Palestinesi di Deheisheh e Capitan Nidal, lo spaccaginocchia

dheisheh-refugee-campMcc43. Questa immagine del campo profughi di Deheisheh, o Duheisha, mostra un ambiente non diverso da quello di un nostro paesino in un pomeriggio estivo, ma è ingannevole. Il campo si estende per molto meno di un km² (0,33) e ci vivono 15.000 Palestinesi, di cui un terzo è senza lavoro. A conti fatti una densità di 45.000 per km² ! Colpisce ancor più se comparata con quella della popolazione sulle terre emerse del globo, 48, o con quella dell’Italia, 206. Ma non è tutto. Nel campo, che pure è soggetto all’Autorità Palestinese, le strade sono invase incondizionatamente dalle uniformi verde oliva delle forze terrestri israeliane.
Deheisheh si trova nelle vicinanze di Betlemme, è sorto nel 1949 per ospitare temporaneamente i profughi di quarantacinque villaggi (ovest di Gerusalemme e Hebron/AlKhalil) in tende che nel tempo e con l’aiuto dell’ UNRWA sono diventate case, con strade e allacciamenti alle forniture essenziali. Questa la quotidianità:

Un portavoce dell’esercito israeliano ha detto a Ma’an che le forze israeliane hanno aperto il fuoco sui Palestinesi di al-Duheisha dopo lo scoppio di una “rivolta violenta” avendo centinaia di Palestinesi lanciato pietre ed esplosivi ai soldati israeliani che compievano un raid nel campo. Ha anche aggiunto di essere a conoscenza che 7 Palestinesi erano stati feriti dai proiettili veri durante gli scontri.

Nessuno può ragionevolmente aspettarsi che la popolazione subisca inerte l’irruzione nelle case, le perquisizioni, gli arresti, l’interruzione delle proprie attività, i furti (accade…)  e la violenza che i soldati israeliani sono programmati per mettere in atto. A Deheisheh come altrove in Cisgiordania, vedere  La vergogna dell’Occupazione israeliana: i coloni di Hebron – Al Khalil).

Rispondere con munizioni vere e mirare al corpo (in un punto preciso…) è un’aggressione, non un’operazione per sedare una rivolta, fomentata probabilmente anche dalle  minacce verbali del comandante israeliano noto nel campo come Capitan Nidal.
Questa immagine è il futuro che l’orco promette ai giovani Palestinesi:

deheisheh-palestinesi-feriti-ginocchia“Farò di voi un campo di disabili” minaccia Capitan Nidal, “Vi farò camminare tutti con le stampelle ” O ridurrò metà di voi in  sedia a rotelle e lascerò l’altra metà a spingervi”. E ancora “Vi ridurrò tutti in fila al bancomat in attesa di prelevare i sussidi d’invalidità” .

Questa la versione di BADIL, the Resource Centre for Palestinian Residency and Refugee Rights,riportata da Middle East Monitor, cui fa eco Haaretz in un articolo del sito (o in pdf )  scritto da Amira Hass.
E’ intitolato Is the IDF Conducting a Kneecapping Campaign in the West Bank? Campagna “spaccaginocchia”. Nel sottotitolo “Il numero di Palestinesi ferito da proiettili veri è in aumento, a chi tira pietre vien detto che affrontare i soldati rischia di lasciarli paralizzati per tutta la vita.”

“Tre recenti incursioni delle Forze di Difesa israeliane in meno di due settimane sul campo di Deheisheh,  sud di Betlemme, si sono concluse con un certo numero di arresti, ma 15 persone hanno subito gravi ferite da arma da fuoco. Il gran numero di Palestinesi che i soldati hanno ferito mirando alle ginocchia, lasciandoli probabilmente disabili per tutta la vita, ha fatto ricordare a tutti i molti altri feriti in modo simile nei raid precedenti.”

L’osservatore dell’ONU, Makarim Wibisono, dimissionato nel 2014, è stato sostituito a luglio 2016 dal canadese Michael Lynk. Wibisono aveva condannato l’uso eccessivo della forza da parte dell’esercito di Israele esortando (!) le autorità israeliane a rispettare il diritto internazionale per quanto riguarda l’uso della forza e delle armi da fuoco. Sarà più autorevole il nuovo Osservatore su questo  dato, riportato da Ma’anNews ?

“I soldati israeliani hanno condotto una media settimanale di 94 operazioni di ricerca e di detenzione, con il ferimento di oltre 1.300 Palestinesi, dall’inizio del 2016 nei Territori Occupati, questo secondo i dati dell’ONU per il coordinamento degli affari umanitari.”