.: Miscelarabica / articoli
di Lorenzo Trombetta
mercoledì, 02 agosto 2006
ESCLUSIVA
Aljazira.it vi offre, in esclusiva, grazie al nostro corrispondente a Beirut, il resoconto e alcune tragiche foto della seconda strage israeliana nel villaggio di Qana.
A Qana Israele ha commesso l’ennesimo suo crimine.
Da quella palazzina e da quelle vicine non venivano lanciati missili, né c’erano esplosivi o altre armi, né vi abitavano miliziani di Hezbollah. E anche se l’intelligence di Tel Aviv non fosse al corrente che i due piani di quell’edificio fossero pieni di bambini e disabili, molti, alloggiati sotto le scale, chi ha deciso di sparare su quell’obiettivo sapeva che là vi erano civili.
Imbarazzati, i vertici israeliani hanno spiegato lunedì che il palazzo non è crollato immediatamente e che per sei ore, dall’una fino all’arrivo dei soccorsi, quei civili avrebbero potuto scappare prima che il soffitto cadesse loro in testa. I civili libanesi del sud, oltre ad esser colpevoli perché sostengono il Partito di Dio, sono anche stupidi quindi, preferiscono rimanere sei ore in un edificio pericolante in attesa della morte.
Siamo abituati ad ascoltare criminali recidivi e impuniti recitare la parte di chi non può negare l’evidenza ma cerca di ridurre l’evidente responsabilità. E non servono editoriali arrabbiati per sbugiardare Olmert e i suoi generali. Secondo i soccorritori e gli undici sopravvissuti da me interpellati a Tiro, invece, lo scenario di sabato notte è diverso: all’una il primo attacco sulla palazzina. Il missile arriva di lato e danneggia l’edificio inclinandolo su un lato. Le persone che dormivano su quel lato vengono investite dall’esplosione e muoiono sul colpo per lo più soffocate dai calcinacci. Le altre, al buio cercano di salvarsi, ma il raid continua. Questo impedisce anche ai vicini delle altre case, già danneggiate, di correre in soccorso a chi è nel palazzo. Passa una mezz’ora sotto la pioggia delle bombe e un altro ordigno colpisce l’edificio. Questo crolla, accasciandosi su un lato (il tetto scivola a terra e non crolla). Ad uccidere le sessanta persone ci pensa il crollo delle pareti. Cadono poi altre bombe ma nessuna esplosione rivela la presenza di armi o missili di Hezbollah.
Nessun responsabile del Partito rimane sotto le macerie. Nessuno di Hezbollah abitava l’area. Disperati, alcuni vicini riescono a trarre in salvo qualcuno vivo rimasto sotto le macerie, ma è buio e non si può fare altro che aspettare la fine dei raid. Questi continuano fino alle sette della mattina. Solo allora, così, la Croce Rossa di Tiro riesce ad arrivare con le ambulanze: ma anche queste sono colpite. Più volte, raccontano i soccorritori, il convoglio è stato fermato perché i caccia israeliani sparavano a poche centinaia di metri dalla prima ambulanza. La Croce Rossa arriva e si trova di fronte il massacro: alcuni feriti a terra e gli altri morti. Ma la maggior parte sono sotto le macerie: accasciati ancora nella posizione del sonno. Poche ferite, sono morti soffocati, con i calcinacci in bocca e negli occhi. Sedie a rotelle, stampelle, tra i sassi e la polvere.
Lorenzo Trombetta
Clicca sulla foto per ingrandirla