PPS: nella Giornata Internazionale Contro la Tortura, Israele continua a torturare detenuti e prigionieri palestinesi

Ramallah-Wafa. In occasione della Giornata Internazionale Contro la Tortura, che cade il 26 giugno, l’Associazione dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha affermato che Israele continua a torturare e a maltrattare i detenuti palestinesi. Si tratta di uno dei più marcati, continui e sistematici crimini che le autorità di occupazione israeliana mettono in atto contro i prigionieri palestinesi attraverso varie misure, metodi e strumenti, fisicamente e psicologicamente.

La PPS ha affermato che, dall’inizio di quest’anno, con l’aumento della resistenza contro l’occupazione israeliana, le autorità di occupazione hanno intensificato la pratica della tortura dei detenuti nel tentativo di reprimere ogni forma di resistenza.

Questo va ad aggiungersi al divieto di incontrare il proprio avvocato e a lunghi e continuativi periodi di interrogatori, alcuni dei quali superano un mese, senza l’esclusione di donne, bambini, anziani, malati e feriti.

Ha affermato che l’intento della tortura è estorcere confessioni al detenuto, uccidere il suo spirito di essere umano e imporre un maggiore controllo su di lui; ha aggiunto che almeno 73 prigionieri sono morti nelle carceri israeliane, dall’inizio dell’occupazione del 1967, a causa della tortura.

Secondo le testimonianze di centinaia di detenuti, tutti, senza eccezioni, sono stati sottoposti a vari tipi di torture e maltrattamenti dal momento dell’arresto, attraverso l’interrogatorio e anche dopo il loro imprigionamento.

La tortura inizia con il periodo dell’interrogatorio, ha affermato il PPS. Questi metodi includono la privazione del sonno attraverso continue sessioni di interrogatorio fino a 20 ore; immobilizzazione del detenuto durante il periodo dell’interrogatorio; lo stringere con forza lacci per impedire alla circolazione sanguigna di raggiungere le mani; percosse; schiaffi; calci; abusi verbali e umiliazioni deliberate, oltre alla minaccia di arrestare un membro della famiglia; minaccia di aggressione sessuale al detenuto o a un membro della sua famiglia; minaccia di demolizione delle case o di omicidio; privazione dell’uso dei servizi igienici; privazione della doccia o del cambio d’abito per giorni o settimane; esposizione al freddo o al caldo estremi; esposizione a continuo frastuono; insulti, minacce e altro.

Esistono altre modalità che rientrano nel cosiddetto interrogatorio “militare”, tra cui la shabah: per lunghi periodi il detenuto è costretto a restare piegato all’indietro su una sedia, cosa che provoca dolori e problemi alla schiena, o a stare in piedi con le ginocchia piegate e la schiena appoggiata al muro. E, inoltre, il metodo di forte pressione su varie parti del corpo, oltre a violenti scuotimenti e soffocamenti con vari mezzi e altro ancora.

Il detenuto viene anche tenuto per lunghi periodi in isolamento in celle piccole, prive di finestre e molto fredde. Gli viene, inoltre, negato il sonno e il diritto a prodotti base per l’igiene, cibo e bevande puliti. Il risultato di questa tortura è che decine di prigionieri sono morti, ha dichiarato il PPS.

La tortura non si limita alla prima fase della detenzione, in particolare al periodo dell’interrogatorio, ma continua durante la prigionia.

L’Associazione dei Prigionieri ha aggiunto che, nonostante la chiara ed esplicita posizione del diritto internazionale sulla tortura e il suo assoluto divieto, le autorità di occupazione israeliane continuano ad usarla, come parte stabile delle loro politiche e delle gravi violazioni che continuano ad attuare, senza il minimo riguardo per leggi e convenzioni internazionali, inclusa la Convenzione contro la Tortura.

(Foto: rappresentazione di uno dei metodi di tortura che gli israeliani usano contro i detenuti palestinesi).

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli