Quarta settimana di carcere per l’attivista italiano imprigionato da Israele

Le forze di occupazione israeliane non allentano le loro catene.

http://italy.palsolidarity.org/2012/05/04/le-forze-di-occupazione-israeliane-non-allentano-le-loro-catene/

Ieri Marco è entrato nella sua quarta settimana di carcere. È stato catturato dalle forze di occupazione ad Al-Khalil (Hebron) l’11 di aprile, senza aver commesso alcun reato, senza essere colpevole di nulla. In tutto si sono svolte due udienze, entrambe sono state rimandate rispetto alla data prefissata, ed entrambe le volte il giudice ha preso un giorno in più per decidere.

La prima volta il verdetto è stato in favore di Marco e poi la corte si è appellata, la seconda volta (che doveva essere domenica 29 aprile ma che è slittata a giovedì) si è parlato di un vizio di forma senza entrare nel merito e si è data nuovamente ragione a Marco, che però dovrà rimanere in carcere almeno fino a lunedì 7, perché domenica 6 verrà stabilito il valore della cauzione da pagare per la sua liberazione. Dopo essere rilasciato dovrà presentarsi ancora di fronte al giudice perché venga presa una decisione definitiva sul suo reimpatrio forzato.

Per contribuire alla cauzione per pagare l’avvocato vi chiediamo di fare un versamento su paypal; su e-mail scrivete: luposolo@libero.it

Quello che appare chiaro da questa situazione è la volontà delle forze di occupazione israeliane di creare un precedente, per rendere più facile in futuro espellere tutti coloro che per motivi politici o razziali possano non piacere al regime. Per questo è importante il gesto di Marco, la sua volontà di resistere, per questo i sionisti non allentano le loro pesanti, fredde e strette catene.

Il silenzio dei media, della Farnesina e dei vari consolati confermano quanto questi siano servili a chi porta avanti questo tipo di pratiche. Ci uniamo quindi all’appello della sorella di Marco a mandare e-mail alle ambasciate, ai giornali, e vi invitiamo a fare pressione con ogni mezzo possibile, anche telefonando, perché chi può si muova e perché sia permesso a tutti di sapere cosa sta succedendo.

 Marco si trova ingiustamente in carcere e non è il solo. Sono diverse centinaia i palestinesi in detenzione amministrativa, che si trovano cioè nelle carceri israeliane a tempo indeterminato (di solito sono periodi di sei mesi che si possono replicare molte volte di seguito) senza essere accusati di nulla. Ma i palestinesi sono un popolo che non si arrende, che non china il capo.

In questo momento sono 2500 i detenuti in sciopero della fame contro la detenzione amministrativa. In seguito a questo digiuno, il 2 maggio quattro prigionieri erano già ricoverati in gravi condizioni ed uno era un coma. Israele punisce gli scioperanti tra l’altro con l’isolamento e con la proibizione di vedere l’avvocato. Inoltre, sono in corso manifestazioni in solidarietà con i prigionieri in tutta la Palestina, duramente represse dalle forze di occupazione israeliane, causando anche numerosi feriti. Le forze di occupazione, anche qui, sono disposte a lasciare morire persone e ferirne attivamente altre pur di non allentare la catena che le strangola.

Ricordiamo inoltre che tutti i detenuti palestinesi nella carceri israeliane sono prigionieri politici e che il fatto che vengano deportati dalla Cisgiordania e Gaza dalle carceri all’interno dei territori del ’48 è illegittimo. Uniamo quindi anche la nostra voce a tutti gli appelli circolati in internet per interrompere questa pratica disumana e degradante.

Invitiamo all’azione, ciascun@ nelle forme che riterrà più opportune.

Come può definirsi “democrazia” un regime che decide, su base razziale o di appartenenza politica, di mettere arbitrariamente in carcere delle persone contro cui non è stata formulata alcuna accusa, o che sono addirittura state dichiarate innocenti? Come possiamo noi stare a guardare in silenzio?