Propaganda in azione: i media del Qatar al servizio del regime HTS in Siria

Di Alireza Akbari. Presstv. Alla luce dei recenti sviluppi in Siria, i media del Qatar hanno subdolamente elaborato narrazioni che rispecchiano da vicino l’approccio dei media occidentali nel distorcere i fatti sul campo.

Dal rovesciamento del governo di Bashar al-Assad da parte di una coalizione di gruppi militanti guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), i media del Qatar hanno gradualmente spostato la loro attenzione sulla Siria.

Rispecchiando le loro controparti occidentali, questi media hanno impiegato varie tattiche per mascherare la storia oscura di HTS e di altre fazioni militanti, minimizzando al contempo le atrocità in corso contro le minoranze religiose ed etniche nel paese arabo.

Dopo la presa di potere di Damasco da parte del gruppo militante HTS (in precedenza operante come Fronte Al-Nusra), la Siria ha vissuto una serie di eventi turbolenti. Tra questi l’espansionismo israeliano lungo i suoi confini, attacchi aerei contro siti militari siriani e una propaganda mediatica diffusa.

Organizzazioni mediatiche come Al-Jazeera, Middle East Eye e The New Arab (Al-Araby Al-Jadeed) sono state accusate di ignorare deliberatamente questi sviluppi allarmanti, amplificando al contempo notizie non verificate e dipingendo il nuovo establishment al potere come pulito e competente.

Questi organi di informazione hanno amplificato narrazioni fuorvianti, tra cui resoconti esagerati sui prigionieri nelle carceri siriane e affermazioni a sostegno di cosiddette “fosse comuni”.

Secondo gli analisti dei media, il loro obiettivo è stato principalmente quello di riabilitare l’immagine del comandante di HTS Abu Mohammad al-Jolani, che in precedenza aveva combattuto in Siria e Iraq sotto le insegne dei gruppi terroristici Daesh e al-Qaeda.

Secondo l’analista e accademico australiano Tim Anderson, il proprietario di Al-Jazeera era uno dei principali finanziatori dei gruppi affiliati ad al-Qaeda (Nusra Front/HTS) che ora hanno preso il controllo di Damasco.

Ciò si è rilevato nel modo in cui Al-Jazeera e altri media qatarioti hanno spostato l’attenzione da Gaza alla Siria, salutando e celebrando la cosiddetta “rivoluzione” dopo che Assad ha lasciato il Paese.

https://www.presstv.ir/Detail/2024/12/24/739643/from-prisons-mass-graves-unmasking-media-propaganda-post-assad-syria

Dalle prigioni alle fosse comuni, smascherare la propaganda dei media nella Siria post Assad.

In seguito alla caduta del governo di Assad e alla drammatica presa di Damasco da parte di gruppi militanti sostenuti dall’Occidente, la propaganda mediatica ha raggiunto livelli inediti

La narrazione siriana di Al Jazeera.

Con sede a Wadi Al Sail, Doha, il conglomerato mediatico finanziato dal governo qatariota Al Jazeera è stato tra i primi a riferire sugli sviluppi in Siria dopo che un cessate il fuoco era stato mediato tra il regime israeliano e il Libano dopo quasi 70 giorni di aggressione militare sionista.

Al-Jazeera ha fornito una copertura minuto per minuto dei drammatici progressi compiuti dai militanti di HTS, a partire da Aleppo, salutando i militanti come “liberatori” del paese arabo che era governato da un’entità eletta democraticamente sotto le più dure sanzioni occidentali.

Al-Jazeera è stata descritta come uno “strumento chiave di soft power per il Qatar e l’imperialismo statunitense”: i critici affermano che la rete svolge un ruolo fondamentale nel promuovere le loro politiche estere e regionali.

Gli osservatori hanno notato casi in cui precedentemente il canale ha modificato la sua posizione editoriale, ad esempio moderando la copertura su Gaza su richiesta di funzionari statunitensi tramite funzionari del Qatar.

L’uso del linguaggio sugli eventi che si stanno svolgendo a Gaza, evitando di definirlo un “genocidio” e rifiutandosi di chiamare il regime di Tel Aviv un'”occupazione“, è stato parte di una politica attentamente calibrata della rete televisiva del Qatar per compiacere i patroni occidentali del regime israeliano.

Dal 2011 la rete del Qatar è stata accusata di aver plasmato narrazioni per supportare le ambizioni del paese arabo nell’influenzare “cambi di regime” in Libia, Mali, Egitto e Siria.

In Siria, la copertura di Al Jazeera nel 2012 ha portato a dissensi interni, con diversi giornalisti che si sono dimessi per fondare Al Mayadeen, un canale di contrappeso alle narrazioni sostenute dal Qatar.

Gli analisti dei media hanno evidenziato questo esodo come prova della crescente insoddisfazione per le politiche editoriali della rete sulla Siria e il resto della regione dell’Asia occidentale.

Gli osservatori hanno anche notato che Al Jazeera “ha trasmesso con cautela direttamente dai media e dai quartieri generali militari in Siria”, sollevando dubbi sulla sua strategia di informazione sul campo.

L’8 dicembre scorso la rete ha pubblicato un articolo intitolato “Cosa è successo in Siria? Come è caduto al-Assad”, in cui si affermava che le “forze di opposizione” avevano preso il controllo della capitale in seguito a una “offensiva” importante.

Ha inoltre osservato che queste forze avevano dichiarato la Siria “liberata” dal governo di Assad.

