Raid notturno.

RAID NOTTURNO – Gideon Levi

Haaretz, 31 luglio 2008

Ha il corpo tutto coperto di croste, che sanguinano e suppurano;
attorno, volano mosche. Faccia, gambe e mani sono tutte ricoperte di
piaghe e tagli; una è particolarmente grande. Due settimane fa Musa, che
ha 10 anni, e come i suoi fratelli soffre della stessa malattia cutanea
ereditaria, è stato ferito mentre scappava per salvare la pelle. Quel
sabato, coloni armati di bastoni hanno fatto irruzione nell’accampamento
della sua famiglia, e per Musa, consumato dalle piaghe, è stato
difficile scappare. È inciampato ed ha una vasta ferita alla coscia, che
ci mostra. Ha i capelli biondi, è vestito di stracci scoloriti, fra cui
una camicia logora, con le parole "Don’t worry"; già prima la sua era
una vita infelice, ostracizzato a scuola, come se avesse la lebbra. Ora
è anche spaventato a morte: ha paura che i coloni assalitori ritornino.

I responsabili dell’attacco sono di Asael: un avamposto illegale, di
penitenti religiosi violenti. Hanno mai dato un’occhiata alle loro
vittime? Hanno mai lanciare uno sguardo al corpo di Musa, coperto di
piaghe, prima di brandire le clave? O a Bilal? O a Hani? O almeno al
piccolo Majdi, che ha appena due anni, ed è già coperto di croste?
Questi fratelli hanno la stessa malattia; per tutti loro è stato
difficile cercare di sfuggire ai teppisti, che hanno saccheggiato la
povera abitazione, danneggiando le loro poche cose.

Nessun medico ha mai diagnosticato la misteriosa malattia della pelle
che ha colpito i bambini Abu Awad; la famiglia non ha denaro per pagarne
uno. I quattro bambini malati sono sdraiati sulla terra che scotta nella
zona meridionale del Monte Hebron, senza diagnosi, senza terapia. Tutta
la famiglia estesa — 19 persone — si affolla ora in una sola tenda, in
cui non c’è spazio per muoversi. Dentro, per tutti loro, ci sono solo
tre materassi. Alla famiglia, null’altro è rimasto. E quando diciamo
nulla, intendiamo proprio questo: niente. Solo una tenda bianca, vuota,
con alcuni fichi che marciscono, sparsi a terra. I coloni hanno o
distrutto o portato via tutto il resto, dalla vecchia tenda fino alle
ultime stoviglie, dal mangime per le bestie e gli abbeveratoi alle
lenzuola, alla radio, che hanno fracassato. Nell’attacco, tutto è andato
perduto.

I soldati dell’IDF alla base di Yatir, situata alcune centinaia di metri
più in là, con una torre di guardia che sovrasta la zona, non hanno
mosso un dito per fermare l’attacco — nemeno quando la famiglia li ha
chiamati in aiuto. Neppure la polizia, fatta intervenire, ha fatto il
proprio lavoro. E, nel frattempo, nessuno è stato arrestato.

Tutto questo è avvenuto solo una settimana dopo che i coloni dello
stesso avamposto avevano assalito Midhat Abu Karsh, insegnante e pastore
trentenne; l’avevano legato a un palo dell’energia elettrica, vicino al
loro insediamento, e l’avevano picchiato violentemente. La testimonianza
di quanto avvenuto ad Abu Karsh è stata inclusa in un rapporto di Musa
Abu Hashhash, operatore sul campo di B’Tselem.

Da tempo, la zona meridionale del Monte di Hebron è senza legge. Fra
tutte le espressioni mortificate su quanto sia compromessa la legalità
in Israele, ci farebbe bene dare osservare attentamente questa
particolare area. Gli attacchi qui mettono in pericolo la legalità tanto
quanto le buste piene di contanti.

Dalla strada, si vede la piccola tenda bianca ai piedi di una collina,
sulla linea dell’orizzonte. La Croce Rossa Internazionale l’ha sistemata
qui, fra la base di Yatir e l’avamposto di Asael, per ospitare la
famiglia Abu Awad, ora senzatetto. I genitori, i 14 figli, due nuore e
un nipote volevano che fosse messa a diverse centinaia di metri dal
vecchio accampamento, per essere fuori dalla linea visuale degli ostili
e violenti vicini che stanno ad Asael. All’inizio vivevano davanti ad
un’antica grotta, accanto ad un pozzo; ora hanno paura di restare lì, e
solo le pecore restano lì vicino. Il nuovo rifugio è nascosto ai coloni,
dietro una delle colline pietrose.

La strada sterrata che porta alla tenda è bloccato da una montagnola di
terra scaricata lì dall’IDF. Non vi si può accedere in auto, e così
camminiamo attraverso campi in cui è stato raccolto il grano. Dall’altro
lato ci sono le curve di una strada asfaltata, con lampioni, che sale
verso Asael: un insieme di alcune roulotte, una torre antincendio, un
bagno rituale con sinagoga, alcuni alberi ornamentali, qualche auto
parcheggiata. Strada, elettricità ed acqua per i coloni illegali;
nessuna strada, niente elettricità e niente acqua per chi vive qui
legalmente, su terra privata presa in affitto, da anni. Un quadro
dell’apartheid israeliano più brutto.

