Poche speranze per Gaza in rovina un anno dopo la devastazione della guerra

338938CGaza- AFP/Ma’an. Tra le macerie di quella che era la sua casa, l’abitante della Striscia di Gaza Abu Shanab riflette su quel che era – e su quanta poca speranza sia rimasta.

“Stavamo meglio un anno fa”, dice il 57enne mentre siede su una sedia di plastica nel suo soggiorno, divenuto ora solo un ammasso di lastre di cemento e barre di ferro contorte.

“Tutto il mondo stava prestando attenzione a Gaza, ma oggi non interessa più a nessuno”.

Questa settimana segna un anno dall’inizio della guerra devastante di Israele contro i militanti palestinesi di Gaza, e, nonostante un tacito cessate il fuoco, vi sono ben pochi motivi per i residenti rimasti intrappolati nel conflitto di ritenere che la loro sofferenza finirà presto.

Quasi tutti i giorni vi sono incursioni delle forze israeliane nella Striscia che causano morti e feriti tra i Palestinesi per mano dei militari israeliani.

Inoltre, nessuna delle 19.075 case distrutte o rese inagibili dai bombardamenti israeliani è stata ricostruita, e 100.000 persone rimangono ancora sfollate, secondo i rapporti dell’OXFAM.

Una mancanza totale di servizi fondamentali, come acqua pulita ed igiene, così come il duro blocco israeliano ed i confini rigidamente controllati, hanno aggiunto sofferenze e miseria per gli abitanti di Gaza, ed il rischio di un altro conflitto resta una minaccia.

Le difficoltà della vita di tutti i giorni continuano come ad esempio le tensioni interne tra gli estremisti salafiti di Gaza che hanno sfidato Hamas, il movimento che governa il territorio, arrabbiati per il cessate il fuoco stabilito con Israele e che essi interpretano come una mancanza di volontà nel far rispettare la legge islamica.

I militanti – ma non Hamas – hanno recentemente rivendicato il merito del lancio di razzi contro Israele.

Hanno rivendicato legami con il gruppo dello Stato Islamico, e, anche se queste dichiarazioni non fossero vere, essi hanno incrementato la loro visibilità che ha ulteriormente complicato l’obiettivo di riportare Gaza sulla strada del recupero.

“Un altro conflitto diviene inevitabile”

I residente si sono trovati intrappolati nell’enclave costiera assediata, che ha subito tre guerre in sei anni, lasciando un’intera generazione di bambini e ragazzi di Gaza sofferenti per traumi psicologici dovuti ai conflitti.

La guerra dello scorso anno, durata 50 giorni, e’ stata la più lunga e letale delle tre, con 2.251 Palestinesi uccisi, compresi 551 bambini, e 73 persone da parte israeliana, la maggior parte soldati.

“Penso a ciò che è diverso dopo questo ultimo conflitto come non lo era mai stato nei due precedenti e cioè un senso di disperazione maggiore rispetto al passato, e che in realtà non vi è alcun sentore che le condizioni miglioreranno”, ha affermato Robert Turner, direttore delle operazioni a Gaza per l’agenzia di aiuti dell’ONU, UNRWA.

“Non abbiamo affrontato nessuno dei problemi di fondo, quindi ritengo che l’opinione più probabile sia che un altro conflitto diventi, ad un certo punto, inevitabile”.

Colloqui informali, presumibilmente avvenuti tra Hamas e la sinistra parlamentare israeliana sotto il primo ministro Benjamin Netanyahu con lo scopo di rafforzare il cessate il fuoco – e potenzialmente facilitando il blocco che e’ stato in parte indicato come la causa del lento progresso nella ricostruzione – non hanno convinto i residenti ormai stanchi della guerra.

Per Yahya Zaza, 20, “la guerra ormai e’ diventata normale per noi”.

“Non hanno futuro”

“Noi sappiamo di non avere futuro”, egli ha affermato a proposito del territorio sovraffollato nel quale una popolazione di laureati resta frustrata e senza lavoro con un blocco che va avanti da più di otto anni.

Il 39 percento di una popolazione di 1.800.000 persone vive sotto il livello di povertà.

Mohamed Sendawi, 18, passa le giornate a raccogliere macerie derivanti dalla guerra per venderle come materiale riciclabile, riempiendo il suo carrello per guadagnare 10 Shekel (3 dollari). Dice di farlo per “sfamare i suoi fratelli e sorelle”.

Un recente sondaggio ha mostrato che un abitante di Gaza su due vorrebbe lasciare il territorio, un sentimento che ha anche portato tante tragedie, con molti residenti che cercano di emigrare illegalmente, annegando nel Mediterraneo. Israele ed Egitto consentono a pochissime persone di attraversare le terre di confine che controllano.

Alla fine del conflitto dell’estate scorsa, Hamas ha festeggiato la “vittoria” nonostante la distruzione, mentre Israele ha dichiarato di aver raggiunto i propri obiettivi (distruggere i tunnel scavati dai militanti e arrestare il lancio di razzi).

Oggi molti abitanti di Gaza sghignazzano a questi proclami di vittoria per una guerra che ha spazzato via intere famiglie, mentre lanci di razzi sporadici continuano ed i militanti hanno sfoggiato i loro tunnel davanti a tutti i media.

Il politologo Mukhaimer Abu Saada ha detto che è difficile riuscire a citare vantaggi significativi per entrambi le parti, a parte il fatto che “ora le parti sono consapevoli che non vi è nessuna soluzione militare e che dovranno sedersi e parlare”.

Ma anche i recenti contatti informali tra Hamas ed Israele sono destinati a fallire.

L’Autorità palestinese con base in Cisgiordania, guidata dal presidente Mahmoud Abbas, si è risentita per essere stata esclusa dai colloqui, ed il governo dominato da Fatah sta tentanto di formare nuovamente, in modo unilaterale, il governo di unità palestinese messo in piedi lo scorso anno nel tentativo di porre fine ad una divisione con Hamas durata anni.

“Trattati come porcellini d’India”

Il funzionario di Hamas Ahmed Yousef ha dichiarato: “Ci sono tutti gli elementi per un esplosione: la ricostruzione non è iniziata e la guerra ha dimostrato di non essere la soluzione dato che la situazione è peggiore di prima”.

Prima della guerra dello scorso anno, due terzi della popolazione di Gaza dipendeva dagli aiuti alimentari e più del 40 percento era senza impiego, ha detto il funzionario dell’ONU Turner.

“Niente di tutto questo è migliorato” ha detto. “Per la ricostruzione delle abitazioni, abbiamo denaro per 200 case… ma abbiamo bisogno di ricostruirne circa 7.000”.

L’attivista per i diritti Younes Essam ha detto: “I gazawi vengono trattati come porcellini d’India: stiamo mescolando le umiliazioni con l’isolamento ed aspettiamo di vedere il risultato”.

“L’unica cosa certa è che questo sara’ pericoloso perché la gente è sempre più nervosa”, ha detto.

(Nella foto: una famiglia palestinese mentre riposa, il 2 luglio 2015, tra le macerie di un edificio distrutto nell’estate del 2014, quartiere al-Shejaeiya, nella parte orientale di Gaza City. AFP/Mohammed Abed)

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi