre molteplici ostacoli alle attese elezioni palestinesi, che intenda impedire l’allestimento dei seggi elettorali ad al-Quds (Gerusalemme) – la “capitale eterna dello stato ebraico”, e che non voglia la partecipazione, diretta o indiretta, di Hamas, fino a che il Movimento di resistenza islamica non accetti le condizioni poste dal Quartetto.

Nel 1996 e nel 2006, Israele permise l’inclusione di Gerusalemme tra i distretti palestinesi dove si sarebbero svolte le elezioni. Nel 2006, permise anche a Hamas di partecipare. Allora, nessuno, soprattutto gli israeliani, si aspettavano la vittoria di Hamas, ma Hamas vinse con la maggioranza dei seggi al Consiglio legislativo (Clp). Il governo di Netanyahu vieterà oggi ciò che i passati governi d’occupazione avevano permesso?

E’ inutile dire che nessun palestinese accetterà elezioni che lasceranno fuori Gerusalemme e i candidati di Hamas: procedere senza di essi significherebbe perdere una grande fetta di legittimità. In assenza di Gerusalemme e di Hamas, allora sarebbe meglio posticipare o annullare le elezioni piuttosto che votare alle umilianti condizioni imposte da Israele.
I palestinesi sanno bene che le condizioni del governo Netanyahu sono probabili. Grande responsabilità ricade su Autorità palestinese (Anp), Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), Paesi arabi e comunità internazionale, chiamati a sfidare l’arroganza israeliana. Possiamo vincere usando tutte le carte che abbiamo a nostra disposizione e tessere alleanze. Anche Israele insegna che “il potere della logica non può sopraffare la logica del potere”, e noi useremo entrambe: logica e potere.

Israele impone tali condizioni come forma di pressione sull’Anp, per farla tornare ai negoziati. Ma si tratta di un tentativo irragionevole e crudele per un compromesso da rifiutare in qualsiasi circostanza.
Questo è uno dei punti di maggior rilevanza e che dobbiamo perseguire nell’immediato per la riconciliazione palestinese.

Alcuni commenti allarmanti chiamano in causa la possibilità di posticipare la formazione del governo di unità nazionale fino a quando non si avranno garanzie internazionali sull’allestimento di elezioni palestinesi in tutte le aree dell’Anp e con la partecipazione di tutti palestinesi che lo desiderano. Questa non è propriamente un’opzione, né dovrebbe intendersi in termini di giorni o settimane, ma dovrebbe semmai diventare la “soluzione”.

Esiste internazionalmente una “base di comprensione” secondo cui le elezioni dovrebbero svolgersi similmente a quanto fu fatto nel 2006, quindi includendo Gerusalemme e Hamas. Questa posizione potrà essere edificata e sviluppata per mezzo della consapevolezza democratica e l’acquisizione delle libertà in tutto il mondo arabo.

Secondo i medesimi commenti, il presidente ‘Abbas non ha la volontà di svolgere la carica di presidenza in un governo permanente, o comunque in uno a lungo termine, come è per il governo di Salam Fayyad; una sorta di governo “fiduciario”.

Nelle discussioni sulla riconciliazione, ‘Abbas ha accettato di guidare il governo di transizione con due compiti fondamentali: elezioni e ricostruzione di Gaza.

Il modo con cui Israele sta prendendo tempo per permettere o meno lo svolgimento delle elezioni palestinesi tuttavia, non è altro che un limite al calendario della riconciliazione palestinese. Se ci fossero segni di un’azione internazionale contro le condizioni volute da Israele, allora assisteremo al governo di unità guidato da ‘Abbas, ma la dilazione israeliana sta producendo una lungo rinvio e allora, dovremmo intendere un altro presidente. E’ importante che il processo di riconcilizione non diventi vittima dell’arroganza israeliana.

Ci sono i presupposti per parlare di intesa su tali questioni, quella raggiunta da ‘Abbas e Khaled Mesha’al, leader di Hamas, negli incontri di Doha e del Cairo, definiti positivi e distesi. Tuttavia, battibecchi tra funzionari, assistenti e portavoce di entrambe le parti, indicano una frattura. Da qui nascono i timori che Israele possa far ricadere la responsabilità per l’interruzione delle elezioni sugli stessi palestinesi. Se permetteremo che ciò accada, allora avremo perso sia le elezioni, sia la riconciliazione nazionale, e non ci resterà che tornare nelle piazze.

*Oraib Rantawi, fondatore e direttore generale di Al Quds Center for Political Studies, ‘Amman.