ONU: a giugno, picco di demolizioni israeliane di strutture palestinesi

Gerusalemme/al-Quds – WAFA. Il numero di strutture di proprietà palestinese demolite o sequestrate a giugno di quest’anno ha subito un aumento del 48% rispetto alla media mensile dall’inizio dell’anno, secondo quanto affermato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) nei Territori Palestinesi Occupati.

In un nuovo rapporto sulle demolizioni e lo sfollamento nei Territori occupati a giugno del 2022, si afferma che le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto le persone a demolire 96 strutture di proprietà palestinese in tutta la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, 20 delle quali erano state fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori.

Di conseguenza, 79 persone, tra cui 36 bambini, sono state sfollate e sono stati colpiti i mezzi di sussistenza o l’accesso ai servizi di altre 6.400 persone.

Tutte le strutture, tranne due, sono state prese di mira per la mancanza di permessi di costruzione, che sono quasi impossibili da ottenere per i palestinesi nell’Area C e a Gerusalemme Est. 84 delle strutture si trovavano nell’Area C, 10 a Gerusalemme Est e due sono state demolite come punizione nell’Area B, afferma il rapporto.

Giugno ha segnato anche un record per l’emissione di ordini di demolizione, in particolare contro edifici finanziati dall’UE, con un totale di 55 strutture di questo tipo a rischio di demolizione.

Delle 20 strutture finanziate da donatori demolite o sequestrate a giugno 2022, 11 erano state pagate dall’UE o dai suoi Stati membri, per un valore complessivo di oltre 18.600 euro, tutte nell’Area C. La maggior parte delle demolizioni è avvenuta a Ibziq, nel governatorato di Tubas, un’area designata dalle autorità israeliane come “zona di tiro” per addestramento militare, e dove le comunità palestinesi sono a rischio di trasferimento forzato.

Altre 55 strutture finanziate dall’UE o dai suoi Stati membri, per un valore di oltre 222 mila euro, hanno ricevuto ordini di sospensione dei lavori o di demolizione, costituendo così il numero più alto di strutture umanitarie a rischio di demolizione in un solo mese, da quando l’OCHA ha iniziato a registrare questi casi. La maggior parte di queste strutture si trovava a Massafer Yatta, nel sud di Hebron.

Ventotto delle 96 strutture demolite o sequestrate a giugno si trovavano in comunità di pastori designate “zone di tiro” da Israele. Quasi il 30% dell’Area C è designata come tale, e le 38 comunità palestinesi in queste aree di addestramento sono tra le più vulnerabili in Cisgiordania, con accesso limitato ai servizi essenziali e alle infrastrutture di base.

Nella comunità di pastori di Ibziq, nella Valle del Giordano settentrionale, le autorità israeliane hanno demolito 19 strutture, cinque delle quali erano state create come assistenza umanitaria dall’UE o dai suoi Stati membri, in risposta a precedenti demolizioni, colpendo così 23 famiglie, tra cui 143 persone (di cui 62 bambini).

A Khirbet al Fakheit e Mirzek, entrambi nell’area di Masafer Yatta, nel sud di Hebron, le autorità israeliane hanno demolito un totale di nove strutture, tutte fornite come aiuti umanitari finanziati da donatori in risposta alle demolizioni precedenti. Di conseguenza, 38 persone, tra cui 16 bambini, sono state sfollate. Il 4 maggio, la Corte Suprema di giustizia israeliana ha approvato lo sgombero dei palestinesi che vivono a Massafer Yatta, mettendo 1.144 persone, tra cui 569 bambini, a rischio imminente di trasferimento forzato. Il 23 giugno, il Coordinatore umanitario ad interim ha chiesto di fermare le demolizioni, le attività militari e altre misure sempre più coercitive, in modo che i residenti possano rimanere nelle loro case in sicurezza e dignità.

A giugno, delle 96 strutture prese di mira, due sono state sequestrate senza preavviso nell’Area C, impedendo ai proprietari di presentare ricorso.

Inoltre, nelle comunità dell’Area C di Ni’lin e Bir Zeit (entrambe a Ramallah) e al-Buweib (a Hebron), le autorità israeliane hanno demolito quattro strutture, in ottemperanza all’ordine militare 1797, che prevede solo un preavviso di 96 ore e motivi molto limitati per impugnare legalmente una demolizione. Ciò ha colpito cinque famiglie, costituite de 24 persone, inclusi 12 bambini. Un totale di 201 strutture di proprietà palestinese sono state demolite sulla base di quest’ordine, da quando è entrato in vigore, nel luglio del 2019.

Dieci strutture, tra cui cinque abitazioni, sono state demolite a Gerusalemme Est: otto sono state demolite dal Comune di Gerusalemme e due dai proprietari, a seguito dell’emanazione degli ordini di demolizione.

Nei primi sei mesi del 2022, la percentuale di strutture demolite dai proprietari a Gerusalemme Est, a seguito dell’emissione di ordini di demolizione, ha raggiunto il 44 per cento, rispetto alla media del 35 per cento dei cinque anni precedenti. Ciò è stato attribuito alla nuova legislazione israeliana, che limita l’autorità dei tribunali israeliani a intervenire e consente alla municipalità di Gerusalemme di esercitare pressioni sulle famiglie affinché demoliscano le loro proprietà.