Politiche razziste nei supermercati israeliani?

Ynet. A causa dell'amicizia tra una cassiera ebrea e un arabo (*) addetto agli imballaggi nel negozio a Gush Etzion, gli impiegati palestinesi sono stati costretti a firmate un contratto che vieta loro di rivolgere la parola alle impiegate ebree. Rami Levy, proprietario della catena di negozi, respinge le accuse.

 

Di Danny Adeno Abebe

L'amicizia tra una cassiera ebrea e un lavoratore arabo addetto agli imballaggi nel supermercato di Gush Etzion è stata la causa del trasferimento di 13 impiegati arabi verso altre filiali sparse nel paese.

Negli ultimi 8 anni, Moussa, residente di al-Khalil (Hebron), ha lavorato come addetto agli imballaggi nel negozio Rami Levy a Gush Etzion.

B., ebrea osservante dell'insediamento israeliano di Kiryat Arba, lavorava nello stesso negozio come cassiera.

Con il trascorrere del tempo, i due sono diventati molto amici, ma hanno preferito mantenere discrezione sul rapporto di amicizia per timore delle reazioni delle rispettive famiglie. Tutto procedeva normalmente fino a che uno smartphone non ha svelato l'amicizia, provocando clamore.

E' iniziato tutto quando Moussa ha chiesto a B. di prestargli circa 1.320 dollari per potersi comprare un iPhone.

B. li ha presi dalla carta di credito del padre – senza chiedere il permesso o chiedere il consenso dell'uomo – e ha acquistato il telefono.

I due ragazzi si erano accordati, Moussa le avrebbe restituito in contanti una somma pari a 60dollari ogni mese e lei li avrebbe depositati sul conto del padre.

Poi qualcosa è andato storto: una mattina, il padre di B. ha scoperto l'ordine di acquisto fatto con la sua carta di credito e sono iniziate le indagini della banca.

Dopo poco tempo, il padre ha scoperto tutto e si è recato sul posto di lavoro della figlia chiedendo il licenziamento di Moussa, minacciando inoltre di appellarsi ai rabbini per invocare il boicottaggio del negozio.

La direzione del supermercato ha accontentato l'uomo. In pochi giorni tutti i lavoratori arabi della catena di negozi sono stati forzati a firmare un contratto straordinario nel quale si vietava loro di rivolgere la parola alle impiegate ebree. Tredici lavoratori arabi sono stati trasferiti in altre filiali di Rami Levy sparse nel paese.

Moussa è stato licenziato e si è trasferito in Giordania, mentre B. non si è più fatta vedere a lavoro.

Un'impiegata ebrea: gli arabi sono esseri umani. “Abbiamo ricevuto l'ordine inequivocabile di non parlare alle lavoratrici ebree -, ha raccontato ieri uno degli impiegati arabi -. Non possiamo invitare per un caffè, regalare loro dolci o fare una passeggiata in loro compagnia”.

Insieme al provvedimento, le cassiere ebree di Gush Etzion sono state ammonite a tenersi sempre distanti dai lavoratori arabi.

“Mi è stato detto di non avvicinarmi”, ha riferito una cassiera, la quale, tuttavia, ha ritenuto giustificabile la decisone della direzione. “Dopo aver firmato questo contratto, non ci molesteranno”.

Ma una sua collega è di un'altra opinione: “Gli arabi sono esseri umani. Costringerli a non parlare alle donne ebree è un'esagerazione. La cosa mi fa stare male, ma cosa posso fare?”

Rami Levy in persona ha respinto le accuse: “State parlando di un incidente accaduto oltre un mese e mezzo fa. (…) Nessuno è stato licenziato, ad eccezione del ragazzo partito per la Giordana e della ragazza il cui padre non vuole che la figlia lavori più qui.

“Non abbiamo nessuna politica che impedisce agli arabi di parlare alle impiegate ebree. Io sono contro una cosa del genere. Nel negozio di Gush Etzion vi sono impiegati provenienti da ogni settore. Se qualcuno viene costretto a firmare senza che noi ne siamo a conoscenza, allora questo sarà licenziato immediatamente. Tengo a specificare che noi offriamo un servizio a tutti quanti con assoluta dedizione”.

(*) Nell'articolo, l'autore usa il termine “arabo” riferendosi a cittadini palestinesi.

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