Nella sua relazione bisettimanale, l’organizzazione internazionale ha dichiarato che i dati si riferiscono al periodo dal 2 al 15 giugno.
“Ciò rappresenta un aumento del 250% rispetto alla media settimanale dall’inizio dell’anno”, afferma il rapporto, rilevando che “61 delle strutture colpite erano situate nell’area C, di cui nove precedentemente classificate come di assistenza umanitaria”.
Ha aggiunto: “Tra le aree più colpite vi è Massafer Yatta, nel sud di Hebron, dove le autorità israeliane hanno demolito 17 case, cisterne e strutture legate alla sussistenza [dei palestinesi]”.
Massafer Yatta, osserva il rapporto, è un’area designata come “zona di tiro” per l’addestramento militare israeliano e “i suoi 1.300 residenti affrontano un ambiente coercitivo che li mette a rischio di trasferimento forzato”.
Secondo quanto riferito, “nove delle strutture colpite si trovavano nella Gerusalemme est, di cui quattro sono state demolite dagli stessi proprietari palestinesi, per evitare tasse municipali e possibili danni ad altre strutture ed oggetti personali”.
L’UNOCHA ha affermato che “l’aumento delle demolizioni e degli sfollamenti nel corso della pandemia […] di covid solleva serie preoccupazioni”.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.