Musa soffre di questa malattia della pelle sin da quando aveva due
settimane di età. Un medico a Hebron, che l’ha visitato una volta, non
ha avuto consigli da offrire; la famiglia non ha abbastanza denaro per
farlo trattare in Israele. A volte il ragazzo soffre terribilmente, non
è in grado di stare in piedi, ha le unghie annerite e le piaghe gemono.
A scuola, lo fanno sedere in un angolo della classe; nessun altro
ragazzino si vuole avvicinare a lui, che sembra un lebbroso. La famiglia
vive allevando pecore: un gregge di circa 200 capi, che pascola su
terreni affittati da un residente della vicina Samu’a. Terreno giallo e
secco, nei mesi estivi.

L’attacco è avvenuto di sabato, il 19 luglio. Il figlio più grande,
Mohammed, che ha 22 anni, spiega che intorno alle 9 di mattina, mentre
tutta la famiglia era seduta nella tenda – a parte un figlio, fuori con
le pecore – hanno improvvisamente notato un grande gruppo di coloni, che
scendevano da Asael verso l’accampamento. A viso scoperto, questi si
sono avvicinati, maneggiando grossi manganelli. Forse, avendo appena
finito le preghiere del sabato, cercavano l’azione. Il sabato prima
avevano attaccato Abu Karsh, dopo avergli incendiato i campi.

La famiglia Abu Awad era terrorizzata. Avevano ancora la memoria fresca
di quel che era capitato al loro vicino. Mohammed spiega che temevano
che loro avvenisse lo stesso. "Avevamo paura", racconta. "Abbiamo
quattro bambini che non possono correre per via delle piaghe; così
abbiamo deciso di lasciare subito la tenda". Si sono diretti alla strada
principale, dove il padre di famiglia, Ahmed Abu Awad, sperava di
riuscire a fermare un veicolo militare, per chiedere aiuto all’esercito.

Mentre aspettavano sulla strada, la famiglia ha osservato l’attacco, da
lontano. Mohammed racconta che i coloni hanno iniziato dal distruggere
la tenda, poi danzando fra i brandelli. Quindi gli assalitori hano
radunato tutti gli oggetti, ne hanno rotti alcuni, se ne sono presi
altri, e sono tornati da dove erano venuti. La famiglia non è stata in
grado di tornare in possesso di alcunché.

Nel frattempo erano arrivati diversi volontari di organizzazioni che
abitano nella vicina Tawaneh; il comandante della Brigata di Hebron li
considera nemici e provocatori. Alla fine, sono anche arrivati
l’esercito e la polizia. Due agenti hano fotografato quel che era
rimasto dell’accampamento. Mohammed afferma che la polizia e i soldati
poi si sono diretti in auto verso Asael, ma non ha alcuna idea di cosa
abbiano fatto, lì.

Nelle prime notti dopo l’attacco, i volontari sono stati con la
famiglia, per fare da scudo umano e proteggerli. Da allora, gli Abu Awad
sono stati da soli, nella tenda bianca. La maggior parte di loro ora
dorme fuori, sotto le stelle; non hanno idea di cosa faranno d’inverno.
Osano solo andare vicino alla vecchia grotta, a prendere acqua dal
pozzo, per le pecore. Trasportano l’acqua potabile per sé dai vicini, su
un mulo bianco, legato vicino alla tenda. Ora cuociono i pasti su
piccoli fuochi accesi con stecchi, che, di notte, servono anche come
unica fonte di luce.

Camminiamo verso la grotta, marciando in silenzio sul terreno roccioso.
Asael resta visibile tutto il tempo — ripugnante, minacciosa, sinistra.
Le pecore si afflosciano per la calura — alcune nella grotta, altre
fuori. E a terra sono sparsi pezzi di abbeveratoi distrutti.

Riferisce il Sovrintendente Danny Poleg, portavoce e vicecomandante di
distretto della polizia di Giudea e Samaria: "Il 19 luglio, nel
distretto di Hebron, è stato ricevuto un reclamo dalla famiglia Abu
Awad, che sosteneva che un certo numero di coloni era arrivato al loro
accampamento, gettando fuori il cibo e pure danneggiando la tenda
medesima. I querelanti non hanno presentato una descrizione dei
sospetti, perché appena hanno visto che il gruppo si avvicinava alla
tenda, tutti quelli che c’erano all’interno sono fuggiti, ritornando
solo un po’ di tempo dopo; hanno visto allora il danno descritto. La
polizia di Hebron sta indagando sull’incidente con i propri servizi,
dato che non sussiste la possibilità di organizzare un confronto, per
identificare i potenziali sospetti.

Per quanto riguarda il detto incidente ad Asael, la polizia di Hebron ha
arrestato tre sospetti in rapporto ad esso – due nello stesso giorno in
cui è avvenuto, l’altro tre giorni dopo. Tutti e tre sono stati portati
per l’interrogatorio agli uffici di distretto, mentre erano detenuti.
Nel momento in cui scrivo, restano sotto arresto, fino a quando non sia
presa un’altra decisione".

1"Non preoccuparti"

Testo inglese in http://www.haaretz.com/hasen/spages/1007456.html

(traduzione di Paola Canarutto)

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