L’uomo soffre nel vedere lo stato di rovina di questa regione che era stata un tempo il «paniere alimentare» dell’intera Striscia di Gaza.
La zona di al-Shawka, al sud del distretto di Rafah, al sud della Striscia di Gaza, ha una superficie di circa duemila ettari e conta 17.860 abitanti.
Tale zona riceve l’acqua col contagocce, ogni cinque giorni, per riempire le cisterne delle proprie case. E quando queste cisterne cominciano a svuotarsi, inizia un altro problema. Bisogna contattare una centrale idrica. E quella più vicina è a cinque chilometri, spiega un residente, Abu Salem Essihiban, che è obbligato a spendere più di duecento shekel mensilmente per procurasi acqua, proprio lui che fa fatica a trovare lavoro.
Soluzioni provvisorie
La crisi idrica è ancora più grave quando si è agricoltori e si ha bisogno di irrigare la terra, come Riyad Asaad, che non ha altra scelta che acquistare l’acqua da altre fattorie con pozzi sui propri terreni.
E durante la stagione estiva, il calore incrementa la crisi, così come l’interruzione ripetuta dell’elettricità.
Gli occupanti e i pozzi palestinesi
Il palestinese Riyad Jarthon racconta la propria storia: aveva un pozzo che gli forniva acqua per irrigare verdure e vendeva il resto agli abitanti della zona. Ma questo pozzo appartiene ormai al passato poiché distrutto dagli occupanti. Ora, è obbligato a comprare acqua anziché venderla.
Nuovo vecchio problema
Mansour Brik, presidente della municipalità di al-Shoka, spiega che la crisi idrica non è una novità. Era iniziata con la chiusura della linea di Mikrot, all’inizio dell’Intifada di al-Aqsa.
La municipalità lavora con l’autorità palestinese delle acque, per far funzionare la linea di Mikrot. Tuttavia, l’azienda che la dirige impone condizioni impossibili: esige che tutte le fattorie paghino gli antichi debiti di milioni di shekel.
«Malgrado tutti gli sforzi compiuti, non è stato possibile far funzionare la linea di Mikrot che avrebbe potuto risolvere il 50% della crisi», afferma il presidente della municipalità di al-Shawka.
Al-Shawka possiede altre risorse idriche, insufficienti, tuttavia, ai bisogni della popolazione: pioggia, acque sotterranee, acqua dei pozzi… Insufficienti per una zona tanto vasta in cui si trovano diversi valichi, come quello di Karem Abu Salem e di Sufa.
Una crisi più grave
La crisi di questa zona è solo un esempio della grande crisi idrica che interessa tutta la Striscia di Gaza. Il 97% dell’acqua di Gaza non è potabile, conferma Amjed al-Shawa, direttore delle reti private. Gli abitanti della regione soffrono di una mancanza vitale di acqua e delle aggressioni ripetute condotte dagli occupanti sionisti.
Questa regione, che rappresentava il paniere alimentare dell’intera Striscia di Gaza, è ormai colpita da un importante spopolamento che spinge i residenti verso l’esilio, afferma Amjed al-Shawa.
Invita, quindi, ad una soluzione strategica nei riguardi della crisi idrica, a sostenere il settore agricolo, a proteggere le fattorie, a unire gli sforzi dei media per sollevare tale crisi.
Traduzione di Giovanna Vallone