Nyet alla pace, è l’ora del falco Lieberman.

Nyet alla pace, è l’ora del falco Lieberman
Nuovo vicepremier in arrivo in Israele. Ha già capitalizzato il voto degli immigrati russi, vuole sistemare l’Iran e cacciare gli arabi. Ed è popolarissimo

Michelangelo Cocco

Il fulmine non arriva a ciel sereno: un recente sondaggio del quotidiano Yedioth Ahronot definiva Avigdor Lieberman come il politico che gli israeliani vorrebbero come prossimo primo ministro. Con ogni probabilità tra pochi giorni saranno quasi accontentati e si ritroveranno il 58enne ebreo askenazita e leader di un partito di estrema destra come vice premier.
Nato 58 anni fa a Chisnau, la capitale della Moldavia allora parte dell’Unione sovietica, Lieberman sbarca nello Stato ebraico nel 1978. Nel 1993 entra nel Likud (il partito conservatore), ma già sei anni dopo, nel ’99, fonda Yisrael Beitenu (Nostra casa Israele). C’è da raccogliere il consenso elettorale dell’ondata migratoria giunta negli anni ’90 dall’ex Urss: un milione di nuovi cittadini, circa 1/5 della popolazione israeliana (una parte dei quali con credenziali ebraiche molto dubbie) disposta a esprimere un voto di destra e fortemente anti-arabo. La svolta per Lieberman arriva nelle elezioni del marzo scorso, quando con l’aiuto di un guru americano degli strateghi elettorali, il repubblicano Arthur J. Finkelstein, e di uno slogan martellante: «Nyet, Nyet, Da», no, no, sì – rispettivamente a Netanyahu, Olmert, e Liberman – riesce a guadagnare migliaia di voti e undici seggi alle legislative di cui il suo Yisrael Beitenu rappresenta assieme al partito dei pensionati la principale sorpresa.
La precondizione posta da Lieberman per il sostegno all’esecutivo Olmert da parte del suo Yisrael Beytenu è quella di avere per sé un ministero legato alla sicurezza: prima aveva chiesto la difesa poi la sicurezza pubblica alla fine ieri si è arrivati al compromesso della creazione di un nuovo ministero tutto per lui, quello delle «minacce strategiche». I commentatori israeliani parlano di un vero e proprio commissariamento per il ministro della difesa Amir Peretz, uscito con le ossa rotte dalla recente inconcludente guerra del Libano. Sia come sia, Olmert ritiene Lieberman un ottimo consigliere per gli affari militari e ieri un botta e risposta tra i due ha dato un assaggio di quello che potrebbe essere il ruolo del secondo. Quando il primo ministro ha annunciato che gli darà la poltrona di vice premier e un ministero nuovo di zecca, quello per le «minacce strategiche contro Israele», Lieberman ha risposto con decisione: il pericolo numero uno si chiama Iran.
Nel maggio scorso, durante un dibattito in parlamento, Lieberman chiese la condanna a morte per i deputati arabo-israeliani colpevoli di «collaborazionismo» con Hamas. I membri della Knesset «che collaborano con il nemico devono essere processati – esclamò in aula – proprio come alla fine della Seconda guerra mondiale ci furono i processi di Norimberga e l’esecuzione della leadership nazista». Sdegno da parte dei deputati arabi e intervento del premier Ehud Olmert che fu costretto a dichiarare: «Non possiamo fare dibattiti improntati all’estremismo e all’intolleranza, è giunto il momento di parlare senza slogan e senza violare la legge». Come ricorda Ali Haidar, a capo dell’associazione israeliana per l’eguaglianza civile Sikkuy: «come ministro del governo Sharon nel 2001 chiese il transfer (l’espulsione dallo Stato ebraico, ndr) di una parte dei cittadini arabi dichiarando: "Li vedo come cittadini dello Stato d’Israele? No. Sono colpevoli? Sì. Devono trovare un altro posto dove sentirsi sereni"».
Ahmad Tibi, deputato della Lista araba unita Ta’al ha recentemente dichiarato al quotidiano Yedioth Ahronot: «Anche se già ci sono dei razzisti in questo governo, l’inclusione di Lieberman aumenterà l’importanza del razzismo e del fascismo e sposterà l’odio anti-arabi dalle strade al governo. Il suo è un partito fascista israeliano il cui motto è odiare gli arabi. Israele ha boicottato l’Austria sul caso di Jorg Haider per molto meno».
Colono di Nokdim, un insediamento ebraico nei Territori occupati, a sud ovest di Gerusalemme, Lieberman è un grande difensore anche dei cosiddetti «avamposti d’insediamenti», quel centinaio di micro colonie (tutte illegali secondo il diritto internazionale) costruiti dopo il marzo 2001 che – secondo quanto previsto dalla road map – Israele dovrebbe «smantellare immediatamente». Secondo quanto riferito da fonti vicine al governo israeliano, uno dei punti dell’accordo di governo sarebbe proprio la «legalizzazione» di una parte di quegli insediamenti, che vanno ad aggiungersi ai circa 120 di vecchia data. Ma il suo pallino di Lieberman per la soluzione ai problemi di sicurezza dello Stato ebraico resta il piano per ridisegnare la Linea verde, il confine armistiziale tracciato nel 1949 che rappresenta la frontiera tra Israele e i Territori occupati. Il triangolo della regione di Wadi-Ara, trasferito a Israele dalla Giordania come parte dell’armistizio dopo la guerra del ’48, va restituito agli arabi, per cacciarne da Israele una buona parte

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