Il giorno seguente, il 9 dicembre, Al Jazeera ha pubblicato un rapporto sulla prigione di Sednaya, citando Raed al-Saleh, il capo dei Caschi Bianchi siriani, che ha descritto la struttura come un “inferno” per i detenuti.

La storia sosteneva che i “gruppi armati” avevano preso d’assalto la prigione, liberando migliaia di detenuti mentre avanzavano verso Damasco.

Tuttavia, l’Associazione dei detenuti e delle persone scomparse della prigione di Sednaya (ADMSP) ha contestato queste affermazioni. L’organizzazione ha ottenuto un documento ufficiale che rivelava che, al 28 novembre 2024, la popolazione carceraria era di 4300 detenuti, mettendo in dubbio l’accuratezza del rapporto di Al Jazeera.

Il 23 dicembre Al Jazeera ha scatenato ulteriori polemiche affermando la scoperta di “fosse comuni” in Siria. Il rapporto, intitolato “Cosa significa tornare in Siria tra ll’euforia e l’orrore per la scoperta delle fosse comuni degli Assad,” ha dipinto un quadro irrealistico del paese.

MEE segue la linea di Al-Jazeera.

Anche un altro organo di stampa finanziato dal Qatar, il Middle East Eye (MEE) con sede nel Regno Unito, ha dovuto affrontare aspre critiche da parte degli attivisti per la sua copertura distorta e di parte degli eventi che si stanno svolgendo in Siria.

Dopo la visita del 17 dicembre del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al Monte Hermon nelle alture del Golan occupate, il 20 dicembre MEE ha pubblicato un articolo intitolato “Svelato: come il piano di Israele di smembrare la Siria è stato ostacolato dalla caduta di Assad”.

Nell’articolo si citavano fonti di sicurezza anonime che affermavano che Israele mirava a preservare il governo di Assad sotto l’influenza degli Emirati, mentre stringeva alleanze militari e strategiche con i Curdi nel nord-est e i Drusi nel sud.

La pubblicazione ha coinciso con l’aumento dell’espansionismo israeliano nel territorio siriano, con carri armati e bulldozer corazzati che violavano ripetutamente la sovranità della Siria, avanzando pericolosamente vicino a Damasco.

Le affermazioni del MEE secondo cui il regime israeliano sosteneva Assad, nonostante Netanyahu avesse inquadrato la sua visita al Monte Hermon come una “valutazione” di ulteriori attività militari, sono state criticate dagli analisti come irrealistiche e scollegate dalle realtà sul campo.

MEE ha inoltre affermato che il “rovesciamento” di Assad in Siria aveva fatto deragliare un piano israeliano di dividere il paese arabo in tre blocchi, nel tentativo di unire il regime dell’apartheid e Assad.

Nonostante le affermazioni del leader di HTS al-Jolani di evitare il “conflitto” con Israele, il regime israeliano ha continuato con la sua aggressione totale sul suolo siriano, mettendo in discussione la rappresentazione degli eventi da parte di MEE.

Gli analisti hanno descritto le affermazioni del media con sede in Inghilterra come una deliberata falsa rappresentazione dei fatti, in particolare alla luce delle incursioni e degli attacchi aerei israeliani sulle basi militari siriane nell’era post-Assad.

The New Arab, un altro organo di stampa con sede a Londra di proprietà della società qatariota Fadaat Media, ha riecheggiato le stesse affermazioni sugli sviluppi in Siria e sulla fine del lungo regno di Assad al potere.

Nel suo articolo del 28 dicembre intitolato “Israele avrebbe ‘comunicato con Assad su WhatsApp'”, la pubblicazione sosteneva che il regime israeliano era stato in contatto con Assad tramite l’app di messaggistica per “ridurre l’attività iraniana e di Hezbollah” in Siria.

In un seguito, The New Arab ha citato il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, sostenendo comunicazioni clandestine tra Tel Aviv e la cerchia ristretta di Assad.

Secondo il rapporto, gli agenti dell’intelligence israeliana avrebbero inviato messaggi sull’app WhatsApp, fingendosi “Musa” per stabilire un contatto con Assad e i suoi consiglieri.

Queste affermazioni sono emerse nel corso di significativi cambiamenti geopolitici. Il 9 dicembre, un giorno dopo la caduta di Assad, Netanyahu è apparso in un videomessaggio, definendo lo sviluppo un “momento storico”.

Egli ha rivelato che l’esercito israeliano aveva ricevuto l’ordine di intraprendere una “limitata azione difensiva”.

Gli analisti hanno poi collegato questa mossa al quadro più ampio del cosiddetto piano “Grande Israele”, che cerca di espandere l’occupazione oltre i territori palestinesi.

I critici sostengono che tali narrazioni, promosse dai media qatarioti, mirano a spostare l’attenzione dalle violazioni israeliane della sovranità siriana e dell’integrità territoriale, allineandosi alla strategia regionale del Qatar.

Pertinentemente, il ministro di Stato per gli affari esteri del Qatar Mohammed Al-Khelaifi ha guidato di recente una delegazione di alto rango a Damasco e ha condiviso ampie delibere con il leader di HTS al-Julani.

“Il Qatar ha una priorità speciale in Siria per la sua posizione onorevole nei confronti del popolo siriano. I qatarini hanno espresso la loro disponibilità a investire in Siria”, ha detto al-Julani dopo l’incontro.

Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice