Quando un pugno di coloni armati e protetti minaccia la sicurezza e la vita di migliaia di Palestinesi

Coloni israeliani attaccano i contadini nella Cisgiordania occupata (Foto d’archivio).

Nablus-Wafa. Di Badawiyeh al-Samiri. A Hosni Abdo, 62 anni, della cittadina di Beit Imrin, a ovest di Nablus, nel nord della Cisgiordania, in visita al suo amico nel villaggio di Burqa, a nord-ovest, martedì scorso era quasi costato la vita.

“Dopo aver fatto visita al mio amico a Burqa stavo tornando a casa, quando un gruppo di cinque coloni mi ha attaccato e ha iniziato a picchiarmi prima ancora che potessi pronunciare una parola”, ha raccontato Abdo.

“I coloni mi hanno spruzzato in faccia dello spray con gas al peperoncino e quando ho iniziato a urlare istericamente sono fuggiti, ma non prima di aver squarciato le quattro ruote del mio veicolo e di avermi ferito una gamba con dei bastoni”.

L’attacco ad Abdo non è un incidente isolato. È uno dei tanti, quotidiani, da parte dei coloni dell’insediamento evacuato di Homesh che colpiscono i Palestinesi che vivono in quella zona e le loro proprietà.

I tassisti palestinesi che percorrono la strada usata da Abdo, la Nablus-Jenin, si parlano regolarmente per verificare la situazione, per paura di un attacco improvviso da parte dei coloni di Homesh.

Yasser Rawajbeh, uno degli autisti aggredito dai coloni, ha detto a WAFA che gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico, e molti cittadini che usano la stessa strada quotidianamente, sono in costante contatto tra loro, e in caso di attacco dei coloni, cambiano rotta e fanno una deviazione molto più lunga.

“Ieri (il 14/2, ndr), i coloni hanno attaccato delle auto sulla stessa strada, quindi sono dovuto tornare indietro e prenderne un’altra, perché un certo numero di veicoli era stato danneggiato dalle pietre lanciate contro di loro”, ha affermato Rawajbeh.

“Molto probabilmente sono armati, e quindi possiamo aspettarci che ci sparino addosso in ogni momento. Quindi dobbiamo stare sempre attenti, soprattutto perché percorriamo questa strada tutto il tempo portando le persone avanti e indietro tra i villaggi, i paesi e le città”, ha aggiunto.

Mercoledì, decine di coloni hanno attaccato due scuole e delle case di Burqa, e poi si sono diretti verso la strada Nablus-Jenin e lì hanno danneggiato dei veicoli. Anche se l’esercito israeliano, dispiegato in gran numero in Cisgiordania, sa cosa fanno, interviene soltanto per proteggere i coloni e aggredire i Palestinesi che cercano di difendersi.

Ziyad Abu Omar, capo del consiglio di Burqa, ha raccontato che i coloni attaccano regolarmente i residenti del villaggio e le loro proprietà: l’ultimo caso si è verificato mercoledì, quando decine di coloni hanno assaltato due scuole nel villaggio e delle case.

Il funzionario responsabile del fascicolo insediamenti nel nord della Cisgiordania, Ghassan Daghlas, ha detto a WAFA che decine di coloni hanno attaccato due scuole e delle abitazioni nel villaggio, hanno lanciato pietre, rompendo le finestre di oltre 15 case, e che l’esercito non ha fatto nulla per fermarli o trattenerli.

Proprio giovedì, i coloni hanno attaccato la scuola di Burqa e quando studenti e residenti li hanno affrontati, i soldati li hanno aggrediti lanciando gas lacrimogeni e proiettili di metallo rivestiti di gomma per proteggere i coloni.

Daghlas ha affermato che i residenti di Burqa, Silat al-Dahr, Bazariya e dei villaggi vicini sono sottoposti quasi quotidianamente ad attacchi da parte dei coloni di Homesh, oltre agli attacchi sulla strada Nablus-Jenin.

Ci sono ora, secondo Daghlas, circa 40-50 coloni che risiedono nell’insediamento in una grande struttura metallica e tende. Sono loro che, molto probabilmente, effettuano questi attacchi che sconvolgono la vita di migliaia di persone, disturbano la loro sicurezza e minacciano la loro incolumità.

Sebbene ci siano quattro sentenze della Corte Suprema israeliana che affermano che le terre appartengono alla popolazione di Burqa, Douglas teme il ripristino dell’insediamento su una vasta area delle terre locali e del vicino villaggio di Silat al-Harithiya.

I coloni avevano stabilito  l’insediamento di Homesh nel 1982, sulle terre del villaggio di Burqa, e nel 2005 le autorità dell’occupazione israeliane lo avevano smantellato come parte del piano di ritiro unilaterale, che comprendeva quattro insediamenti nel nord della Cisgiordania.

La legge proibisce agli Israeliani di entrare nella terra dove era stato costruito Homesh dopo che la Corte Suprema israeliana ha riconosciuto che la terra appartiene ai Palestinesi di Burqa. Ma i coloni sono tornati ripetutamente in quella terra, vi hanno eretto tende e hanno organizzato eventi e feste.

Nonostante siano trascorsi circa 18 anni dalla sua evacuazione, i proprietari delle terre non hanno potuto farvi ritorno né beneficiarne. Piuttosto, Homesh si è trasformato in un focolaio di terrore dei coloni che lo usano come punto di partenza per i loro attacchi contro i contadini e gli abitanti di Burqa, oltre ad attaccare i veicoli sulla strada Nablus-Jenin.

Il parlamento israeliano, la Knesset, ha recentemente approvato, in una prima lettura, un disegno di legge per annullare il ritiro dal nord della Cisgiordania, che consentirebbe ai coloni di tornare nei quattro insediamenti evacuati dal governo israeliano nel 2005 e include gli ex insediamenti di Ghanim, Kadim, Homesh e Sanur.

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli