Quali sono le prospettive dell’Assemblea Generale dopo aver cercato di addossare le colpe alla vittima?

MEMO. Di Hossam Shaker. Il mondo deve dimenticare gli impegni presi in favore dei diritti e della giustizia, i suoi obblighi in materia di diritto internazionale, le promesse del Quartetto di stabilire uno “stato palestinese vitale ed indipendente”. E’ necessario porre fine alle ripetute condanne dell’occupazione israeliana e delle sue costanti aggressioni e violazioni, compresa l’uccisione di dimostranti pacifici che partecipano alle proteste di massa ai confini della Striscia di Gaza, e alla dilagante attività di insediamento coloniale in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. 

Per questi motivi, l’amministrazione Trump ha chiesto che si votasse una bozza di risoluzione appositamente elaborata per distogliere l’attenzione dalla vera essenza della causa palestinese e per tentare di addossare le colpe alla vittima. Con lo scopo di ribaltare l’agenda, mescolando improvvisamente tutte le carte in tavola, e di dipingere il popolo palestinese come il vero problema, non l’occupazione e le sue conseguenze. 

A tutti i paesi è stato chiesto di votare durante l’Assemblea Generale, riunita il 6 dicembre, per decidere su una questione parziale ed essenzialmente soggettiva partita dagli Stati Uniti. Sono stati obbligati a decidere dopo aver subito forti pressioni ed intimidazioni; alcuni paesi hanno dovuto esprimere il loro voto in base al volere degli Stati Uniti, e probabilmente alcuni tra loro sono stati manipolati in funzione pro-USA con la promessa di ottenere in cambio supporto politico ed aiuti. 

La bozza di risoluzione è stata formulata in modo molto fuorviante. Tratta in modo superficiale della condanna di Hamas per evitare di criticare direttamente il popolo palestinese e la sua resistenza globale, mentre assolve l’occupazione di Israele dalle sue fondamentali responsabilità per l’attuale situazione. 

Sembra quasi il tentativo dell’amministrazione americana di vendicare il proprio EGO ferito dopo le situazioni imbarazzanti nelle quali si è venuta a trovare durante tutto l’anno. Questo suo nuovo passo verso il voto coincide proprio con il primo anniversario dell’annuncio di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e della decisione di spostarvi l’ambasciata americana, cosa sempre evitata dalle amministrazioni precedenti. A seguito di questa decisione assolutamente di parte, l’amministrazione Trump si è trovata sola, come è risultato anche dal voto del gennaio 2018 nel quale a tutti i paesi è stato chiesto di manifestare la propria posizione sull’argomento. Nella sua decisione riguardante Gerusalemme, l’amministrazione Trump è apparsa isolata a livello internazionale. In questi giorni, invece, si è svolta una votazione nella quale la discussione era rivolta ad un campo completamente diverso: la risposta della resistenza palestinese contro i bombardamenti di Israele ed il lancio di aquiloni e palloni incendiari provenienti dalla Striscia di Gaza. 

La bozza di risoluzione degli USA è stata redatta ed elaborata in modo da attirare l’attenzione solo su una specifica parte del suo contenuto, indirizzando i paesi verso un dibattito che si svolgesse lontano della questione principale. Ed è risultato chiaro che, utilizzando questo trucco incredibile, molti dei paesi che difendevano i diritti inalienabili dei Palestinesi sarebbero stati messi a tacere o in imbarazzo. Il voto, però, ha costituito un’ulteriore delusione per l’amministrazione Trump, nonostante il duro lavoro che aveva svolto negli ultimi giorni per vincere questo round. Ciò ha fatto infuriare, ancora una volta, il rappresentante USA Nikki Haley che è uscita di corsa dall’aula senza votare sull’alternativa irlandese. 

In questo difficile turno di votazioni, il mondo ha aggirato l’amministrazione USA richiedendo una maggioranza di due terzi per poter approvare il suo progetto. Inoltre, 33 paesi si sono astenuti dal voto mentre 57 nazioni hanno votato contro la risoluzione. Pertanto, la posizione israelo-statunitense non è riuscita a far passare una risoluzione che favoriva l’occupazione nonostante 87 paesi l’abbiano appoggiata dopo un’intensa campagna di mobilitazione che, in un primo tempo, sembrava dovesse ottenere il successo. 

La bozza di risoluzione USA è caduta con il voto dell’Assemblea Generale, ma il dibattito internazionale sulla causa palestinese deve essere immediatamente riportato verso le sue ovvie priorità, che sono invece state manipolate per ritrarre la violenta occupazione come la vittima sconfitta. L’azione americana nell’Assemblea Generale ha ignorato completamente quel che il consiglio dell’ONU aveva emanato in passato sulla questione della Palestina, tra cui anche la decisione emessa nell’ottobre del 2003 che condannava il Muro di separazione costruito dalle autorità di occupazione in Cisgiordania e che ne chiedeva la demolizione. Tuttavia, anche questa risoluzione, come molte altre correlate, è rimasta solo inchiostro sulla carta. 

Alcuni anni fa ho incontrato dei diplomatici europei che criticavano il lancio “indiscriminato di razzi” dalla Striscia di Gaza, come veniva sostenuto all’epoca. Ho condiviso le loro preoccupazioni a proposito di questi “lanci indiscriminati di razzi” e ho chiesto loro se ritenessero che la soluzione al problema fosse fornire ai Palestinesi armi accurate e tecnologie avanzate come quelle messe a disposizione di Israele dai paesi occidentali. Quel che è accaduto con la bozza di risoluzione americana respinta col voto dell’ONU, ha dato una percezione diversa sul significato di questa critica.

Quel che è successo nel forum internazionale in questi giorni è che una superpotenza mondiale, che vende le sue armi, munizioni, competenze e tecnologie militari ad un governo di occupazione che commette crimini di guerra, ha cercato di convincere i paesi di tutto il mondo a prendere posizione contro il popolo che si trova sotto occupazione, come se questi ultimi dovessero tenere in mano fiori e cantare la bellezza della vita sotto i bombardamenti israeliani.

 Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi