Qual è la funzione di EUBAM a Gaza?

Da Parallelo Palestina
Una delle note spese (2015) per la missione europea a Gaza
Soldi che lo stato italiano invia come pure militari e attrezzature per regolare il valico di RAFAH, quello che è sempre chiuso anche per i moribondi. Stiamo parlando dell’EUBAM Rafah.
mercoledì 14 ottobre 2015
Oggetto: nota stampa di Palazzo Chigi
 
MISSIONI INTERNAZIONALI E COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
 
Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e iniziative di cooperazione allo sviluppo (decreto legge)
 
Sono autorizzate a decorrere dal 1° ottobre 2015 al 31 dicembre 2015, le spese per le seguenti missioni internazionali delle forze armate di polizia:
 
euro 583.037 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione denominata Temporary International Presence in Hebron (TIPH2) e per la proroga dell’impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi;
 
euro 30.550 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell’Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah, denominata European Union Border Assistance Mission in Rafah (EUBAM Rafah);
 
euro 50.930 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione dell’Unione europea in Palestina, denominata European Union Police Mission for the Palestinian Territories (EUPOL COPPS);
 
euro 17.723 per la partecipazione di un magistrato collocato fuori ruolo alla missione dell’Unione europea in Palestina denominata European Union Police Mission for Palestinian Territories (EUPOL COPPS);
 
PERCHE’ I MILITARI ITALIANI NON FANNO NIENTE?
 
La risposta è la seguente da:
Gaza e l’industria israeliana della violenza pag 82 e segg.
 
 
Richard Falk:
“Per oltre quaranta anni dal 1967, Gaza è stata occupata da Israele in un modo tale da rendere questa area affollata un Campo di pena e di sofferenza quotidiana per tutta la popolazione, con più della meta degli abitanti che vivono in miserabili campi profughi, sempre più dipendenti dagli aiuti umanitari per soddisfare i loro bisogni di base. Con grande clamore, sotto il comando di Sharon, si suppose che Israele terminasse l’occupazione militare e smantellasse gli insediamenti nel 2005. Il ritiro è stato una completa mistificazione perché Israele ha mantenuto il pieno controllo militare dei confini, dello spazio aereo e del mare, impegnandosi in violente incursioni, lanciando missili su Gaza per missioni di morte che violano la legge umanitaria internazionale.”
Iames D. Wolfensohn61, per dieci anni presidente della Banca mondiale, ebreo osservante, con ottime Conoscenze nell’ambito della Casa Bianca e dell’allora Segretario di Stato Condoleeza Rice62, era stato nominato nel giugno 2005, inviato speciale dell’Onu nel Quartetto per il disimpegno da Gaza e per il rilancio dell’economia palestinese nella fase successiva al ritiro dei coloni dalla Striscia.
In un intervento-testimonianza63, resa davanti alla Commissione per le relazioni internazionali del Senato Usa, il 30 giugno 2005, dopo alcuni viaggi in lsraele e a Gaza e incontri con entrambe le parti, informa l’uditorio sulle speranze che il ritiro dei coloni porta con sé: sia per i palestinesi, per una fase di prosperità e nuove opportunita che faranno dimenticare loro di aver vissuto in una prigione, sia per gli israeliani per una maggiore sicurezza. Malgrado permanga ancora fra le parti una atmosfera di sfiducia, elenca alcuni punti chiave sui quali lavorare per risolvere i problemi principali, le possibilità di movimento fra la Striscia e la Cisgiordania, i corridoi di traffico commerciale ai confini, la possibilità di ricostruire l’aeroporto, il delicato tema dello smantellamento delle case dei coloni, previsto da entrambe le parti e il mantenimento delle serre. Wolfensohn termina affermando che tre sono i problemi principali da risolvere: l’assistenza all’ANP per la crisi nel bilancio 2005 che necessita di donor internazionali, inclusi i paesi arabi, un nuovo piano finanziario a medio termine per lo sviluppo, un immediato programma di opportunità di lavoro in particolare per i giovani, programma per infrastrutture, per la ripresa del settore agricolo, per la costruzione di case.
Wolfensohn verrà pochi mesi dopo, nell’autunno 2005, bloccato dagli israeliani e dagli Usa. Falliscono i suoi tentativi di far funzionare l’accordo AMA, Movimento e Accesso nei Territori e a Gaza, del 15 novembre 2005. Le difficoltà nell’applicazione degli accordi al valico di Rafah indicano il ruolo debole della Ue e gli arbìtri di lsraele, che impedisce in pratica ai controllori europei di operare. Tra questi ci sono anche i carabinieri italiani, inviati per i controlli al valico di Rafah, che finiranno ad Askelon in albergo, naturalmente a spese dei contribuenti europei. Wolfensohn avrà per pochi mesi un ruolo positivo per conservare le infrastrutture agricole, le serre, ma troverà enormi difficoltà per l’esportazione dei prodotti agricoli a causa dei blocchi al confine israeliano e anche per la corruzione dei funzionari della dogana, da entrambe le parti.
In una intervista raccolta da un giornalista di Haaretz, Shahar Smooha, un anno e mezzo dopo64, Wolfensohn racconta del suo impegno e delle delusioni nel ruolo di inviato del Quartetto. Era riuscito a contribuire alla decisione, raggiunta al G8 in Scozia del 2004 di raccogliere 9 miliardi di dollari, tre ogni anno per tre anni, per rimettere in sesto l’economia palestinese e cerca di fungere da mediatore per un primo accordo tra israeliani e palestinesi per le vie di transito e l’accesso per e da Gaza, con il trattato AMA. Descrive i primi mesi di forti speranze per l’agricoltura a Gaza con le serre rimesse a posto, con gli aiuti dei donor e le delusioni successive al I5 novembre, quando l’accordo fallisce soprattutto per opera del vice-consigliere della Sicurezza Nazionale Elliot Abrams; il confine passa sotto il controllo degli israeliani, nonostante l’incarico dato a forze di polizia internazionali, che potevano operare solo parzialmente65 e iniziano nuovamente le chiusure dei terminal commerciali; in modo da creare blocchi all’esportazione e importazione delle merci con conseguenze gravi sull’economia palestinese. Si accorge presto di non avere alcuna possibilità di gestire in modo autonomo il suo mandato con il quale pensava anche di poter dare un contributo al processo di pace, ma gli viene tolto il suo team di lavoro di 18 persone e resta solo. All’inizio del 2006, con la morte cerebrale di Ariel Sharon, in cui Wolfensohn nutriva ancora fiducia, e con la vittoria di Hamas nelle elezioni legislative e l’immediato boicottaggio da parte delle nuova leadership di Israele, la situazione si fa ancora più grave.
Ogni parte dell’accordo viene abolito. Già prima della vittoria di Hamas, afferma Wolfensohn, l’amministrazione Usa lavorava alle sue spalle per distruggere ogni normalità nella Striscia. Vi erano grandi speranze tra i palestinesi di Gaza per il ritiro dei coloni e la possibilità di una vita e di un lavoro normale senza assedio. La distruzione di questa speranza in quei mesi portò alla vittoria di Hamas:
“Invece della speranza, i palestinesi videro che erano nuovamente messi in prigione. E con il 50% di disoccupazione e nessuna speranza nei giovani tu avrai un conflitto e tu puoi biasimare i palestinesi perché ci sono fra loro quelli che tirano razzi o puoi biasimare gli israeliani per la loro sproporzionata reazione. Ma in qualsiasi modo la situazione che ne emerge e che tu hai il 50% di popolazione frustrata, senza risorse, e un confine che è corrotto dalle due parti e – aggiunge poco dopo – se vedi i prodotti del tuo lavoro in agricoltura, pomodori e frutta marcire sulle strade per i blocchi, se tu fossi un agricoltore saresti fuori di te. Cosi il mio punto di vista è di non cercare di demonizzare i palestinesi la soluzione fondamentale è quella di dare loro speranza e speranza a entrambe le parti” 66. In una precedente intervista ad Haaretz del 19 novembre 2005 aveva espresso le sue convinzioni per ridare fiducia ai palestinesi: “la soluzione sta nel costruire fiducia tra vicini, non nel costruire muri” 67. E ancora “non sto sostenendo che Israele debba rinunciare al suo fondamentale diritto alla sicurezza. Ma c’è bisogno di riconoscere l’equivalente desiderio dei palestinesi di avere una speranza e il diritto a una vita (degna) per sè e per i propri figli” 68.
Ma in pochi mesi è costretto a convincersi che: “Il problema di fondo era che io non avevo autorità. Il Quartetto aveva autorità e all’interno del Quartetto erano gli americani che avevano autorità. La chiusura dell’ufficio non fu una decisione del Quartetto”. E aggiunge: “Non ho dubbi che agli occhi di Elliot Abrams e del team del Dipartimento di Stato, non ero altro che una seccatura» 69. A fine aprile 2006 decide di dimettersi.
“La vita a Gaza è diventata poco piu di una lenta morte” mi ha detto un parente l’ultima settimana. “La misura è colma. Lasciateci vivere come persone normali o uccideteci.” ABDEL BARI ATWAN, L’lntifada dei razzi, 20 luglio 2014
 
note:
61. Australiano di nascita, ebreo-americano, con esperienze nel mondo della finanza internazionale era stato nominato alla presidenza della World Bank dal 1995 al 2005. E inviato speciale, dall’agosto del 2005, del Quartetto per il ritiro da Gaza e per il coordinamento della ripresa economica palestinese.
62. A. Eldar, All he is saying is – give peace a chance, “Haaretz”, November 19, 2005.
63. J. D. Wolfensohn, Quartet Special Envoy for Disengament, Testimony to
the Foreign Relations Committee, US Senate, June 30, 2005.
64. S. Smooha, All the dreams we had are now gone, “Haaretz”, Iuly 19, 2007.
65. Le forze di polizia internazionale dell’EU BAM erano comandate dal generale italiano Pietro Pistolese e risiedevano in Israele e ogni giorno viaggiavano sino al valico di Kerem Shalom, israeliano, e, quando Israele lo permetteva sino a Rafah. Osservava il generale: “Quando il valico non è aperto non funziona”; G. Aronson, Building Sovereignty in Palestine – A new Paradigm for the Gaza-Egypt Frontier, “Canada’s International Development Research Center”, April 19, 2007.
66. Ivi.
67. A. Eldar, All he is saying is -give peace a chance, “Haaretz”, November 19, 2005.
68. Ivi.
69. D. Carminati, I diplomatici delle Nazioni Unite e le regole dell’”impero”: le verità scomode di Alvaro de Soto, james D. Wownsohn, John Dugard, Richard Falk e Matt Svensson, seminario “Le democrazie occidentali e la pulizia etnica della Palestina”, organizzato da ISM-Italia, Torino, 5-6 maggio 2008.