ONU: Israele ha “portato avanti una politica di distruzione del servizio sanitario di Gaza” 

Gaza – Quds News. La guerra genocida di Israele a Gaza ha seguito una “politica concertata” per distruggere il sistema sanitario dell’enclave, ha rivelato mercoledì una commissione indipendente delle Nazioni Unite.

“Il nostro rapporto all’Assemblea Generale, che abbiamo presentato questa mattina, esamina gli attacchi alle strutture e al personale medico e il trattamento verso detenuti ed ostaggi dal 7 ottobre 2023 all’agosto 2024”, ha dichiarato Navi Pillay, presidente della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, e Israele, in una conferenza stampa presso la sede delle Nazioni Unite a New York.

Ha affermato che i risultati hanno rivelato “una politica concertata per distruggere il sistema sanitario di Gaza”, aggiungendo che “i detenuti palestinesi sono stati sottoposti a maltrattamenti persistenti da parte delle autorità israeliane, che equivalgono alla tortura come crimine di guerra e crimine contro l’umanità”.

“Intendiamo continuare a perseguire l’adempimento del nostro mandato, anche in relazione alla formulazione di raccomandazioni, in particolare sulle misure di responsabilità”, ha dichiarato, impegnandosi a porre fine all’impunità e a garantire la responsabilità legale.

Il rapporto presentato all’Assemblea Generale ha rivelato che “migliaia di palestinesi, soprattutto uomini e ragazzi di Gaza, sono stati detenuti arbitrariamente e tenuti in isolamento”.

“Le forze israeliane hanno usato i detenuti come scudi umani sia in Cisgiordania che a Gaza, costituendo un crimine di guerra”.

La commissione ha riferito che i detenuti palestinesi, compresi gli anziani e i bambini, “sono stati sottoposti a maltrattamenti persistenti da parte delle autorità israeliane, tra cui percosse, bendaggio e ammanettamento continui, grave sovraffollamento, minacce di morte, umiliazioni, privazione del cibo, limitazione dell’igiene appropriata e rifiuto di [fornire] cure mediche”.

Alla domanda sulle conseguenze legali e sulla “lentezza dei processi” presso la Corte Penale Internazionale (ICC), Pillay ha risposto: “È un processo lento, ma ci stiamo arrivando. Ci stiamo arrivando soprattutto grazie all’attivismo della società civile, delle vittime e delle commissioni come la nostra”.

Per quanto riguarda i “passi positivi” che i Paesi dovrebbero compiere per porre fine all’occupazione israeliana, Pillay ha affermato che “ogni Stato ha l’onere, in base al diritto internazionale, di prendere provvedimenti per non cooperare con l’occupazione stessa”.

Ha ricordato a tutti i Paesi la responsabilità di “non continuare a sostenere questa occupazione [israeliana]. Si tratta di qualsiasi sostegno – militare, politico o di riconoscimento – anche per quanto riguarda lo spostamento delle ambasciate a Gerusalemme”.

“Dovete cambiare il vostro modo tradizionale di trattare la situazione”, ha detto.

Pillay ha fatto notare l’esistenza di “due pesi e due misure” nei confronti della Palestina, soprattutto da parte di alcuni Stati membri, e ha sottolineato che “enormi violazioni” si sono verificate storicamente prima del 7 ottobre, dando la colpa all’occupazione.

Interrogata sulla constatazione di “crimini di guerra” contro i palestinesi e sulle responsabilità, Pillay ha detto che ci sono più di “10 mila prove” che riguardano “l’esistenza di prove di genocidio”.

“Ci siamo dedicati alla raccolta di prove con l’obiettivo di assicurare la responsabilizzazione”, ha detto, notando che “non c’è nessun altro organo delle Nazioni Unite con un mandato investigativo e che la commissione è ‘handicappata’. Non ci è permesso di entrare nel Paese”.

Pillay ha affermato che ci sono modi e misure che il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale possono adottare quando uno Stato membro non si adegua, ricordando il caso del Sudafrica e della sua sospensione fino alla fine dell’apartheid.

Chris Sidoti, membro della commissione, ha criticato la decisione di Israele di vietare le attività dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) e ha fatto notare che nove membri dello staff sono stati licenziati dopo che Israele li ha accusati di aver preso parte all’operazione del 7 ottobre.

“Questo è più del numero di membri del personale che le Forze di Difesa israeliane hanno licenziato per violazioni delle leggi umanitarie internazionali, come crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, ha detto, aggiungendo che l’esercito israeliano è molto indietro nel “trattare le accuse e le indagini sulla cattiva condotta dei dipendenti”.

Sidoti ha osservato che l’UNRWA “ha fatto risparmiare ai contribuenti israeliani miliardi di dollari negli ultimi 57 anni […] perché Israele, in quanto potenza occupante ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra, è responsabile della cura, della protezione e della fornitura di servizi alle persone sotto occupazione”.

“Se l’UNRWA viene espulsa, il costo per il contribuente israeliano sarà enorme. Quindi, questa decisione è negativa per i palestinesi e ridicola per i contribuenti israeliani”, ha aggiunto.

Traduzione per InfoPal di F.L.