Betlemme. Martedì 4 settembre, palestinesi arrabbiati sono scesi in strada in tutta la Cisgiordania per protestare contro gli alti costi e il rincaro dei prezzi nei mercati.
Da Hebron nel sud, a Jenin nel nord, migliaia di cittadini palestinesi hanno manifestato contro la rapida crescita dei prezzi del carburante e di altri prodotti base. I manifestanti hanno chiesto all’Anp di abolire l’Accordo economico di Parigi, “che subordina l’economia palestinese a quella israeliana”.
A Hebron, i cittadini hanno dato fuoco a un ritratto del primo ministro Salam Fayyad. Essi hanno intonato slogan che chiedevano le dimissioni del governo Fayyad e la fine del rincaro dei prezzi che “aumenterà i tassi di povertà in Palestina”.
Decine di tassisti, bulldozer e veicoli pubblici hanno viaggiato dal sud a Hebron per protestare contro il rialzo del carburante. Centinaia di manifestanti si sono uniti alla protesta nel centro della città.
Un camionista, Osamah Abu Mayyalah, ha raccontato a Ma’an di non riuscire a provvedere ai bisogni base della famiglia poiché il suo stipendio mensile è di soli 1.200 shekel (240 dollari).
Un altro camionista, Rafiq Atawnah, ha dichiarato che non smetterà la sua pacifica protesta finché i prezzi, soprattutto del carburante, non scenderanno.
Un gruppo di giovani, “Giovani contro il carovita”, una campagna chiamata “Alza la voce” e un’altra “Dove ci state portando?” hanno affermato che le loro proteste sono contro l’occupazione israeliana. Tuttavia, hanno aggiunto, a causa delle dure condizioni di vita, non hanno altra scelta che scendere in strada e manifestare contro l’alto costo della vita, e sollecitare l’Anp ad abolire l’Accordo economico di Parigi.
Le forze israeliane hanno arrestato sette manifestanti che hanno preso parte alla protesta di massa a Hebron, compreso un giornalista. Othman Abu al-Halawah ha dichiarato a Ma’an di essere stato arrestato insieme ad altri sei: Marwan al-Jamal, Jalal Gheith, Ayid Abu Romouz, e due omonimi Muhammad Abu Sneinah.
Egli ha aggiunto che la polizia li ha accusati di “interruzione del traffico nella strada 60”.
A Ramallah, un gruppo di giovani ha fermato le proprie auto nel mezzo della strada per protestare contro il carovita. I manifestanti hanno chiuso la strada principale tra piazza Manara, nel centro di Ramallah, e piazza Yasser Arafat, vicino al complesso della sicurezza dell’Anp, la Muqata’a.
Gli slogan della protesta a Ramallah sono stati: “Fayyad! Non siamo polli da spennare”, “Non posso mettere benzina nella mia auto, Fayyad può prendersela”, “No al governo dell’indegnità e della fame”, “Fino a quando continueremo a pagare per le vostre spese?”, “Non ci daremo fuoco per il bene di Fayyad”, “Noi cercavamo la Palestina, ma ora siamo alla ricerca di un sacco di farina”.
A Betlemme, decine di persone hanno girato per la città chiudendo diverse strade principali per protestare contro i rincari. Alcuni battevano contro delle pentole (la tipica protesta argentina delle cacerolas, ndr).
Tariq Zuboun, un attivista di un gruppo chiamato “Svegliati dal tuo sonno!”, ha riferito a Ma’an che i manifestanti hanno chiesto l’annullamento del Trattato economico di Parigi che “mantiene l’Anp subordinato a Israele”.
“Queste proteste popolari non seguono alcuna agenda speciale o sospetta, come qualcuno sostiene, ma sono piuttosto delle attività nazionali e popolari”, ha affermato il presidente dell’associazione per la tutela dei consumatori di Betlemme, l’avvocato Farid al-Atrash.
A Jenin, dei cittadini hanno espresso interesse a emigrare in altri Paesi così da poter garantire il sostentamento per le proprie famiglie, perché non sono in grado di farlo in patria.
Il premier dell’Anp di Ramallah, Fayyad, aveva chiesto aiuto per risolvere i problemi economici della Cisgiordania al governatore della Banca d’Israele Stanley Fischer. Fischer aveva ricevuto l’approvazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per portare avanti la richiesta di un prestito all’Anp mediato da Israele.
Poiché l’Autorità palestinese non è uno Stato, non può, tecnicamente, chiedere prestiti al Fondo Monetario internazionale. Per aggirare questo problema, Israele aveva chiesto all’Fmi il prestito per conto dell’Anp, e l’Anp avrebbe poi ripagato il debito a Israele, che l’avrebbe restituito all’Fmi. Tuttavia il Fondo monetario ha rifiutato la procedura, per non creare un precedente problematico per altre realtà simili.