Procuratore generale israeliano si rifiuta di intervenire nel processo di Sheikh Jarrah

Tel Aviv – MEMO. Il procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit si è rifiutato di comparire davanti all’Alta Corte di Giustizia e di intervenire nell’udienza sull’opportunità di sfrattare quattro famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme Est occupata.

Lunedì, il suo ufficio ha dichiarato che Mandelblit aveva esaminato tutti i materiali e “in considerazione dei numerosi procedimenti legali condotti negli anni in relazione agli immobili al centro della controversia, il procuratore generale è giunto alla conclusione generale che non esiste spazio perché lui stesso entri nel procedimento”.

Secondo Haaretz, tale decisione minaccia le possibilità di fermare lo sfratto delle quattro famiglie palestinesi, poiché la sua dichiarazione consente alla Suprema Corte israeliana di decidere se accogliere o meno l’appello.

Ciò avviene nonostante il procuratore generale abbia chiesto l’annullamento dell’udienza, il mese scorso, dopo aver citato l’opinione dei servizi di sicurezza, secondo i quali lo sfollamento potrebbe portare ad una nuova spirale di violenza.

Il movimento israeliano Peace Now ha criticato la decisione di Mendelblit, definendola come “un cinico tentativo di eludere la sua responsabilità”. Ha invitato lo stato “a presentare al pubblico e alla corte la sua posizione, mentre le famiglie vengono gettate in mezzo alla strada utilizzando una serie di leggi che discriminano israeliani e palestinesi”.

L’ultima sequenza di sfratti di famiglie palestinesi da Sheikh Jarrah è guidata da un gruppo di coloni di destra che afferma di avere titoli di proprietà per le case che, in realtà, appartengono ai palestinesi.

Lo sgombero forzato delle famiglie palestinesi è un esempio del crimine d’Apartheid di Israele. L’Ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani dell’ONU ha affermato, il mese scorso, che la legge è “applicata in modo intrinsecamente discriminatorio”. Ha aggiunto che il trasferimento di civili israeliani nei Territori occupati è “proibito dal diritto umanitario internazionale e può costituire un crimine di guerra”.

Secondo il diritto internazionale, Israele è una potenza occupante e i suoi tribunali non hanno giurisdizione nel territorio che occupa.