Palestina, dopo il massacro la tregua?

Da www.islam-online.it

Si fanno insistenti le voci di colloqui in corso

Palestina, dopo il massacro la tregua? 
 
Riprendiamo con la nostra solita grafica dopo alcuni giorni di oscuramento della nostra pagina in conseguenza alla notte della politica, delle coscienze e del giornalismo che è scesa nel nostro paese durante la violentissima aggressione che le forze armate dello Stato d’Israele hanno scatenato contro la popolazione della striscia di Gaza.

Abbiamo preferito infatti che i nostri visitatori trovassero solo alcuni video e il link all’agenzia Infopal che, unica testata quotidiana di tutto il panorama editoriale italiana, offre quotidianamente un’informazione puntuale e ragionata su quanto avviene in Palestina e nei dintorni (politici e culturali) del paese che non c’è.

Oltre a quello c’era in noi un senso di rabbia e amarezza e scrivere in quei giorni avrebbe significato dar sfogo all’invettiva, abbiamo preferito tacere e lasciare che altri e le immagini parlassero della tragedia in atto.

Intanto c’è stato l’attentato alla scuola rabbinica di Gerusalemme e non possiamo, anche noi come altri, ricordare la frase di Gandhi: “Occhio per occhio e tutto il mondo è cieco”, siamo certi infatti che non è avvitandosi in una spirale, per altro fortemente sbilanciata, di azioni e reazioni che il popolo palstinese riuscirà a vincere la sua battaglia di libertà, giustizia e dignità.

In questi ultimi 7 anni il bilancio delle perdite ha registrato una tragica progressione a svantaggio dei palestinesi: se dal 2000 al 2005 era di 4 palestinesi per ogni israeliano, nel 2006 il rapporto è stato 30 a uno, 40 a uno nel 2007 e negli negli ultimi tre mesi (dalla conferenza “di pace” di Annapolis) sono 323 i resistenti uccisi a fronte di 15 israeliani (compresi gli otto studenti della yeshivah estremista uccisi il 6 marzo), 5 di loro erano militari impegnati nell’azione contro la gente di Gaza.

Sarebbe d’altronde illusorio e del tutto ignaro della storia dell’occupazione della Palestina, dal 1948 ad oggi, sperare che rinunciando a qualsiasi forma di lotta armata si potrebbe indurre l’occupante a fare la stessa cosa. In tutti i periodi in cui la resistenza palestinese, di qualsivoglia tendenza, ha dichiarato una tregua unilaterale o l’ha di fatto osservata, le forze armate e i servizi di sicurezza dello stato ebraico non hanno mai smesso la loro azione di repressione e intimidazione, abbassandone semmai l’intensità, per riportarla ai livelli più alti in seguito a qualche “provvidenziale” (per loro) attentanto.

Ora si parla insistentemente di colloqui in corso tra Hamas e il governo israeliano e questa sarebbe la via più corretta per arrivare, inch’Allah, ad una tregua che sia propedeutica ad una pace giusta che garantisca ai popoli che vivono in Palestina e in tutto il Medio Oriente giustizia e sicurezza.



 

 

 

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