Quando una malattia comune diventa fatale: prigionieri palestinesi vittime di negligenza nelle carceri israeliane

La fidanzata del prigioniero palestinese Sami al-Amour, morto per negligenza medica in una prigione israeliana. (Foto: via social media).

Palestinechronicle.com/. Di Lubna Abuhashem. Souad al-Amour, 65 anni, attendeva da molto tempo la liberazione del proprio figlio Sami al-Amour, detenuto dal 2008. Le sue speranze, però, sono finite con la morte di Sami in una prigione israeliana.

Il detenuto palestinese di 39 anni, condannato a 19 anni, è morto nel 2021 per malattie cardiache. L’Israel Prison Service (IPS) ha affermato che Sami aveva una malattia cardiaca congenita. “Durante i 25 anni in cui ha vissuto con me, Sami non è mai andato in ospedale per malattie cardiache”, ha fatto sapere Souad. Ogni giorno si arrampicava e saltava dalla collina conica vicino a casa nostra”.

Souad sapeva solo che suo figlio, in prigione, soffriva di problemi di stomaco e ipertensione. “Nessuno sa come sto vivendo adesso. Non posso credere che sia morto. Non me lo sarei mai aspettato. Non sapevo che la sua salute si stesse deteriorando negli ultimi tre mesi”, ha detto Souad.

Hussain al-Zuraei, un ex detenuto compagno di prigionia di Sami per un periodo, ha dichiarato a The Palestine Chronicle: “Il peso di Sami era di 37 chilogrammi [81,5 libbre], nei suoi ultimi giorni, anche se non ha fatto lo sciopero della fame. Era strano… Abbiamo combattuto con l’IPS affinché ricevesse le cure necessarie”.

Il giorno prima della morte di Sami, l’IPS lo ha trasferito all’ospedale con la Bosta, il veicolo carcerario israeliano con sedili di metallo, dove i detenuti palestinesi vengono ammanettati durante tutto il percorso. Fu costretto a portarsi da solo la sua borsa di vestiti.

Sami e gli altri detenuti hanno dovuto aspettare ore al cancello, dentro la Bosta, per motivi di sicurezza. I detenuti hanno detto a Hussain che le condizioni di Sami erano peggiorate durante l’attesa, quindi hanno bussato rumorosamente al metallo per richiamare l’attenzione di un’infermiera o di chiunque altro. Nessuno ha risposto.

Hassan Kenita, capo del dipartimento per gli affari dei detenuti e degli ex detenuti per i governatorati meridionali, ha dichiarato a The Palestine Chronicle: “Sami è un vivido esempio di una politica di negligenza sanitaria. Logicamente, si dovrebbero seguire le procedure più semplici per portare un paziente in ospedale. Se avessero davvero avuto intenzione di salvarlo le cose sarebbero andate diversamente. Invece lo hanno trasferito sul Bosta, che non è attrezzato per i pazienti”.

Souad non ha ancora avuto il corpo di suo figlio: l’IPS rifiuta le richieste di rilascio di un cadavere fino a quando non ha scontato tutti gli anni di pena.

“Aspetto il suo corpo. Voglio vederlo. Piango a squarciagola ogni giorno”, si lamenta sua madre. “Cosa accadrebbe se lo rilasciassero una volta morto? Prenditi cura dei restanti detenuti. Mio figlio è morto. Eppure molti detenuti sono ancora nelle carceri”.

Ancora vivo solo per aspettare.

Con gli occhi velati, una madre palestinese ha ricordato come continua insonne a contare i giorni e le ore per la prossima visita di suo figlio. Ogni due mesi, compie un lungo ed estenuante viaggio di nove ore per fargli visita per 45 minuti.

La madre del detenuto israeliano ha raccontato al Palestine Chronicle di non voler menzionare il nome di suo figlio poiché l’IPS le impedirebbe di fargli visita. Condannato all’ergastolo, la madre teme possibili rappresaglie, in carcere, contro di lui.

“Nella mia ultima visita, il 23 agosto 2022, sembrava così stanco e mi ha detto di essere stato in clinica fino a tre giorni prima. Era lì per la respirazione artificiale in seguito a un attacco d’asma”, ha detto la madre del detenuto. “Ho pianto a sentire ciò. Non sono con lui. Nessuno dei suoi fratelli è con lui”, ha detto, addolorata.

