MEMO. Di Hassan Abu Hannieh. Le dittature delle regioni arabe hanno storicamente lavorato per eliminare le loro crisi interne e per ridurre la legittimità internazionale a scapito della causa palestinese. Hanno agito in questo modo identificandosi con le idee americane ed europee basate sulla considerazione di Israele come di una base occidentale avanzata che garantisce i loro interessi in Medio Oriente; per tali dittature, l’accettazione di Israele è l’unica via per assicurarsi l’accesso alle capitali occidentali.
Definire la legittima resistenza all’occupazione militare israeliana come “terrorismo” è una delle etichette più utilizzate dagli Stati Uniti, Europa ed Israele per liquidare la causa palestinese. Essi mirano a delegittimare la resistenza armata e a smantellare la sua struttura intellettuale, ideologica e militare assimilandola ad una risposta “pacifica” al terrorismo di stato delle forze di occupazione israeliane.
Le opinioni arabe su come risolvere il problema palestinese sono ormai all’interno di una spirale discendente, dagli sforzi di liberazione alla normalizzazione, dimostrando nel processo una serie di crisi interne, regionali ed internazionali. Questo declino ha raggiunto la totale conformazione alle opinioni statunitensi ed europee, che sono, a loro volta, identiche alla visione israeliana del conflitto.
Già dalla fine della Guerra Fredda, e poi con la comparsa del “terrorismo islamico”, il mondo arabo ha sempre più virato verso la chiusura nei confronti della Palestina e del suo popolo. Dopo la Guerra del Golfo, nel 1991 si tenne la Conferenza di Pace di Madrid. Dopo gli eventi del settembre 2001, l’iniziativa di pace degli arabi arrivò subito l’anno successivo; si trattava di una iniziativa dell’Arabia Saudita. Fino a quel momento, il governo saudita aveva riconosciuto Hamas come un movimento di resistenza, ed aveva sempre obiettato di fronte agli sforzi occidentali che tendevano ad isolarlo.
Dopo l’ascesa del Daesh ed i crescenti dibattiti sulla sua ideologia wahhabita e sull’influenza saudita nella promozione dell’estremismo violento, il governo di Riad ha intrapreso un processo di revisione delle sue relazioni con i salafiti wahhabiti e da allora ha ampliato la sua percezione del terrorismo. Con lo scopo di legittimare i propri sforzi nella lotta contro il terrorismo, si è identificata con le opinioni statunitensi, europee ed israeliane sulla questione palestinese e sulle definizioni riferite a quella tragedia.
Etichettare i movimenti di resistenza come gruppi terroristici è divenuta un’esigenza di tutte le dichiarazioni del ministro degli Esteri saudita nei forum che si tengono negli Stati Uniti ed in Europa. Ad esempio, Adel Al-Jubeir ha dichiarato presso la Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo di Bruxelles, il 22 febbraio scorso, che la sospensione dei finanziamenti del Qatar a Hamas ha permesso al governo palestinese di controllare la Striscia di Gaza; ha definito il Movimento di Resistenza Islamico come “estremista”, dopo averlo recentemente descritto come gruppo “terroristico”.
Non vi è alcun dubbio che considerare Hamas come organizzazione terroristica è al centro del Deal of the Century (l’Affare del Secolo) tra USA ed Israele. Ciò è divenuto ancor più chiaro da quando il presidente americano Donald Trump ha annunciato il proprio riconoscimento di Gerusalemme occupata come capitale dello stato sionista e dopo la sua decisione di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Questo soddisferà i principi del documento di sicurezza nazionale degli Stati Uniti che stabilisce l’essenza dell’affare ed i suoi pretesti: “Per decenni il conflitto israelo-palestinese è stato l’ostacolo principale al raggiungimento della pace nella regione. Oggi, però, l’estremismo islamico terrorista dell’Iran ci ha permesso di comprendere che Israele non è la causa del conflitto in Medio Oriente, e che vi sono paesi che hanno dimostrato possibilità di sforzi comuni con Israele per affrontare le minacce iraniane”. La strategia degli USA nel comprendere la natura dei pericoli in Medio Oriente suggerisce che Washington vede due minacce nella regione: il terrorismo e l’Iran.
L’accettazione delle designazioni terroristiche degli Stati Uniti fa parte dell’Affare del Secolo e chiede l’integrazione di Israele nella regione araba, stabilendo un’alleanza tra imperialismo americano, dittature arabe ed occupazione israeliana, col pretesto di dover affrontare la minaccia comune costituita dal terrorismo e dall’Iran. Le priorità dell’amministrazione Trump sono: limitare l’influenza dell’Iran come sponsor del terrorismo e affrontare le organizzazioni violente scaturite dall’ideologia dei Fratelli Musulmani. L’affermazione di Al-Jubeir secondo la quale Hamas è una organizzazione terroristica è stata fatta nel contesto di una rapida azione statunitense per raggiungere l’Affare del Secolo, liquidando la questione palestinese e l’integrazione di Israele nel tessuto della regione arabo-musulmana. Il 31 gennaio il Dipartimento di Stato americano ha aggiunto il leader di Hamas Ismail Haniyeh alla lista dei terroristi. Lo scorso luglio, la Corte di Giustizia europea aveva deciso di mantenere il Movimento di Resistenza Islamico – Hamas – nella lista dei gruppi terroristici dell’Unione Europea.
A seguito del colpo di stato militare contro il democraticamente eletto presidente dei Fratelli Musulmani in Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi hanno accolto favorevolmente con un’insolita sollecitudine l’esclusione del movimento e la rimozione di Mohamed Morsi. Il colpo di stato contro i Fratelli in Egitto non si è limitato soltanto ad isolarli politicamente dal potere e dall’autorità; si è trasformato in una campagna concertata per delegittimare il gruppo che è poi stato classificato come organizzazione terroristica il 25 dicembre del 2013. La delegittimazione del movimento non si è fermata ai confini egiziani, ma si è diffusa anche a molti paesi arabi, a quelli del Golfo in particolare, nei quali l’Arabia Saudita ha definito i Fratelli Musulmani come gruppo terroristico il 7 marzo 2014, seguita poi dagli Emirati Arabi il 15 novembre dello stesso anno.
Tale designazione non è solo sorprendente, ma anche abbastanza insensata dato che quello dei Fratelli Musulmani è un movimento pacifico che ha abbracciato la democrazia e non si trovava nelle liste dei terroristi, sia degli USA che dell’Unione Europea. Ancora più strana risulta la designazione di Hamas da parte degli stati arabi in quanto è un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana che non ha mai condotto nessuna azione militare oltre i confini della Palestina occupata. Questo semplice fatto sembra aver confuso alcuni paesi che esitavano a collocare Hamas nella lista dei terroristi, fatto dovuto in parte anche alla complessità della situazione palestinese. A seguito di una decisione di un tribunale del Cairo nel febbraio 2015 di aggiungere il movimento alla lista delle organizzazioni terroristiche, la sentenza è stata annullata dalla Corte egiziana degli Affari Esecutivi sulla base di un difetto di giurisdizione. La lista delle organizzazioni terroristiche emanata dall’Arabia Saudita, dall’Egitto, dagli Emirati Arabi e dal Bahrain l’8 giugno dello scorso anno comprendeva 59 persone e 12 gruppi che erano in qualche modo collegate al Qatar, ma non includeva Hamas.
E’ chiaro che l’Arabia Saudita, l’Egitto e gli Emirati Arabi sono consapevoli delle difficoltà di mettere Hamas nella lista dei terroristi, avendo sempre lavorato per promuovere il dialogo e la riconciliazione tra Hamas e Fatah, ma allo stesso tempo sono desiderosi di identificarsi con le designazioni americane, europee ed israeliane e cercano di presentarsi come alleati nella “guerra al terrorismo”. Nel maggio del 2017 Donald Trump è stato chiaro quando ha descritto Hamas come organizzazione terroristica durante il Summit Arabo-islamico di Riad, a cui hanno partecipato circa 55 leader, presidenti e dirigenti. Nel suo discorso, Trump ha paragonato Hamas a Daesh e Al-Qaeda, sostenendo che esso rappresenta una minaccia terroristica nella regione. Ha inoltre chiesto ai paesi arabi ed islamici di cacciare Hamas dai propri territori. L’Arabia Saudita, che ospitava il Summit, non ha dato nessuna risposta in merito. Gli Stati Uniti stanno agendo per far accettare l’Affare del Secolo, facendo pressione sulla questione Hamas.
L’ostinazione dell’Arabia Saudita nel voler classificare Hamas come gruppo terroristico può essere compresa solo nel contesto di un compromesso sull’Affare del Secolo e un intervento per liquidare la causa palestinese, per superare le questioni di legittimità delle dittature locali, per abbandonare le richieste di trasformazioni democratiche e per poter ignorare la situazione dei diritti umani. Il compromesso è apparso nel discorso di Trump a Riad, dove ha preso posizione su Hamas in modo graduale. Le dichiarazioni di Al-Jubeir a Bruxelles, a proposito di Hamas, non sono del tutto sorprendenti; aveva già fatto commenti simili a Parigi nel giugno dell’anno scorso. Yoav Mordechai, il coordinatore delle attività del governo israeliano nei Territori palestinesi, ha commentato le osservazioni di Al-Jubeir a Bruxelles sul suo account Twitter: “Se questa è la definizione di Hamas anche da parte dei sauditi, allora siamo d’accordo con loro”.
Lo stesso Movimento di Resistenza Islamico ha emesso un documento il 24 febbraio nel quale condanna le dichiarazioni “estremiste” di Al-Jubeir al Parlamento Europeo. Il movimento ha denunciato quello che ha chiamato “il continuo incitamento del ministro degli Esteri saudita”, considerato fuorviante e una distorsione della legittima resistenza del popolo palestinese, che non riflette la posizione del popolo saudita e che non è conforme alle posizioni ufficiali dell’Arabia Saudita a sostegno della causa palestinese. Hamas ha avvertito che le dichiarazioni di Al-Jubeir potrebbero incoraggiare gli israeliani a commettere più crimini e violazioni contro i Palestinesi ed i loro simboli. Nonostante tutto ciò, Hamas è consapevole della natura dei cambiamenti di posizione dell’Arabia Saudita, ed in quale situazione si trova attualmente Riad rispetto all’Affare del Secolo.
In conclusione, le successive dichiarazioni di Adel Al-Jubeir sulla natura terroristica di Hamas riflettono i cambiamenti della posizione saudita sul problema palestinese e gli accordi dell’Affare del Secolo con Trump. Questo accordo va oltre la liquidazione della questione palestinese e l’inserimento di Israele all’interno della regione attraverso le porte della “guerra al terrorismo”; esso cerca di riprodurre la storia dei regimi dittatoriali post-coloniali nell’area, le cui narrative nazionali sono vicine al limite dell’abisso, e che stanno cercando di rinnovare la loro legittimità a livello internazionale identificandosi con le posizioni statunitensi ed europee sul terrorismo collegate alla questione palestinese. E lo fa attraverso la creazione di una narrativa regionale che prevede la creazione di una amicizia duratura con Israele e di nuove inimicizie locali e regionali caratterizzate dal terrorismo; mira a ridimensionare quelle inimicizie ai movimenti e agli stati che sostengono la causa palestinese, in particolare la Repubblica islamica dell’Iran ed i gruppi legati ai Fratelli Musulmani; ed in particolare, ciò significa il Movimento Palestinese di Resistenza Islamico, Hamas.
Traduzione per InfoPal di Aisha Tiziana Bravi