Quartetto arabo più largo, e senza Siria.

Da www.ilmanifesto.it del 20 marzo

Quartetto arabo più largo, e senza Siria

Il nuovo organismo ultramoderato si espande, e vuole cancellare i profughi palestinesi dal piano di pace del 2002

Michele Giorgio Gerusalemme
In attesa che il Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) emetta la sua sentenza di condanna (definitiva?) del governo palestinese di unità nazionale, un altro «Quartetto», stavolta arabo, in una versione allargata, si prepara a prendere le redini della questione israelo-palestinese. Sarà uno schieramento supermoderato, dal quale verrà sicuramente esclusa la Siria per compiacere gli Stati Uniti. A rivelarlo al manifesto è stata ieri una fonte molto autorevole di Al-Fatah che ha chiesto di rimanere anonima.
In sostanza la formazione del nuovo esecutivo, nato dalla spartizione del potere tra Hamas e Fatah, ha dato il via ad una «nuova fase» in cui l’Anp «pacificata» crede di poter affidare le aspirazioni del popolo palestinese a quei paesi arabi che curano gli interessi statunitensi in Medio Oriente. Il Quartetto arabo, che già include Arabia saudita, Egitto, Giordania ed Emirati arabi – il 24 marzo incontrerà il Segretario di stato Usa Condoleezza Rice per ricevere istruzioni – dovrebbe allargarsi ad altri Stati (il Qatar quasi certamente) per spingere in avanti l’iniziativa di pace araba del 2002 e renderla realizzabile. Ma a quale costo? Non è un caso che il governo Olmert nelle settimane passate abbia insistito per la modifica, al vertice arabo, dell’iniziativa (concepita dai sauditi) lasciando intendere che se verrà dimenticato il «diritto al ritorno» dei profughi palestinesi, Israele potrebbe considerarla con attenzione. «L’accordo con Hamas ci ha lasciato campo libero in diplomazia. Siamo convinti che un ampio impegno arabo porterà a risultati positivi», ha detto la fonte di Al-Fatah che ha spiegato l’esclusione della Siria dal Quartetto arabo allargato con il bisogno di «tenere lontano dalla questione israelo-palestinese qualsiasi paese che sia in conflitto territoriale con Israele». Di fatto il fronte arabo moderato, con la benedizione del governo Hamas-Fatah, isolerà la Siria rendendola ancora più vulnerabile. La stampa locale peraltro ha riferito nei giorni scorsi che dal vertice arabo potrebbe venir fuori persino un sostegno aperto alla formazione del tribunale internazionale (molto temuto a Damasco) chiamato a giudicare i presunti responsabili dell’attentato all’ex premier libanese Rafiq Hariri.
La fonte di Fatah si è anche detta «certa» che la posizione internazionale verso l’Anp cambierà nonostante Israele abbia bocciato senza appello il nuovo esecutivo palestinese. Alcuni segnali sembrano andare in quella direzione ma è difficile credere che Stati Uniti ed Unione europea si muoveranno contro la linea di chiusura espressa da Tel Aviv. Bruxelles dice di voler valutare la piattaforma e l’operato del governo prima di decidere una ripresa diretta dei contatti e degli aiuti bloccati dopo l’arrivo di Hamas al potere. Dietro sarebbero però pronte «opzioni alternative» che includono anche l’ipotesi di fare arrivare gli aiuti in modo «selettivo», ovvero al ministro delle finanze Salam Fayyad, molto apprezzato in Europa, Stati Uniti e Israele.
Ad aprire la breccia dell’isolamento comunque ci ha pensato la Norvegia: il vice ministro degli esteri Raymond Johansen ieri si è incontrato a Gaza col premier palestinese Ismail Haniyeh: è stato il primo membro di un governo europeo a incontrarsi con il primo ministro che è anche un importante dirigente di Hamas. Sabato scorso la Norvegia aveva chiesto a Israele di sbloccare le centinaia di milioni di dollari palestinesi che tiene congelati da mesi. Un invito a cambiare atteggiamento verso l’Anp è giunto dal ministro degli esteri Massimo D’Alema (che non ha telefonato ad Haniyeh come era stato riferito da alcune agenzie). Anche Francia, Spagna e Svezia chiedono una riapertura dei canali diretti tra Ue e governo palestinese. Washington ha fatto sapere che non dialogherà con ministri legati ad Hamas, mentre il famoso finanziere-filantropo americano George Soros ha sostenuto che gli Stati Uniti stanno commettendo un nuovo errore appoggiando la decisione di Israele di non riconoscere il governo con Hamas. «Ciò impedisce qualsiasi progresso verso un accordo di pace in un momento in cui tale progresso potrebbe evitare una conflagrazione nel grande Medio Oriente», ha spiegato ieri sulle pagine del Financial Times.