Suo figlio, detenuto dall’età di vent’anni, non aveva alcuna malattia prima della sua detenzione. Tuttavia, ora dopo aver scontato 21 anni di pena, soffre di ulcera allo stomaco, attacchi d’asma, anemia ed emorroidi. Ha subito quattro operazioni per le emorroidi ma tutte hanno fallito e non riesce ancora a sedersi correttamente.

“Ad ogni visita, gli dico: ‘Voglio rompere questo vetro tra me e te.’ Voglio solo raggiungere mio figlio e toccarlo. È mio figlio e non posso toccarlo”.

La madre è consapevole di non avere informazioni complete sulla vita di suo figlio in prigione. “Mio figlio non mi dice tutto per non farmi sentire abbattuta”.

Tuttavia, Alaa Abu Jazer, un ex prigioniero e rappresentante dei detenuti per il periodo 2006-2021, ha affermato che secondo le statistiche del 2019, il 90% dei detenuti nella prigione israeliana soffriva di diversi tipi di problemi allo stomaco. “Le galline date da mangiare ai detenuti sono da uova e non hanno proprietà nutritive adeguate. Non hanno nulla a che fare con i polli”, ha detto Alaa.

Alaa ha spiegato perché molti detenuti soffrono di anemia ed emorroidi, dicendo: “Una volta al mese, ogni detenuto può acquistare tre kg di frutta e verdura. Quindi, ognuno compra circa due chili di verdure come cipolle e patate e un chilo di frutta. E, a loro spese, danno a ciascuno di noi 180 grammi di frutta specifica ogni giorno. Contiamo principalmente su riso e pane per sentirci sazi”.

Molti hanno le emorroidi poiché i detenuti dormono sul pavimento, che è umido. Con il pretesto di “motivi di sicurezza”, le finestre delle stanze della prigione sono troppo piccole, quindi il vapore proveniente dalla cucina e dalle docce calde le riempie. Non c’è ventilazione, così tanti detenuti hanno attacchi d’asma.

Mohammed Abuhashem, ricercatore legale presso il Centro palestinese per i diritti umani, ha chiarito: “La Quarta Convenzione di Ginevra, nei suoi articoli (89-92), obbliga lo Stato detentore a garantire il diritto alla salute dei detenuti fornendo loro la necessaria assistenza medica, nonché condizioni sanitarie adeguate, compresa una corretta alimentazione equilibrata, misure sanitarie precauzionali e strutture di detenzione adeguate. Tali diritti non possono essere alienati in nessun caso, nemmeno per motivi di sicurezza”.

“Alcuni detenuti prendono l’influenza molte volte senza ricevere cure. Quando diciamo ai funzionari carcerari che qualcuno ha l’influenza, ci dicono che deve prendere un antidolorifico e bevande calde. L’infiammazione non trattata nei polmoni diventa un attacco d’asma”, ha rivelato Alaa.

La madre ha raccontato che in una delle visite, suo figlio le ha detto che se viene rilasciato vuole che gli prepari verdure ripiene, pasta agli spinaci e molokhiya, un piatto palestinese. “Continuo a pregare Allah di lasciarmi vivere fino a quando verrà rilasciato per procurargli tutto il cibo che gli manca”, ha aggiunto la madre.

Kenita ha spiegato: “Nel 1987, Ibrahim Alyan, un ex detenuto, soffriva di malattie cardiache e aveva subito un intervento chirurgico a cuore aperto che diede buon esito. È ancora vivo ed è molto attivo. Oggi, sotto i nuovi governi israeliani che impongono nuove politiche, se un detenuto ha l’ipertensione o il diabete, ci si aspetta il peggio: la morte. Nonostante Israele ora sia sicuramente più sviluppato in campo medico che in passato”.

Abuhashem ha aggiunto: “Le testimonianze secondo cui i detenuti soffrono di negligenza medica sistematica e intenzionale portano forti indizi che indicano la possibilità di crimini di guerra e potrebbero equivalere a un genocidio contro i detenuti palestinesi; tuttavia, le prove devono essere raccolte per sostenere tali crimini. L’IPS deve aprire le carceri per ispezioni e indagini internazionali in modo che il mondo intero possa sapere cosa sta succedendo contro i detenuti palestinesi all’interno delle carceri israeliane”.

Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice