Nuove case coloniali: disaccordo fuori e dentro Israele.

Gerusalemme. È stato riportato ieri dai media israeliani l'avvio dei lavori a una nuova serie di case per i coloni a Gerusalemme est, mentre l'amministrazione Usa aspetta che Israele risponda di questa sua decisione di espandere gli insediamenti ebraici nella Città Santa.

Il ministero dell'Edilizia israeliano, riferisce il giornale in lingua ebraica Yedioth Ahronot, progetta infatti di costruire 1.300 nuovi edifici nelle colonie di Pisgat Ze'ev, Nabi Yakov e Har Homa, che richiedono tuttavia l'approvazione del primo ministro Benjamin Netanyahu, alla luce della recente crisi delle relazioni Usa-Israele.

Spiega il giornale come l'ultima proposta edilizia sia comunque a uno stadio avanzato, ed abbia già ricevuto il sostegno del comitato edilizio regionale – la sua esecuzione richiederebbe soltanto un appoggio politico.

Un funzionario del ministero dell'Edilizia ha inoltre rivelato a Yedioth un'affermazione fatta lo scorso dicembre dal ministro Ariel Itas, che suggerì di posizionare 54 nuove unità edilizie fuori dalla Linea verde, in modo da distrarre la comunità internazionale dall'ulteriore espansione coloniale a Gerusalemme est.


Lo stesso funzionario ha poi aggiunto che i recenti piani su Gerusalemme est sarebbero molto più complessi delle proposte precedenti, e per questo occorrerebbe l'approvazione del primo ministro.

All'interno della Knesset emerge tuttavia anche il dissenso sulla questione: il parlamentare Abraham Micheal, del partito dello Shas, aveva infatti chiesto che questi ed altri piani riguardanti Gerusalemme, la cui discussione era prevista ieri, fossero ritirati dal comitato di esperti. “Non è il momento adatto”, aveva dichiarato Micheal, riferendosi alle tensioni degli ultimi giorni, e aggiungendo che il sindaco della Gerusalemme israeliana Nir Barkat “mi ha chiesto di ritardare la discussione della bozza”.


Richiamo Usa sull'espansione coloniale

Il Segretario di Stato Usa Hilary Clinton ha richiamato Netanyahu in seguito all'annuncio della prossima costruzione di 1.600 nuove unità abitative in una colonia di ebrei ortodossi a Gerusalemme est, proprio mentre il vice presidente Usa Joe Biden era in visita in Israele allo scopo di rilanciare il dialogo con i Palestinesi. La decisione israeliana è stata inoltre rivelata poco dopo l'assenso ufficiale dell'Olp a partecipare alle trattative con Israele mediate dagli Stati Uniti.

Lo stesso Netanyahu ha definito la mossa israeliana “offensiva” per le relazioni Usa-Israele. Tuttavia, sostiene egli stesso, l'effetto non sarebbe stato intenzionale, e sarebbe inoltre stato creato un comitato per scoprire in che modo il Ministero dell'Interno abbia potuto annunciare le nuove costruzioni senza che il governo ne fosse stato informato in precedenza.


Martedì, intanto, la Clinton ha dichiarato durante una conferenza stampa tenutasi a Washington che, mentre l'amministrazione Obama aspetta ancora che Israele risponda formalmente degli ultimi eventi, “siamo impegnati in consultazioni molto attive con gli israeliani riguardo alle misure da prendere per dimostrare l'interesse richiesto per questo processo. Tuttavia, l'amministrazione Obama è interessata alla soluzione dei due stati. Siamo interessati alla ripresa dei negoziati tra le parti”.

“Riteniamo – prosegue la ex-First lady – che la leggendaria pazienza di George Mitchell si rivelerà vincente quando il processo riprenderà, perché la posta in gioco è semplicemente troppo alta sia per i palestinesi che per gli israeliani… Il nostro obiettivo attuale è quello di assicurarci il pieno impegno sia dei nostri partner israeliani che di quelli palestinesi in questo sforzo”.

(Fonte: Ma'an)