In una dichiarazione, il PPC ha riportato che il servizio carcerario israeliano (IPS) ha isolato diversi prigionieri dopo aver sottratto loro tutti i loro averi, averli lasciati in “condizioni pietose” e privati delle visite dei familiari e della comunicazione con i detenuti in altri settori del carcere.
Circa 120 prigionieri sono rimasti feriti, tra cui 82 alla testa, e 76 hanno riportato lividi a causa della brutale repressione; l’IPS sta impiegando un nuovo tipo di proiettile contro i prigionieri, un’arma che crea danni maggiori al corpo della vittima.
Secondo il PPC, l’IPS ha condotto processi all’interno del carcere e ha imposto multe elevate ai prigionieri, bloccandone anche l’accesso alle cure mediche.
Negli ultimi mesi, Israele ha rafforzato la repressione nei confronti dei prigionieri palestinesi. A febbraio, l’amministrazione carceraria israeliana ha installato dispositivi disturbatori di frequenze telefoniche nelle prigioni del Negev e di Ramon, nel tentativo di impedire ai prigionieri di mantenere contatti con il mondo esterno. I dispositivi producono potenti radiazioni che impediscono ai segnali radio e televisivi di penetrare nell’area.
A marzo è emerso che i prigionieri soffrivano di depressione, mal di testa e svenimenti a causa delle radiazioni provenienti dai dispositivi; gli esperti affermano che tutto ciò può portare a “deformità genetiche delle cellule umane e al cancro”. L’associazione per il sostegno dei prigionieri e per i diritti umani – Addameer – ha rilasciato lunedì scorso una dichiarazione che definisce tali azioni sistematiche “contrarie a tutte le convenzioni internazionali relative alla protezione dei prigionieri”.
Secondo le stime di Addameer, ci sono 5.440 prigionieri politici palestinesi detenuti da Israele. Di questi, 497 sono detenuti amministrativi e quasi 500 stanno scontando condanne di oltre 25 anni. Tra questi ci sono 209 bambini, 46 dei quali hanno meno di 16 anni, e 48 donne.
Traduzione per InfoPal di Laura Pennisi