Non è stato Trump a far morire la soluzione dei due stati: era già morta da tempo

-1941012185PIC. Di Motasem A Dalloul. La nuova amministrazione USA, guidata da Donald Trump, ha annunciato lo scorso mercoledì 15 febbraio che mettere fine al conflitto israelo-palestinese tramite la soluzione dei due stati non è più una soluzione strategica. Un portavoce del Presidente ha dichiarato ai giornalisti: “Nessuno vorrebbe arrivare alla soluzione dei due stati senza riuscire a garantire la pace”.

Il funzionario della Casa Bianca, che non ha rivelato il proprio nome, ha poi aggiunto: “Se chiedessi a cinque persone cos’è la soluzione dei due stati riceverei otto risposte diverse… L’obiettivo primario è la pace, che essa arrivi con la soluzione dei due stati, se è questo che vogliono le due parti [Israele e Palestina] o in un altro modo”.

Secondo il Jerusalem Post, prima dell’incontro di mercoledì scorso tra Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha dichiarato che il presidente statunitense ribadisce la propria volontà di raggiungere “un accordo inclusivo che metta fine al conflitto israelo-palestinese” senza però precisare se la soluzione dei due stati sia la via prescelta.

Questo dimostra che gli Stati Uniti non sono interessati all’idea, tanto sperata dai palestinesi, di creare uno stato indipendente nei territori occupati da Israele nel 1967 con capitale Gerusalemme Est. Questo è anche ciò a cui aspira quasi tutta la comunità internazionale, o almeno così ci è stato fatto credere.

Trump ha cambiato radicalmente la posizione degli Stati Uniti a riguardo, ormai consolidata da decenni. Il suo predecessore, Barack Obama, riteneva che la soluzione dei due stati fosse l’unica via d’uscita dal conflitto. Gli israeliani, tuttavia, vogliono far convergere questa soluzione dalla loro parte sin dal momento in cui Israele fu creato nel 1948 sui territori palestinesi. L’abbandono della soluzione è stato annunciato apertamente dai funzionari israeliani prima della visita di Netanyahu negli Stati Uniti questa settimana.

Netanyahu e il ministro della Sicurezza pubblica, Gilad Erdan, hanno dichiarato che “gli insediamenti non sono un ostacolo alla pace”; il commento del primo ministro è arrivato in risposta a Trump che gli chiedeva di “fermarsi per un po’ con gli insediamenti”. Il presidente americano sa, come tutti, che gli insediamenti sono il problema maggiore in quanto ricoprono sempre più territori che spetterebbero allo Stato della Palestina e sono uno strumento fondamentale della colonizzazione israeliana. Di conseguenza, minano la soluzione dei due stati ed è proprio questo lo scopo per cui vengono utilizzati.

Che la “soluzione dei due stati” sia solo una farsa elaborata per prendere tempo e permettere così a Israele di appropriarsi dei terreni palestinesi è ormai palese da anni; molti politici israeliani hanno specificato che la soluzione non è assolutamente nel loro programma. Erdan, ad esempio, si è limitato a ribadire le sue considerazioni precedenti riguardo questa soluzione. Durante una conferenza dell’International Institute for Counter-Terrorism, nel 2014, ha dichiarato che “continuare a parlare di uno stato palestinese con la stessa determinazione e convinzione di 15-20 anni fa è da irresponsabili”.

Il suo collega Miri Regev, ministro della Cultura, ha ribadito che una possibilità sarebbe creare un unico stato tra il Mediterraneo e il fiume Giordano, e ha chiesto a Israele di valutare le opzioni per i palestinesi, dalla “cittadinanza all’autonomia”, come ha riportato il Times of Israel.

Secondo il giornale il ministro per la parità, Gila Gamliel, ha chiesto al governo israeliano di adottare una proposta, fatta nel 2012, che prevedeva la legalizzazione degli insediamenti in Cisgiordania, attualmente illegali anche secondo la legge israeliana. Così ha fatto anche Yisrael Katz, ministro dei Trasporti, che ha fatto appello a Netanyahu affinché dicesse a Trump di opporsi alla soluzione dei due stati. Il disegno di legge per la “legalizzazione” è stato approvato dallo Knesset la scorsa settimana.

In verità, durante la sua campagna elettorale nel 2015, Netanyahu aveva giurato di non creare uno stato palestinese sotto il suo mandato. Secondo quanto riportato da Haaretz all’epoca aveva dichiarato agli elettori che, se lo avessero rieletto primo ministro, lo stato palestinese non sarebbe stato creato. “Credo che chiunque faccia un passo verso la creazione di uno stato palestinese e l’evacuazione dei territori dia le terre in mano ai radicali islamici nonché il via libera agli attentati contro Israele”, aveva dichiarato.

Inoltre, Haaretz ha fatto notare che quando Netanyahu aveva formato l’attuale governo aveva scelto come responsabile delle negoziazioni con l’Autorità Palestinese un funzionario contrario alla creazione di uno Stato indipendente, che aveva dichiarato in un incontro del Likud nel 2012: “Siamo tutti contrari a uno Stato palestinese, non ci sono dubbi a riguardo”.

Secondo il principale alleato del governo Netayahu ed esponente della Casa Ebraica, Naftali Bennett, la creazione di uno Stato palestinese sarebbe “un disastro per i prossimi 200 anni”. “Non ci sarà uno Stato palestinese nel territorio israeliano”, aveva detto al Guardian quattro anni fa. “Non succederà”.

Nel 2013, il ministro dei Trasporti israeliano Katz, avrebbe detto al JPost: “Io sono contrario allo Stato palestinese… È inaccettabile, specialmente per i nostri diritti su questo territorio… A mio parere, una soluzione giusta e diplomatica sarebbe la creazione di un’entità palestinese indipendente ma affiliata civilmente e politicamente alla Giordania”.

Il principale diplomatico israeliano all’ONU, Danny Danon, ha dichiarato all’emittente radiofonica Israeli National Radio di non credere affatto nella soluzione dei due stati. “Basta con la soluzione dei due stati. Terra-per-la-pace è un concetto ormai superato. Non vogliamo la creazione di uno stato palestinese. Dobbiamo applicare la sovranità israeliana su tutte le comunità ebraiche in Cisgiordania”.

Nonostante ciò, nel 2015 Barack Obama aveva dichiarato: “Io continuo a credere che una soluzione dei due stati sia assolutamente fondamentale non solo per la pace tra israeliani e palestinesi, ma per la sicurezza duratura di Israele in quanto stato democratico ed ebraico”. Tuttavia, anche lui ha riconosciuto che all’interno del governo israeliano “ci sono persone che non credono assolutamente in questo provvedimento”.

Perché i funzionari dell’Autorità Palestinese continuano a credere nella soluzione a due stati? Principalmente perché per decenni gli è stato imposto di accettare qualsiasi soluzione imposta dalla comunità internazionale. In cuor loro, però, sicuramente sanno che la creazione di uno stato da considerare proprio sta diventando sempre più improbabile. Dopotutto, hanno visto avvicendarsi presidenti degli Stati Uniti, primi ministri europei e segretari generali delle Nazioni Unite, nessuno dei quali è stato capace – o ha voluto – mantenere la promessa fatta al popolo palestinese.

Perciò, non dovremmo sorprenderci per quello che Donald Trump ha detto nella conferenza stampa con Netanyahu. Non è stato il presidente USA a far morire la soluzione dei due stati; era già morta da tempo, se è mai stata una possibilità concreta.

Traduzione di Giovanna Niro