 

Il nuovo organismo ultramoderato si espande, e vuole cancellare i profughi palestinesi dal piano di pace del 2002
Michele Giorgio Gerusalemme
In attesa che il Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) emetta la sua sentenza di condanna (definitiva?) del governo palestinese di unità nazionale, un altro «Quartetto», stavolta arabo, in una versione allargata, si prepara a prendere le redini della questione israelo-palestinese. Sarà uno schieramento supermoderato, dal quale verrà sicuramente esclusa la Siria per compiacere gli Stati Uniti. A rivelarlo al manifesto è stata ieri una fonte molto autorevole di Al-Fatah che ha chiesto di rimanere anonima.
In sostanza la formazione del nuovo esecutivo, nato dalla spartizione del potere tra Hamas e Fatah, ha dato il via ad una «nuova fase» in cui l’Anp «pacificata» crede di poter affidare le aspirazioni del popolo palestinese a quei paesi arabi che curano gli interessi statunitensi in Medio Oriente. Il Quartetto arabo, che già include Arabia saudita, Egitto, Giordania ed Emirati arabi – il 24 marzo incontrerà il Segretario di stato Usa Condoleezza Rice per ricevere istruzioni – dovrebbe allargarsi ad altri Stati (il Qatar quasi certamente) per spingere in avanti l’iniziativa di pace araba del 2002 e renderla realizzabile. Ma a quale costo? Non è un caso che il governo Olmert nelle settimane passate abbia insistito per la modifica, al vertice arabo, dell’iniziativa (concepita dai sauditi) lasciando intendere che se verrà dimenticato il «diritto al ritorno» dei profughi palestinesi, Israele potrebbe considerarla con attenzione. «L’accordo con Hamas ci ha lasciato campo libero in diplomazia. Siamo convinti che un ampio impegno arabo porterà a risultati positivi», ha detto la fonte di Al-Fatah che ha spiegato l’esclusione della Siria dal Quartetto arabo allargato con il bisogno di «tenere lontano dalla questione israelo-palestinese qualsiasi paese che sia in conflitto territoriale con Israele». Di fatto il fronte arabo moderato, con la benedizione del governo Hamas-Fatah, isolerà la Siria rendendola ancora più vulnerabile. La stampa locale peraltro ha riferito nei giorni scorsi che dal vertice arabo potrebbe venir fuori persino un sostegno aperto alla formazione del tribunale internazionale (molto temuto a Damasco) chiamato a giudicare i presunti responsabili dell’attentato all’ex premier libanese Rafiq Hariri.
La fonte di Fatah si è anche detta «certa» che la posizione internazionale verso l’Anp cambierà nonostante Israele abbia bocciato senza appello il nuovo esecutivo palestinese. Alcuni segnali sembrano andare in quella direzione ma è difficile credere che Stati Uniti ed Unione europea si muoveranno contro la linea di chiusura espressa da Tel Aviv. Bruxelles dice di voler valutare la piattaforma e l’operato del governo prima di decidere una ripresa diretta dei contatti e degli aiuti bloccati dopo l’arrivo di Hamas al potere. Dietro sarebbero però pronte «opzioni alternative» che includono anche l’ipotesi di fare arrivare gli aiuti in modo «selettivo», ovvero al ministro delle finanze Salam Fayyad, molto apprezzato in Europa, Stati Uniti e Israele.
Ad aprire la breccia dell’isolamento comunque ci ha pensato la Norvegia: il vice ministro degli esteri Raymond Johansen ieri si è incontrato a Gaza col premier palestinese Ismail Haniyeh: è stato il primo membro di un governo europeo a incontrarsi con il primo ministro che è anche un importante dirigente di Hamas. Sabato scorso la Norvegia aveva chiesto a Israele di sbloccare le centinaia di milioni di dollari palestinesi che tiene congelati da mesi. Un invito a cambiare atteggiamento verso l’Anp è giunto dal ministro degli esteri Massimo D’Alema (che non ha telefonato ad Haniyeh come era stato riferito da alcune agenzie). Anche Francia, Spagna e Svezia chiedono una riapertura dei canali diretti tra Ue e governo palestinese. Washington ha fatto sapere che non dialogherà con ministri legati ad Hamas, mentre il famoso finanziere-filantropo americano George Soros ha sostenuto che gli Stati Uniti stanno commettendo un nuovo errore appoggiando la decisione di Israele di non riconoscere il governo con Hamas. «Ciò impedisce qualsiasi progresso verso un accordo di pace in un momento in cui tale progresso potrebbe evitare una conflagrazione nel grande Medio Oriente», ha spiegato ieri sulle pagine del Financial Times.

 

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