Perché Israele non è più l’eccezione alle norme internazionali

MEMO. Di Ramzy Baroud. Israele può subire pressioni? O è l’unica eccezione alle norme internazionali e all’ordine politico globale in cui ogni Paese, grande o piccolo che sia, è soggetto a pressioni e conseguenti cambiamenti di atteggiamento e di comportamento?

Gli eventi degli ultimi giorni mettono in primo piano la questione della responsabilità legale e morale di Israele. Il 21 febbraio l’Autorità israeliana per la natura e i parchi ha deciso di ritirare un piano che mirava a sequestrare, illegalmente, le terre di proprietà della Chiesa sul Monte degli Ulivi, nella Gerusalemme est palestinese occupata. Il piano ha suscitato rabbia e resistenza sia tra i cristiani che tra i palestinesi e i musulmani. I leader cristiani locali hanno denunciato il proposto furto della terra come un “attacco premeditato ai cristiani in Terra Santa”.

Dopo che il Times of Israel ha riferito che il progetto avrebbe dovuto ricevere l’approvazione dal comune di Gerusalemme, controllato da Israele, il 2 marzo, la comunità palestinese e i leader spirituali hanno iniziato a ricevere sostegno non solo tra i palestinesi, ma anche a livello internazionale, contro l’ultimo schema di occupazione coloniale di Israele.

La decisione di ritirare il piano dimostra ancora una volta che la resistenza palestinese funziona. Ricorda la massiccia mobilitazione palestinese dentro e intorno al Nobile Santuario di al-Aqsa nel 2017, quando il potere popolare a Gerusalemme costrinse Israele a rimuovere i metal detector e altre “misure di sicurezza” dal sacro sito islamico.

Un giorno dopo la decisione israeliana di demolire il piano del Monte degli Ulivi, la Corte dei magistrati di Gerusalemme ha deciso di congelare temporaneamente l’ordine di sfratto contro la famiglia Salem, nel quartiere palestinese di Sheikh Jarrah. La famiglia palestinese, di cui tre generazioni hanno vissuto nella casa presa di mira, si è mobilitata, insieme a molte altre famiglie e attivisti palestinesi e internazionali, per protestare contro il sequestro illegale da parte di Israele delle case palestinesi nella città occupata.

Sebbene la decisione del tribunale israeliano sia solo temporanea e non nasconda la massiccia e sistematica pulizia etnica in corso a Sheikh Jarrah, Silwan e nel resto di Gerusalemme est, essa deve essere vista in una luce positiva. Aumenta infatti la resistenza popolare nella Gerusalemme occupata, ed anzi, in tutti i Territori palestinesi occupati.

Inoltre, il 25 febbraio due detenuti palestinesi, Hisham Abu Hawash e Miqdad Al-Qawasmi, sono tornati alle loro famiglie dopo aver trascorso molti mesi in detenzione illegale; erano in sciopero della fame rispettivamente da 141 e 113 giorni. L’immensa sofferenza di questi due uomini, insieme a numerose immagini dei loro corpi emaciati, è stata usata per mesi dai palestinesi per illustrare la brutalità di Israele e l’ormai leggendario sumoud, la determinazione dei palestinesi comuni.

Come previsto, i prigionieri liberati sono stati ricevuti dalle loro famiglie, amici e migliaia di palestinesi con giubilo. Durante le celebrazioni la parola “vittoria” si è sentita più e più volte nelle strade, nei notiziari palestinesi e nei social media.

Questi sono solo alcuni esempi di vittorie palestinesi quotidiane che raramente vengono evidenziate, o addirittura riconosciute come tali. Questi risultati, per quanto umili sembrino, sono cruciali per comprendere la natura della resistenza palestinese quotidiana; sono anche altrettanto importanti per rendersi conto che anche Israele, che ama considerarsi uno stato eccezionale sotto ogni aspetto, può essere soggetto a pressioni.

Quando i palestinesi e molti altri in tutto il mondo hanno chiesto a Israele di porre fine agli sgomberi forzati dei gerosolimitani a Sheikh Jarrah, lo scorso maggio, l’allora primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato che il suo paese “rifiuta fermamente” le pressioni e ha portato avanti le sue misure coercitive senza ostacoli. Quando poi i palestinesi si sono sollevati in solidarietà collettiva con Gerusalemme e Gaza, personaggi come il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno invitato tutte le parti a “ridurre l’escalation”.

Eppure Netanyahu ha continuato a comportarsi come se il suo Paese fosse al di sopra della legge, del protocollo politico e persino del buon senso. “Sono determinato a continuare con questa operazione fino al raggiungimento dell’obiettivo”, ha insistito. Ha anche affermato di considerare la guerra contro Gaza – in effetti, contro tutti i palestinesi – “un diritto naturale di Israele”. Quando i palestinesi hanno continuato la loro resistenza, uniti questa volta da un crescente movimento di solidarietà globale, Israele è stato costretto ad accettare un cessate il fuoco, raggiungendo pochi, se non nessuno, dei suoi presunti obiettivi.

Attualmente Israele sta cercando l’aiuto di vari mediatori per liberare diversi soldati israeliani – o le loro spoglie – attualmente detenuti a Gaza. I palestinesi sono aperti a un accordo di scambio di prigionieri e chiedono la libertà di centinaia di prigionieri politici, comprese personalità palestinesi di spicco detenute in Israele da anni.

Inoltre, stanno cercando garanzie reali per evitare il ripetersi di uno scambio di prigionieri simile ‘a quello dell’ottobre 2011, quando oltre 1.000 palestinesi sono stati rilasciati per poi essere, in molti, nuovamente arrestati da Israele subito dopo. Anche in questo caso Israele ha promesso che non cederà di fronte alle condizioni palestinesi, ma molto probabilmente lo farà.

Israele non è l’unico paese ad affermare di essere al di sopra della pressione e della responsabilità. Molti regimi coloniali in passato si sono rifiutati di riconoscere la resistenza popolare nelle rispettive colonie, eppure, in qualche modo, il colonialismo tradizionale si è debitamente concluso con la sconfitta ingloriosa dei colonizzatori.

Questo non vuol dire che l’eccezionalismo israeliano non sia reale; lo è, e può essere osservato apertamente nel Congresso degli Stati Uniti e nel comportamento di molti governi occidentali filo-israeliani. Tale eccezionalismo spesso espone ipocrisia e doppi standard, nonché l’illusione che uno stato particolare si trovi al di sopra dell’ordine naturale e delle norme internazionali che hanno governato per secoli le relazioni statali, la politica e i riallineamenti geopolitici.

Mentre Israele continua ad illudersi di essere al di sopra delle pressioni, i palestinesi devono rendersi conto che la loro resistenza, in tutte le sue manifestazioni, è in grado di fornire il risultato previsto, che è la libertà. L’ascesa del movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (Bds) a guida palestinese e la sua capacità di sfidare Israele su numerose piattaforme in tutto il mondo, è un perfetto esempio di come il popolo della Palestina occupata sia riuscito a portare la sua lotta per la libertà in tutto il mondo. Se Israele non è suscettibile alle pressioni, perché mai dovrebbe combattere il movimento Bds con tanta ferocia e, a volte, disperazione?Israele non è eccezionale in nessun senso. Come altri regimi coloniali e di apartheid prima di esso, alla fine crollerà, aprendo la strada a un futuro in cui arabi palestinesi ed ebrei israeliani possono convivere alla pari.

Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice