Prodi: ‘Non disarmeremo noi Hezbollah’.

Da www.repubblica.it

Il premier: "Per invio dei militari aspettiamo che l’Onu definisca le regole"
Il ministro della Difesa non esclude l’uso della forza: "Ci troveremo su carboni ardenti"

Prodi: "Non disarmeremo noi Hezbollah"
Parisi: "Regole certe o niente soldati"

Ora il dibattito in Parlamento sulla missione militare in Libano
Berlusconi: "Sì a missione ma con disarmo milizie e mandato chiaro"

 

Il segretario generale dell’Onu Kofi Annan e il premier Romano Prodi

ROMA – Fino a quando non saranno definite regole chiare i militari italiani non partiranno per il Libano, in ogni caso i nostri soldati non avranno il mandato di disarmare Hezbollah. Queste le due linee guida sulle quali il governo ha deciso di muoversi rispetto alla partecipazione alla missione Onu in Libano. Romano Prodi lo dice chiaro e tondo: "Il punto fermo è che non saremo noi a disarmare i miliziani del Partito di Dio". Il premier vede una "soluzione politica" del problema, mentre il suo ministro della Difesa ha posto l’accento sul fatto che, tale disarmo, dovrebbe essere compito dell’esercito libanese e non della forza di interposizione Onu che si insedierà nel sud del paese. Il governo italiano attende, in queste ore, che l’Onu definisca il mandato e, in esso, la posizione dell’Italia, nella forza di interposizione.

L’Italia si aspetta dunque, dall’Onu, "un mandato chiaro, privo di ambiguità e con regole di ingaggio ben precise". Prodi lo ha ribadito nel corso di una lunga telefonata avuta ieri sera con il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. E lo ha anche ripetuto oggi sostenendo che il governo è in attesa "di conoscere le decisioni che saranno assunte dai comitati tecnici a New York e che riguardano le regole d’ingaggio".

La necessità di una chiarezza del mandato fotografa la preoccupazione per una missione internazionale tanto importante ed urgente quanto complessa e delicata. Il nodo politico, ma anche militare, da sciogliere è proprio l’atteggiamento ed il compito che la forza multinazionale dovrà avere nei confronti delle milizie del ‘partito di Dio’, appunto di Hezbollah. Il premier si aspetta che il compito di disarmare le milizie avvenga attraverso "una soluzione politica" che riguarda in prima persona il governo libanese, mentre l’Italia si atterrà strettamente alle indicazioni dell’Onu.


Prodi, nella mattinata, ha avuto una lunga e cordiale telefonata con il premier libanese Fouad Siniora che oltre a confermare che già da oggi ha iniziato lo schieramento dell’esercito libanese a Sud del fiume Litani, ha anche assicurato che "hezbollah ha accettato le disposizioni della risoluzione 1701 e che collaborerà con la forza Onu". Ed ha colto pure l’occasione per difendere Massimo D’Alema: "D’Alema è andato a Beirut sud a visitare le parti più disastrate. La foto con il deputato Hezbollah? Non capisco dov’è lo scandalo, non si è mica iscritto ad Hezbollah".

Dal canto suo, il ministro della Difesa, ha chiarito che fin quando l’Onu non delineerà i contorni della missione in Libano, i militari italiani non partiranno. Ma una volta che quei punti saranno definiti, tenendo anche conto delle "preoccupazioni" dell’Italia, il contingente italiano sarà pronto a partire in "mezz’ora".

"I punti su cui abbiamo chiesto chiarimenti, e sui quali proprio in queste ore sono in corso approfondimenti – ha ribadito Parisi – sono quelli relativi al mandato della missione, alle regole d’ingaggio e alla catena di comando". Ci aspettiamo, dice Parisi, "che siano chiariti in termini quanto più possibile evidenti e forti".

D’altra parte il ministro si è detto consapevole che "ci troveremo tra carboni ardenti, ardentissimi, e con questa consapevolezza comporremo la nostra forza considerando anche questo aspetto". Parisi non ha escluso l’ipotesi, tutt’altro che remota, che i nostri militari debbano usare la forza per rispondere al fuoco, "è un rischio contro il quale lavoriamo ma al quale ci prepariamo", ha detto.

Al Parlamento, domani, il titolare della Difesa e il ministro degli Esteri diranno proprio questo. "Sappiamo che andiamo a partecipare a una missione che, per definizione, supera la nostra capacità di autodefinizione, e cioè una missione internazionale dell’Onu – ha spiegato ancora – Dunque domani diremo cosa andremo a fare nelle sedi Onu che guidano la missione, piuttosto che cosa andiamo a fare sul terreno, perché il terreno è guidato da decisioni che ci superano e che noi condividiamo con altre parti nel quadro dell’Onu". Il ministro, infine, si è augurato che la risposta del Parlamento sia quanto più possibile "corale".

E proprio mentre mancano poche ore al dibattito parlamentare arriva la presa di posizione del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi che "detta" le condizioni per l’invio della missione che, dice, "ci trova concordi". Spiega Berlusconi: "L’arrivo dei 30.000 militari" dovrà portare "al disarmo delle milizie terroriste" e i soldati italiani dovranno essere inviati nel quadro di una missione con obiettivi politicamente chiari e con regole d’ingaggio precise". "Su questa base – aggiunge Berlusconi in una nota – è possibile una intesa tra maggioranza e opposizione".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.